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Lunga vita al Partito Unionista Europeo

Lunga vita al Partito Unionista Europeo

Lo invocavamo da anni qui su L’Arengo e finalmente eccolo: il nuovo, grande Partito Unionista Europeo. Al ventottesimo coglionazzo, parafrasando quel genio di Fantozzi, l’unionista vinse le elezioni e avviò un nuovo cammino.

La squadra ha ora la sua prima ossatura. Il centravanti, l’uomo gol, quello che non ha paura di andare a cercare la palla in mezzo all’area avversaria per segnare, quello che alza la bandiera, tiene la palla sulla trequarti e consente ai compagni di avanzare è un francese: Emmanuel Macron, talento cristallino.

A centrocampo comincia a trovare l’intesa con colei dai cui piedi passano tutti i palloni, che scambia con le fasce tenendo la barra dritta, che recupera i palloni più impervi e con generosità si ripropone sempre. Angela Merkel, metodista indomita.

In porta c’è l’Italia. Mario Draghi, a capo della difesa, padrone di ogni trucco del fuorigioco, non importa quanti gol possa prendere perché può stampare nuovi palloni. Diga insuperabile.

 

Il bello è che i ragazzi non sono soli. Sugli spalti ci sono tante persone, vestite d’azzurro con le dodici stelline gialle, che intonano il loro inno e alzano le proprie bandiere. Il bello di questo partito è che possiamo giocare tutti e non è un videogioco da fare da soli in casa: è una sfida emozionante da vivere sul proprio posto di lavoro. E’ lì che costruiremo l’Europa: l’Europa si costruirà del proprio lavoro, oppure non sarà. Starà a noi farci trovare pronti quando sarà il momento di calcare la pedana, quando ogni giorno nella nostra trincea prendiamo decisioni sulla nostra vita, quando misuriamo quanto i diritti di ciascuno come persona e consumatore, il nostro stile di vita e le nostre migliori aspirazioni trovino nell’Europa e nei suoi valori la propria origine ed il proprio orizzonte.

 

Quando pensiamo alle ingiustizie dei procedimenti amministrativi e delle aule giudiziarie, pensiamo che se ci sarà un giudice a Berlino non sarebbe affatto una cattiva idea quella di consentire trasferimenti di personale internazionale per contaminare e migliorare le procedure e aprire alla competizione gli anfratti più bui dei nostri limiti organizzativi.

Quando vogliamo una tariffa europea per usare il nostro telefono anche all’estero ci rendiamo conto che la normativa europea è dalla nostra parte, o che per agevolare la mobilità e il progresso personale e professionale di ciascuno sarebbe meglio se non si dovessero cambiare le targhe dell’auto quando ci si trasferisce entro l’Unione, che il mercato delle assicurazioni debba essere unico, i call center multilingua e chi più ne ha più ne metta, di rose sui nostri balconi.

 

Perché se sono rose, innaffiate della nostra passione civile e baciate dal sole, fioriranno, e con esse sboccerà una nuova grande Unione Europea, forte ed accogliente, dove ciascuno di noi potrà a testa alta costruire il proprio futuro.

 

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