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Scritto da nel Numero 171 - Autunno 2022, Politica | 0 commenti

The pursuit of happiness

La Repubblica Italiana vive oggi una situazione che assomma una serie di paradossi politici. Il parlamento è composto di membri non liberamente scelti dall’elettorato, che pure nel 2008 aveva chiaramente indicato chi avrebbe dovuto legiferare ed esprimere un governo da sostenere nel corso della sua azione. Si prosegue perciò su una strada viziata, che perfino gli stessi attuali governanti ebbero a contestare allora; e così, come già feci anni fa, riprendo la tastiera per esprimere concetti eppur semplici. Almeno all’apparenza.
È esercizio di poca difficoltà argomentare il fallimento annunciato che verrà di un governo composto di figure non all’altezza e di una presidente-autocrate, donna spregiudicata in politica, inadatta a rendersi portavoce del paese (“I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”, Costituzione, articolo 54); ma ciò non deve indurre al pericoloso ragionamento per cui è meglio chiunque altro. Lo mostra un altro paradosso, per cui in questi giorni Giorgia Meloni annuncia che il suo governo sarà dalla parte della gente. Un governo di guerrafondai, massoni, neofascisti… Come si può non essere scettici? Come si può credere che ci sarà vantaggio per la gente quando un viceprimoministro politico si sveglia la mattina in costume sulla spiaggia con la festa sul mare e va a letto la sera come ministro delle infrastrutture e dei trasporti per tramutare in illusione ottica la falsa promessa di un ponte, di una ferrovia… dell’uomo del sì?

Come anni fa con il governo Monti, il più avverso a questi grandi protagonisti attuali (parole loro), mi ha fatto sorridere tristemente sentir usare la parola talento. Mi piace però pensare che uomini di governo così avvezzi al potere della ricchezza vogliano ricordare come tante preziose opere del Rinascimento siano state finanziate dai quattrini che scorrevano nei forzieri dei signori, e delle prime banche moderne, a cavallo fra il Quattrocento e il Cinquecento. C’è dunque da augurarsi che un nuovo grande pittore possa presto dipingere un’Italia diversa, moderna, aperta e rispettabile; ma vorrei che questo paese si facesse nuovamente rispettare all’estero non per le possibilità d’investimento e di guadagno che offre ai grandi gruppi di speculazione, ovvero non vorrei che l’acclamazione venisse dai colleghi esteri di questi supermanager. Vorrei invece che fossero le genti ad applaudire il mio paese, a riverire un nuovo patto di giustizia sociale, garanzie di diritto, affidabili sistemi sanitari e scolastici.
Disgraziatamente, dubito che ciò avvenga. Le carte fondamentali europee prendono spunto dalla dichiarazione francese del 1789, che a sua volta prende spunto da quella d’indipendenza americana del 1776; una carta che parla proprio del diritto del popolo di decidere quale governo possa meglio servire i suoi interessi. Fra cui, udite udite, spicca la felicità. E c’è forse felicità in uno stato di doppia privazione della libertà di decidere chi fa le leggi, prima in nome di un regolamento elettorale abietto, poi in nome di una crisi che oggi vede paziente e medico riuniti nella stessa figura?
Riflessione interrogativa: qualcuno crede possibile che i cittadini americani accetterebbero un cosiddetto governo di coalizione? Ma già, non hanno mai corso il pericolo. Perché da quel famoso 4 luglio c’è una carta che parla chiaro, e assicura loro la garanzia che chi li rappresenta lavora in loro vece.
In quel paese, contestare quella carta vuol dire tradire lo Stato. Da noi?

***

“Noi riteniamo che queste verità siano evidenti, che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che sono dotati dal loro Creatore di alcuni diritti inalienabili, che fra questi ci sono la vita, la libertà e la ricerca della felicità – che allo scopo di garantire questi diritti, sono creati fra gli uomini i governi, che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati, che ogni volta in cui una forma di governo diventa deleteria per tali fini, è diritto del popolo modificarla o distruggerla, e istituire un nuovo governo, che ponga le sue fondamenta su tali principi, e organizzi i suoi poteri nella forma che a loro possa sembrare più promettente per portare alla loro sicurezza e felicità”.
Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America, Filadelfia, 4 luglio 1776

 

01/12/2022

 

 

 

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