La società liquida nel mondo globalizzato
Nell’attuale fase storica, la cosiddetta “modernità”, si sta verificando un passaggio epocale: dalla Solidità delle forme sociali ad uno stato di Liquidità delle stesse.
La “comunità”, intesa come totalità della popolazione insediata in un territorio appare sempre più sconnessa e svuotata di valori. I legami interumani diventano sempre più fragili e temporanei. La “società” assume sempre più la connotazione di una “rete” a maglia lasca anziché quella di una “struttura” solida e ben organizzata. L’azione politica e la vita individuale si concentrano sempre più su progetti a breve termine.
Una situazione così frammentata stimola e orientamenti e azioni “laterali”, propri della “ rete”, anziché soluzioni “verticali” che configurano “la struttura”. Prevale l’orientamento della flessibilità e non quello della conformità: cogliere le opportunità offerte dal momento fugace anziché seguire le scelte consolidate nel tempo.
Si tratta di una trasformazione in cui le scelte individuali, le istituzioni, i modelli di comportamento non riescono a solidificarsi e a conservare a lungo la loro forma perché si scompongono e si trasformano velocemente. Ciò rende difficile portare a compimento un progetto politico o un progetto di vita.
Questa trasformazione, in parte geografica, ma soprattutto antropologica e culturale, è un effetto nefasto degli aspetti negativi della “globalizzazione”. Lo sfondamento dei confini storici ha reso la “comunità” spalancata ed esposta a congiunture di varia natura. La comunità è incapace di difendersi dai “colpi del destino” e di proteggere la scurezza degli individui che ne fanno parte.
A tutto ciò contribuisce soprattutto il divorzio tra potere e politica. Infatti gran parte del potere di agire dello Stato ora si sposta e si stempera nel dilatato spazio “globale” in cui i controlli politici diventano più difficili ed meno efficaci.
Questo divorzio induce gli organi dello Stato a trasferire le prerogative legislative e i principi si “sussidiarietà” ad altri soggetti. Queste funzioni, trascurate dallo Stato, diventano terreno di gioco delle forze di mercato o sono lasciate all’iniziativa privata.
Nel pianeta “globalizzato”, aperto alla libera circolazione delle merci e dei capitali, qualunque cosa accada in un posto remoto comporta ripercussioni in tutti gli angoli del mondo.
Una società slegata per effetto della “globalizzazione negativa” è essa stessa causa di ingiustizie e quindi di conflitti e di violenze. L’illegalità e la violenza armata si rafforzano reciprocamente e traggono vigore una dall’altra. Un antico adagio dice: “Inter armas silent leges”. (quando parlano le armi tacciono le leggi).
Incapaci di far rallentare il ritmo sbalorditivo del cambiamento gli individui si concentrano sulle cose che credono di poter influenzare minimizzando così il rischio che si corre a livello personale. In altre parole cerchiamo dei bersagli di riserva sui quali scaricare l’eccesso di paura esistenziale.
La mancanza di protezione che dovrebbe garantire lo Stato viene esposta agli arbitri del mercato, alle speculazioni finanziarie e persino alle bizzarrie accattivanti della pubblicità. La crescente delegittimazione dei sistemi di autodifesa collettiva incoraggia l’adozione di soluzioni individuali discutibili pericolosi.
In un mondo in cui ogni individuo è lasciato a se stesso si genera anche l’affievolirsi della solidarietà e della giustizia.
Lo Stato-nazione perde la sua forza che evapora in uno spazio globale.
In tale contesto Il compito primario e la sfida principale da affrontare consiste nel cercare di tornare a coniugare potere e politica.
In un pianeta incartato nella globalizzazione negativa tutti gli aspetti della vita ne risentono e diventa difficile adottare soluzioni locali che risulterebbero comunque scoordinate . La democrazia e la libertà non possono essere completamente garantite isolatamente in un solo Paese. Tutto ciò non vuol dire dimenticare i valori culturali e storici da difendere e tramandare perché connotano l’identità di una nazione e di un popolo.
Ricongiungere potere e politica deve essere un obiettivo da perseguire anche e soprattutto nel mondo globalizzato che appare ormai irreversibile.
Gli Stati devono esercitare le loro prerogative sanzionando sempre coloro che non rispettano le regole umanitarie di convivenza. Se ciò non avviene, nell’attuale e apocalittica congiuntura migratoria, chi arriva in un Paese avrà l’impressione di essere in un limbo sociale, in una “società liquida” dove tutto è possibile.
Una situazione di universalismo multiculturale non giova alla giustizia e alla democrazia. Nel mondo globalizzato ciascun Paese deve conservare le proprie radici storiche e culturali pur rispettando quelle degli altri.