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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 93 - 1 Ottobre 2012 | 0 commenti

Dalle Marche le 5C

Il treno si è fermato in galleria. Sicuramente quello del benessere, speriamo non quello del futuro. E la percezione è che ci sia poco tempo per farlo ripartire, anche solo per apprezzare una flebile luce in fondo al tunnel.

Una visione sicuramente emotiva, questa rappresentata dal gruppo dirigente della Cisl Marche alla due giorni di “ritiro” a Gualdo Tadino, ma che conferma lo sguardo evolutivo ad uno scenario che, in contrasto con ogni attesa, continua a deteriorarsi nella seconda parte del 2012.

L'autunno, infatti, porta ben altri “pesi” rispetto allo spread. A preoccupare il “presente” è soprattutto la riduzione dei consumi e la caduta verticale del potere d'acquisto delle famiglie italiane. In circostanze difficili, come quelle odierne, un divario tra l'inflazione percepita (+4%) – che ha a che fare con i beni e servizi a maggiore frequenza d'acquisto – e la dinamica salariale (+1,5%), associato ad un'impennata delle sofferenze bancarie e delle diseguaglianze di reddito, potrebbe mettere in serio pericolo la tenuta sociale del Paese. A turbare il “futuro”, invece, è l'urgenza di ripristinare le premesse di un risparmio familiare che ha costituito un fattore di protezione sociale e, al contempo, di stabilizzatore del ciclo economico. Se durante la prima recessione del 2008-2009, la gravità della crisi induceva le famiglie ad un drastico taglio della capacità di risparmio per la conservazione del proprio tenore di vita, in questa seconda ondata recessiva la ricaduta in uno stato di difficoltà economica e la diffusa consapevolezza che il nuovo ciclo non sarà né breve e né soprattutto prevedibile, in termini di impatto occupazionale e reddituale, inducono le famiglie a un nuovo atteggiamento orientato alla prudenza, che si riflette nelle scelte di consumo essenziale e nella volontà, non sempre attuabile, di tornare precauzionalmente a risparmiare.

In questo quadro di disequilibri e discontinuità la crisi non è certamente una notizia inedita. Diventa insolito, però, sia pur nella grande fatica di ritrovare fiducia e speranza collettiva, ravvisare nel gruppo dirigente della Cisl delle Marche, guidato dal segretario generale Stefano Mastrovincenzo, la consapevolezza di essere le “antenne” giuste non solo per misurare la febbre della crisi sui vari territori e settori, ma anche per riconoscere e proporre uno sviluppo possibile. Uno sviluppo che se fatica ad essere un esito esplicito di una volontà politica, resta un'urgente necessità della comunità.

Non vi è dubbio che nella “regione di mezzo” si sia interrotto un processo di sviluppo, con progressivo ridimensionamento del sistema produttivo che risente di un forte gap di globalità (come altri territori manifatturieri, l'internazionalizzazione delle Marche non ha raggiunto quei Paesi dove la domanda risulta dinamica) e di innovazione (se l'Italia spende solo lo 0,5% in R&D, le Marche 0,3%). Soprattutto, poi, è evidente come si siano create alcune “fratture”, tra cui prime tra tutti l'intollerabile disoccupazione giovanile che riattiva un movimento verso l'esterno da parte delle nuove generazioni e che diventa preoccupante solo nel momento in cui queste stesse non ritrovino alcuni fattori di attrattività per un loro stabile ritorno. È molto chiaro che i nuovi spazi (“larghi”) e tempi (“stretti”) delle politiche limitino molto la capacità di azione sui singoli territori e settori produttivi, ma è necessario recuperare la consapevolezza di un atteggiamento più deterministico nei confronti dell'evoluzione dello scenario, senza riporre speranze in “occasioni facili” o “grandi ideone”. Per questo motivo può valere la pena non tanto cimentarsi con i rimedi economici, quanto piuttosto con una condivisione di quali saranno le nuovi fonti di valore economico, sociale e civile per le nostre comunità. Da Gualdo Tadino emergono “5 C” essenziali su cui elaborare alcune strategie di sviluppo: consumi, che da fattore di ansia può diventare un catalizzatore di promozione territoriale delle imprese ad alto valore aggiunto sociale; conoscenza, per recuperare un rapporto di scambio con le infrastrutture della conoscenza e per restituire una capacità competitiva al sistema produttivo nel suo complesso; capacità, per passare dal soddisfacimento dei bisogni primari agli stimoli all'autorealizzazione anche imprenditiva; cooperazione, per unire i tanti soggetti presenti sul territorio, ma anche per costruire nuovi prodotti complessi frutto di un'interazione tra settori eterogenei; commons, perché uno dei motori di sviluppo già riconoscibili è nella realizzazione e gestione dei beni comuni (rigenerazione urbana, efficientamento energetico, digitalizzazione territori, etc).

Su queste linee direttrici non può, però, bastare una presa di coscienza. Non possiamo permetterci i piani quinquennali cinesi, né potranno sortire risultati tangibili i tanti piani strategici diventati libri dei sogni senza copertura finanziaria. È auspicabile esporsi con coraggio e prudenza attraverso dei progetti-pilota che provino a costruire o riconoscere alcune reti organizzate, a sperimentare sul campo che un nuovo sviluppo è possibile e, soprattutto, a riposizionare il sindacato sulla catena del valore prodotto nel Paese.

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