Pages Menu
RssFacebook
Categories Menu

Scritto da nel Numero 145 - 1 Novembre 2017, Politica | 0 commenti

La sovranità non è una squadra di calcio

La sovranità non è una squadra di calcio

Lo scontro tra la monarchia di Madrid e l’autonomismo repubblicano di Barcellona che in questi giorni è pian piano deflagrato porta la riflessione politica sul significato che il concetto di sovranità assume nell’attuale contesto globale. Mentre la politica risulta sempre più inefficace, organizzata in istituzioni troppo piccole e deboli rispetto ai processi economici, vi sono settori dell’opinione pubblica che spingono per ridurre ulteriormente la dimensione della propria Nazione, come se la parola “sovranità” fosse una formula magica in grado di trasformare la terra in oro. E il dibattito verte su una sovranità che somiglia più ad una una pro-loco che ad uno Stato.

E’ un continente economicamente progredito e politicamente analfabeta quello con cui abbiamo a che fare e la trasveraslità dell’analfabetismo indica proprio l’incapacità delle tradizioni politiche di trasformarsi e aggiornare le opinioni pubbliche. “Assecondare atteggiamenti analfabeti o cercare di affrontarli e superarli?” è la domanda che si pongono le élite politiche. In genere, chi si definisce di “sinistra” tende ad ergersi a pedante maestrino intento a spiegare agli analfabeti come essi per avere le loro giuste ragioni debbano avvalersi della dotta e sacra saccenza, mentre a “destra” si mena l’analfabetismo per l’aia aizzandolo contro il capro espiatorio di turno.

Sarebbe una tragedia se non vivessimo in tempi di farsa: visto che a governare provvedono le burocrazie, a mantenere il valore dei nostri soldi l’Eurotower e al nostro benessere quotidiano i giganti di internet, possiamo cazzeggiare sui social beandoci delle nostre considerazioni su quanto i prodotti tipici romagnoli siano ben diversi da quelli emiliani, su quanto la paella valenciana sia incompatibile con quella di Barcellona e sull’identità della cassoela ancestrale. Fossero queste la basi della convivenza politica, mai potremmo fraternizzare con chi beve il vino allungato con la coca cola, non si fa il bidet, a colazione ignora le virtù della pastariella con la crema, con chi chiama tortellini i suoi ignobili cappelletti, o con chi la domenica gioisce per quei due sporchi colori che nulla hanno a che vedere con i nostri.

La sovranità è qualcosa di più delicato e dimensionare le istituzioni è il primo passo per rendere efficace il nostro desiderio di rappresentanza. Tanto più grande e forte l’istituzione, quanto più la nostra rappresentanza compatta e intelligente potrà farvisi valere è il modello degli Stati Uniti.

In Europa sappiamo che cosa successe quando arrivarono i populismi di massa, fascismo comunismo e due guerre mondiali, e sappiamo che la soluzione furono i grandi partiti popolari e democratici le cui classi dirigenti hanno voluto portare la sovranità sempre più in alto. Oggi la sfida non è ributtare le sovranità nelle stalle delle mucche nel corridoio ma innalzare le culture politiche al livello dei problemi mondiali che si dibattono sulla cima della scala gerarchica.

Suonerebbe più evoluto indire referendum consultivi (meglio detti plebisciti) per chiedere ai cittadini la spinta affinché il Parlamento europeo aumenti le proprie prerogative per meglio rappresentare gli interessi diffusi dell’elettorato, per chiedere che il Governo dell’Unione europea sia uno, forte, democratico e trasparente. E’ questa la frontiera della nostra sovranità, un sistema forte e solidale, entro il quale gli interessi dei territori si rappresentano nell’Europarlamento. Una sola grande Europa, forte e democratica, con una burocrazia decidente e senza sovrapposizioni tra prerogative localiste e araldiche bizantinerie è ciò che renderebbe migliore la nostra vita civile e all’altezza dei tempi la sfida per i nostri rappresentanti ed elettori.

I piccoli staterelli sono un retaggio medievale del quale a quanto pare facciamo fatica a liberarci, un elemento folcloristico inutile quando non dannoso. Un elemento di folclore, per tutelare il quale non servono né ampolle né referendum né dichiarazioni d’indipendenza in politichese: basta andare allo stadio a tifare il Girona.

Scrivi un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>