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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 77 - 1 Marzo 2011 | 3 commenti

Il futuro della manifattura si chiama produttività e servizi

La crisi ha certamente sferzato un duro colpo ai sistemi produttivi orientati alla manifattura e vocati ai mercati internazionali. L'Emilia-Romagna è riuscita a resistere alla pesante congiuntura negativa degli ultimi anni grazie al carattere robusto della sua industria. Ma la sopravvivenza dell'attuale sistema industriale non può rappresentare un traguardo perché le due criticità strutturali, evidenti ancora prima del manifestarsi della crisi e sulle quali si giocherà il futuro del territorio produttivo, si chiamano produttività e terziario innovativo. È questa la fotografia che emerge incrociando gli ultimi dati Istat sulla produttività del lavoro per i diversi sistemi regionali con le valutazioni sulla competitività dell'Emilia-Romagna effettuate da un team di ricerca dell'Università di Ferrara per conto della Regione. Partiamo dal dato sulla produttività del lavoro, l'indicatore che misura la quantità di prodotto ottenuto con l'impiego di un'unità di lavoro o, in modo meno ortodosso, il valore economico generato da un occupato nel corso di un anno all'interno di un'organizzazione. Secondo gli ultimi dati sui Conti economici regionali elaborati dall'Istat, nel periodo 2000-2009 la produttività del lavoro presenta un andamento complessivamente negativo (-0,23% mediamente all'anno), ma in Emilia-Romagna il dato è più pesante (-0,52%), di poco superiore alla Lombardia (-0,45%) e molto peggiore al Veneto (-0,18%). Un sistema industriale, quello emiliano-romagnolo, a cui viene da sempre riconosciuta una forte capacità delle imprese di mettere i campo quei fattori strategici e di competitività alla base delle dinamiche di redditività delle imprese, ma che poi non spicca sul territorio nazionale in termini di valore economico generato annualmente da un occupato (44.500 euro nel 2009), indietro in termini reali rispetto al Lazio (50.800 euro), alla Lombardia (50.300 euro), alla Liguria (46.100 euro) e al Trentino Alto-Adige (45.700). Anche restringendo il periodo d'osservazione al biennio recessivo 2008-2009, il calo di produttività registrato in Emilia-Romagna (-4,17%) risulta più pesante rispetto a quello riscontrato in Lombardia (-3,84%) e Veneto (-3,54%). Tuttavia, oggi, per sistema industriale non si deve intendere solo la componente strettamente produttivo-manifatturiera, ma anche quella serie di servizi reali e finanziari a supporto dell'impresa e o di un territorio. A tal proposito è la ricerca di un gruppo di economisti dell'Università di Ferrara, per conto dell'Assessorato alle Attività Produttive dell'Emilia-Romagna, ad evidenziare per questa regione una dinamica opposta tra l'andamento della produttività nell'industria (in crescita mediamente dello 0,6% all'anno nel periodo in esame) e quello relativo ai servizi nel complesso (in calo dell'1,9% all'anno nel decennio). Una dinamica non aiuta a competere sui mercati internazionali, tenuto conto della sfida a posizionarsi su produzioni ad alto valor aggiunto tecnologico e organizzativo. «La debolezza mostrata dal settore terziario – si legge nelle ricerca – accompagnata dalla flessione degli investimenti industriali, da un andamento modesto della domanda interna e da un crescente ricorso a contratti di lavoro atipici, presenti soprattutto nel settore dei servizi, portano a far emergere segnali di difficile mantenimento e ripresa delle quote di mercato delle imprese regionali, e a sottolineare alcune fragilità del sistema economico regionale». Da segnalare però come, sempre nella stessa ricerca, si evidenzia che anche all'interno del settore terziario sono quei servizi privati legati al commercio, alla ristorazione e al turismo, a soffrire maggiormente di produttività decrescente, scarse competenze e poca innovazione tecno-organizzativa; mentre per i servizi strettamente legati al sistema dell'industria il problema è il loro scarso peso sull'economia complessiva, il loro grado di internazionalizzazione e la capacità di ampliare l'offerta innovativa. Infine, per contrastare il freno alla crescita provocato dalle dinamiche registrate nel settore dei servizi e per migliorare la produttività nei settori più sofferenti, gli economisti dell'università di Ferrara suggeriscono al management pubblico e a quello d'impresa «il ricorso ad un impiego più massiccio e diffuso di soluzioni basate su strumenti e sistemi di gestione delle informazioni e delle comunicazioni, accrescendo la qualificazione degli occupati nei settori dei servizi, e lo studio di nuove forme di integrazione trasversale dei servizi legati alle attività industriali».

3 Commenti

  1. Ciao Marco ho letto con interesse il tuo articolo. Mi puoi dare il riferimento alla ricerca svolta dall'università di Ferrara?
    Grazie

  2. Caro Alfio, se mi lascia un indirizzo email proverei direttamente ad inviargliela. Un saluto,Marco

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