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Scritto da nel Numero 97 - 1 Marzo 2013, Politica | 0 commenti

Il Potere

Il Potere

La storia dell’umanità viene in gran parte scritta intorno all’esercizio del potere, eppure questo termine viene usato assai spesso senza riflettere sul suo intrinseco significato. Ciò perché gli strumenti, attraverso i quali il potere viene esercitato, sono correlati in modo complesso.
La leadership è certamente il tratto personale che dà accesso a uno o più strumenti di potere. Ma nelle società moderne è l’organizzazione la più importante fonte ed il principale impalcato del potere, con una correlazione dominante con la forma del “potere condizionatorio” di cui parla John Kenneth Galbraith. Su questa particolare forma di potere vogliamo soffermarci.
Già Sant’Agostino nel De Civitate Dei si pose il problema della legittimità del potere. Secondo il Vescovo d’Ippona il potere implica sempre il monopolio della forza.
Nicolò Machiavelli identifica metaforicamente questa forza con i “leoni” e le “volpi”: i primi usano la forza per ottenere il potere, ma alla lunga finiscono sconfitti. Le volpi invece usano il consenso o la persuasione.
Questa seconda forma Max Weber la definisce “legittimità carismatica” e si basa sul valore “esemplare” di una persona: il leader ha una missione e il popolo si convince che sia così.
Si verifica così quel fenomeno che Galbraith definisce “effetto istrionico” che consiste in una falsa valutazione di una determinata personalità: essa viene interpretata come fonte di potere. In effetti il suo talento consiste nel dire al popolo ciò che il popolo vuol sentirsi dire.
La storia offre molti esempi di leader carismatici: Cesare, Napoleone, Hitler, Mussolini, Stalin. Questa forma di potere si sgretola nel momento in cui la missione del leader fallisce. Nel caso dell’Impero romano il potere carismatico di Giulio Cesare venne anche istituzionalizzato.
Secondo Max Weber gli stati moderni per esercitare il potere necessitano di un apparato che egli chiama “burocrazia”. I grandi burocrati costituiscono una “casta” che accentra un forte potere.
In campo politico di particolare interesse appaiono gli studi condotti dal sociologo tedesco Robert Michels che per molti anni ha insegnato in vari atenei italiani. Michels, scomparso nel 1936, ha formulato, in tempi non sospetti, la “legge ferrea dell’oligarchia”. Secondo la teoria michelsiana i partiti politici tendono a concentrare il potere in una cerchia ristretta di uomini, determinando un distacco tra i dirigenti del partito e gli iscritti. Questa organizzazione oligarchica fa sì che i dirigenti perseguano di fatto i propri interessi e solo formalmente e apparentemente gli intersessi del popolo. Tra l’altro il potere è concentrato nelle mani di pochi dirigenti che polarizzano e bloccano le candidature politiche che non vengono fatte dal basso. Si concentrano così nelle mani dei capi poteri decisivi che vengono svincolati dagli elettori e più in generale dal popolo. Ma la principale forza del potere persuasivo consiste nel creare i segni del prestigio producendo “forme simboliche condizionatorie”, tutte rivolte ad implementare il consenso e a comprimere il dissenso che rappresenta , invece, l’unico volano di indebolimento del potere condizionatorio e mediatico. Il dissenso propositivo è, inoltre, fattore essenziale di democrazia.
Secondo il filosofo Pietro Prini la legittimità carismatica del potere si alimenta e si esalta nella “società dello spettacolo” che stimola il “cervello viscerale” dove le funzioni paleo-encefaliche sono convogliate verso l’inversione della realtà che diventa apparenza-spettacolo di essa. Sono le ombre del “Mito della caverna” di cui parla Platone nel settimo libro della Repubblica. Attualizzando il mito platonico possiamo dire che quel mondo di ombre-immagini travisano la realtà sollecitando forme nuove di evasione dai termini reali dei problemi della vita individuale e associata dei cittadini.
Gli spettacoli degli sport più popolari ne sono una riprova. Il poeta latino Giovenale racchiuse questo concetto nella famosa espressione “Panem et circenses” (Satire). “Pane e feste tengon il popol quieto”, così Giuseppe Giusti, nei Proverbi toscani, traduce le celebre espressione latina.
Oggi viviamo e subiamo la “società dello spettacolo” anche quando davanti a milioni di spettatori vengono esternate lagnanze e critiche, spesso emotive e contraddittorie, contro i responsabili, più o meno anonimi, di fatti di cronaca.
Questo tipo di società tende a diventare sempre più una “società vaga” in cui tutti apparentemente hanno diritto di cittadinanza: ricchi e poveri, assassini e vittime, colpevoli e innocenti in una generale ambiguità tra bene e male, tra vero e falso.
Ciò spiega anche il moderno e massiccio ricorso alla pubblicità commerciale che non è, come spesso si crede, una forma nuova di concorrenza sul mercato, quanto piuttosto una specifica forma di potere condizionatorio.
In effetti nel quotidiano e assillante sfarfallio di immagini simboliche ed accattivanti restano occulti proprio coloro che gestiscono l’ordito dello “spettacolo”. “La violenza” del potere persuasivo trova la sua forza strategica proprio nel sistematico occultamento che impedisce di capire chi realmente esercita il “potere”.
Il sociologo americano Floyd Hunter, che ha analizzato le organizzazioni economiche, è giunto alla conclusione che la principale fonte di potere risiede nella cerchia ristretta di coloro che detengono e manovrano l’esclusiva leva dell’economia e della finanza. Le decisioni importanti che condizionano la vita dei popoli e degli individui vengono prese in riunioni di alto livello che si svolgono nei club dei potentati finanziari.

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