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Scritto da nel Energia e Ambiente, Numero 128 - 1 Aprile 2016 | 0 commenti

Le ragioni di una scelta sul referendum idrocarburi

Le ragioni di una scelta sul referendum idrocarburi

Il referendum sull’attività estrattiva degli idrocarburi in Italia solleva gravi preoccupazioni che travalicano il suo specifico contenuto. Primo: perché conferma la patologica difficoltà nel nostro Paese a realizzare investimenti infrastrutturali, nell’energia come in altri settori, essenziali al suo sviluppo, alla sua modernizzazione, financo al suo miglioramento ambientale, ma impediti da una pregiudiziale ostilità e da una disinformazione basata su argomenti spesso privi di ogni fondamento. Secondo: perché frena quell’apporto di investimenti e finanziamenti esteri che potrebbero rafforzare la ripresa della nostra economia. Senza investimenti non vi è crescita, non vi è lavoro. Non ultimo: perché interessi localistici, spesso più presunti che reali, vengono anteposti a quelli generali del Paese senza che nessuno ne tragga giovamento.

Nel merito, il referendum, se approvato, compromette la valorizzazione delle rilevanti risorse di idrocarburi di cui il nostro Paese dispone e la possibilità in tempi ravvicinati di raddoppiarne la produzione: così da ridurre la nostra endemica dipendenza e vulnerabilità da paesi ad elevata rischiosità politica, contenendone i costi ed accrescendo la sicurezza energetica, grazie all’impegno di un’industria italiana che vanta livelli di eccellenza tecnologica, professionale, imprenditoriale. Impedire la produzione interna di petrolio o di metano nient’altro significa che preferirne l’importazione; versare all’estero enormi risorse monetarie piuttosto che destinarle alla nostra crescita; sostenere le imprese altrui piuttosto che le nostre. Senza che tale produzione si ponga, come ingannevolmente sostenuto, in contrapposizione allo sviluppo delle risorse rinnovabili, data la sostanziale diversità delle destinazioni d’uso. Siamo consapevoli delle legittime preoccupazioni che muovono dalle comunità locali interessate alle attività estrattive, ma nel respingere le irrazionali paure alimentate al loro riguardo, siamo convinti che la severità delle normative, la doverosa rigorosità dei controlli, l’impiego delle più avanzate tecnologie costituiscano la miglior garanzia di tutela dell’ambiente e di sicurezza delle popolazioni. La risposta ai rischi industriali non è il rifiuto a fare e a progredire, ma la capacità di governarli. Come avvenuto nella secolare attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi nel nostro Paese. Siamo altresì fermamente convinti che queste attività non causino le paventate e indimostrate conseguenze negative sull’economia dei territori interessati che, anzi, come dimostra l’esperienza del nostro Paese, vengono a beneficiare di grandi opportunità di sviluppo.

Un esito favorevole al referendum causerebbe, per contro, la distruzione di un altro pezzo dell’industria italiana, quella che produce beni e servizi strumentali all’attività mineraria. Un’industria articolata in centinaia di imprese e in decine di migliaia di occupati apprezzata nel mondo tranne che in Italia e che già attraversa enormi difficoltà per il crollo dei prezzi del petrolio e degli investimenti con molte imprese che stanno chiudendo e licenziando. Un sì al referendum ne decreterebbe la fine. Per l’insieme di tali ragioni riteniamo che un responso referendario avverso all’industria degli idrocaburi, al di là della sua valenza giuridica, causerebbe grave nocumento all’intera industria italiana, alle comunità ed ai territori locali, all’intero nostro Paese.

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