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Scritto da nel Internazionale, Numero 155 - Autunno 2018 | 0 commenti

Evviva il cambio d’ora

Evviva il cambio d’ora

 

Si parla di abolire il cambio dell’ora, di scegliere una volta per tutte il proprio fuso orario. Nei Paesi del Nord il cambiamento delle ore di luce è talmente rilevante che una sola ora non incide sulla qualità della vita, mentre nei Paesi all’equatore non esiste perché la giornata è comunque circa equivalente durante tutto l’anno.

Il cambio dell’ora esiste per consentire a chi abita alle nostre latitudini, circa a metà emisfero, di seguire la luce del sole senza dover cambiare gli orari degli uffici ma spostando solo le lancette.

E’ un esercizio di intelligenza e coordinazione collettiva che genera una vibrazione nell’altrimenti monotono tecnologico ticchettare delle lancette: una giornata all’anno dura 23 ore e una ne dura 25. Una volta all’anno, semel in anno, è lecito modificare il tempo scoprendo che anche se l’ultimo sabato sera di ottobre siamo andati a letto un po’ più tardi possiamo giocare un jolly. Se la stessa cosa succederà invece l’ultimo sabato sera di marzo ci consoleremo con il tramonto posticipato della domenica sera. Guardando la luce agevoliamo il cambio delle stagioni, segniamo una ricorrenza annuale che non dipende dalla storia dell’uomo primitivo ma dalla gestione della tecnologia.

Due giornate diverse dalle altre, facilmente calcolabili e pertanto prevedibili, dove l’uomo esercita con precisione il proprio dominio sulla tecnica, asservendola alla propria relazione con la luce. Chi si alza alle 7, chi entra in ufficio alle 7, chi comincia la giornata alle 7 sa bene che a Novembre, e simmetricamente intorno a Febbraio, le cose vanno molto meglio grazie all’ora di luce in più alla mattina.

Due giornate che ci ricordano una verità importante, ovvero che la nostra misura del tempo non è il tempo in sé, ed infatti ogni 4 anni c’è un giorno bisestile per compensare il fatto che l’anno non è un multiplo del giorno, e se cerchiamo su Wikipedia scopriamo che esiste il secondo bisestile che viene inserito per riconciliare il giorno terrestre con quello astronomico. E chissà quante altre approssimazioni ci ricordano che, come ogni scelta umana, anche la misura del tempo è un esercizio di sovranità, locale e globale.

L’Italia e il Sud Europa sono i Paesi che più vantaggio traggono dal cambio d’ora, c’è qualcuno che si rende conto di quali siano i nostri interessi da difendere a Bruxelles?

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