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Scritto da nel Il Mondo nel Pallone, Numero 154 - 1 Agosto 2018 | 0 commenti

Cari mondiali

Cari mondiali

Che belli i mondiali di calcio senza l’Italia. Abituati come siamo ad esaltarci per le vittorie e a deprimerci per pareggi e sconfitte, pronti a trasformarci in milioni di commissari tecnici, questa volta siamo stati solo spettatori e ci siamo potuti godere il campionato, le partite tra nazionali esotiche, i gol dei grandi campioni, i pomeriggi e le serate in poltrona o con gli amici e le sconfitte di tutte le rivali europee, tranne una. Senza Italia si temeva sarebbe mancato l’ottovolante emotivo e invece esso si è solo depurato del patriottismo consentendo a ciascuno di parteggiare per l’azione più bella, il campione più simpatico, la nazionale dell’amico straniero.

I social network, specchio transeunte dell’umore presente, ci hanno restituito un dato che per L’Arengo del Viaggiatore è parte integrante del DNA: il calcio è politica. E’ politica il dividersi tra Nazioni, la partecipazione dei rappresentanti politici agli eventi, è anche politica sportiva la capacità di allevare giovani campioni che, quando diventano affermati calciatori, frequentano i campionati di massimo livello internazionale generando un circolo virtuoso di passione, esperienza e successi.

Il mondiale di calcio è un grande specchio dentro il quale ci si guarda se stessi ogni 4 anni.

La Francia nello specchio delle sue brame ci ha visto la sua grandeur, la capacità di aver trasformato campioni di origine africana in calciatori assolutamente francesi, con quel tocco all’italiana di Deschamps, il suo giovane Presidente lanciato verso il successo ma ci ha trovato anche le violenze in strada, le auto capovolte, l’esplosiva situazione sociale delle sue strade.

La Croazia ci ha visto la voglia di entrare in Europa di un Paese di una squadra che, assurta a simbolo del sovranismo bianco ed europeo grazie al provincialismo stupidino da social network, in Europa già c’è ad altissimi livelli.

L’Uruguay ci ha visto l’esuberanza di un Paese che tra tre edizioni festeggia il centenario della sua prima vittoria del 1930, la Russia il suo essere padrona di casa, il Belgio si è visto capitale europea e vecchia potenza coloniale.

L’Italia ci ha visto il suo Ministro dell’Interno rosicare in tribuna chattando sul telefono, fiero del suo volo di linea, che grazie alla sconfitta di Marine Le Pen alle presidenziali ha potuto vivere la grande esperienza di gufo, motivato profondamente a partire per la tribuna di Mosca per non vedere Macron esultare.

L’Arengo del Viaggiatore ci ha visto quanto sia divertente accorgersi dopo dodici anni che siamo ancora qui, a festeggiare gli aspetti positivi della bellezza mondiale, con i suoi significati tanto più sociali quanto più ricchi di immaginifici spunti di riflessione, contro i rosiconi che tifavano sempre contro, contro l’Italia non padana ieri e contro la Francia macroniana oggi. Ma non è che questi gufi portano sfiga? Ai posteri l’ardua sentenza

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