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Scritto da nel Numero 133 - 1 Ottobre 2016, Viaggi | 0 commenti

Asia centrale, questa sconosciuta

Asia centrale, questa sconosciuta

L’Asia centrale si estende dai massicci montuosi del Tian Shan e del Pamir, la catena che va in direzione dell’ Himalaya, fino  a blandire il Mar Caspio, oltre le steppe desertiche del Karakorum e del Mangystau, oltre la depressione di ciò che rimane del Lago d’Aral, dove le soste sono nelle oasi della Via della Seta, Samarcanda, Bukkara, Khiva, dove i dotti commemorati sulle lapidi parlano il turco, il russo, il farsi. I nomi dei paesi sono gli Stan dei Kirghisi, Turkmeni, Kazaki, Uzbeki e Tajiki, cugini di quegli Uiguri che vivono nell’Asia centrale cinese. I paesaggi passano dai freddi pascoli a 4000 metri d’altezza ai confini con l’impero celeste, dove la vacche attraversano le strade che le compagnie cinesi stanno ristrutturando, alle polverose strade della pianura uzbeka, alle campagne prive delle utility dove il gabinetto è una fossa biologica sovrastata da un gabinetto alla turca e nel paesaggio pascolano le mandrie guidate dal pastore a cavallo. A Samarcanda, Bukhara e Khiva si vede l’origine turca colore turchese, sulle cupole dei minareti e delle madrasse, mentre  nei preziosi ornamenti si osserva la grandezza imperiale di quello che per noi fu un pericoloso nemico, Tamerlano.

Rispetto al nostro mondo eurocentrico, ruotiamo il pianeta di 3 – 4 ore di fuso orario e ci troviamo a cavallo della storia e della geografia che da millenni connette Roma e Pechino,  con gli innumerevoli tracciati ove si scambiano merci e persone nel grande continente eurasiatico, che nell’Ottocento è stato teatro del Grande Gioco imperiale tra la Russia che spingeva da nord e l’Inghilterra insediata in India, ove la storia più recente è quella della ricostruzione dopo la dissoluzione dell’URSS, a cui questi territori appartenevano da più di un secolo a seguito delle conquiste della Russia zarista, e il futuro prossimo si innesta lungo la lunga frontiera tra i Paesi cristiani e quelli musulmani.

Le lingue nazionali della zona sono una variante del turco, mentre i legami economici con il vicino russo rendono la lingua di Mosca il passe-partout per comunicare mentre l’uso dell’inglese non è presente fuori dai circuiti turistici. La religione è musulmana nella sua variante dei sufi. Il sufismo è il frutto della contaminazione tra i culti zoroastriani delle energie cosmiche e l’avanzata islamica. In una società del tutto secolarizzata, dove le donne in genere girano a capo scoperto sugli autobus come in Russia, i siti di culto sono gli ameni luoghi in cui i santi eremiti vissero e ora giacciono e dove i pellegrini si recano per chiedere guarigioni e ritirarsi in intimo raccoglimento, connettendosi con le energie delle pietre e dei legni, raggruppandosi a mangiare insieme e condividere la propria fede. L’Asia centrale ci regala uno sguardo su un islam originale, integralmente pacifico e devoto.

L’Italia degli anni Ottanta qui è non solo presente, il recente concerto di Albano a Samarcanda viene ancora ritrasmesso sui monitor del Registan, ma vive anche nella dimensione del sogno incantato dalle musiche di Toto Cotugno, dei Ricchi e poveri e di Adriano Celentano e viene incarnato nella figura di Michele Placido che recita in Sprut, La Piovra. Non ci credete? In dogana si passa più facilmente canticchiando lasciatemi cantare!

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