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Scritto da nel Numero 0 - Estate 2006, Tempo e spazio liberi | 0 commenti

Una gita fuori porta all'Alpe di Monghidoro volteggiando come Tarzan e Jane e rivivendo la civiltà contadina

Uaaaaaaaaaaaah! Quanti ricordano l'urlo di Tarzan che si lancia con la liana nella giungla, e quanti avrebbero voluto imitarlo?

Oggi non è più un problema: basta andare a Monghidoro, passare oltre verso Firenze e appena passato Ca' del Costa una freccia a destra dirige al Triton's Park adventure, il parco acrobatico forestale allestito dal comune.

Qui accanto a una area pic nic fornita di apposito barbecue, dove fare in piena sicurezza una bella grigliata (purché si sia portato da casa tutto il necessario), c'è questa nuova struttura, immersa nell'Appennino emiliano ai margini della Toscana, nella magia dei boschi, vicino a una sorgente di acqua fresca sulle pendici del Monte Oggioli.

Si tratta di cinque percorsi sospesi fra gli alberi, due per bambini, tre per adulti e due di prova obbligatori per imparare a organizzarsi e a utilizzare propriamente i sistemi di sicurezza.

Particolarmente divertente è andarci in gruppo: mentre uno volteggia sulla fune o si destreggia fra i ponti nepalesi oscillanti nel vuoto, sospesi a quattro metri, gli altri applaudono e incoraggiano a proseguire nei diversi segmenti, passerelle orizzontali, trave singola, rete sospesa e tirolese. Inutile per chi soffre di vertigini chiedere di andare su quello per bambini: deve rimanere a terra a tifare, altrettanto inutile per chi è più piccolo di 1 metro e 40 insistere per andare sui percorsi dei grandi: le misure di sicurezza lo impediscono, e gli inflessibili istruttori le fanno rispettare, per tutte le due ore e mezza di validità del biglietto.

Per ulteriori informazioni tel. 3478569160 oppure tritonspark.carovana@libero.it

Attenzione: oltre al cibo (in futuro è in programma l'allestimento di un piccolo ristoro) portarsi Cita: la scimmia non è fornita dall'organizzazione…

Prima o dopo l'avventura nella giungla, nella vicina Piamaggio suggerisco la visita nell'edificio che ospitava le scuole del museo dove hanno ricostruito la vita rurale del tempo passato, con i suoi luoghi di soggiorno e di attività lavorativa.

Il primo ambiente è la cucina, cuore della vita famigliare, con il camino per scaldare durante i freddi inverni e cucinare i cibi, il lavello di sasso, la madia con le terraglie e tegami, mentre scoli, coltelli ed altri arnesi di cucina sono appesi al muro per essere a portata di mano.

Non c'è la televisione ovviamente, e neppure la radio che, invece già si trovava in città, e l'impianto elettrico delle zone espositive è fatto con l'antico filo esterno attorcigliato .

Nella camera da letto troneggia il materasso ripieno di foglie di mais e lo scaldino a braci (detto suora, con il prete che sosteneva le lenzuola) e la cassa che conteneva i vestiti di lana e la biancheria, nella stalla, odorosa di fieno, si odono le registrazioni dei suoni degli animali (mettere una mucca originale sarebbe un po' troppo complicato). In cantina, troviamo tutto il necessario per la produzione del vino.

Fra gli altri ambienti segnalo in particolare la scuola, sul banco i quaderni che usavo alle elementari, con la copertina nera e le pagine con il bordo rosso, la cannetta con il pennino (che, maledizione, macchiava sempre, per fortuna sono vissuto nell'epoca nella quale è stato presto sostituito dalle prime penne biro!) e la cartina geografica dell'Europa appesa al muro.

In una grande sala sono stati collocati gli attrezzi dei vari mestieri, come per esempio la lavorazione della lana e della paglia (per la quale Monghidoro era famosa) del legno e del ferro, la costruzione di sedie e la riparazione delle scarpe, che allora si producevano solo artigianalmente.

Alcuni oggetti singoli degni di menzione sono il girello per insegnare ai bimbi a camminare, la poltrona di Don Augusto Bonafè, parroco di Campeggio (1919-1944) detto don Baiucon, un abito da sposa e una signorile veste di battesimo racchiusa in una vetrinetta per ricordare che oltre ai poveri contadini esisteva anche un ceto benestante.

L'ultimo momento della visita è ad ammirare la ricostruzione in scala di un mulino ad acqua, funzionante, un tempo struttura molto diffusa (se ne contavano 24 nel 1872) poiché ogni frazione doveva provvedere in modo autonomo al proprio ciclo alimentare, dalla produzione degli ingredienti alla trasformazione dei cibi, con l'energia alimentata dalle sorgenti d'acqua del Savena e dell'Idice.

Il museo è aperto tutti i giorni festivi dalle 15 alle 18, nei mesi di luglio e agosto il sabato dalle 16 alle 19 e la domenica dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19. L'ingresso è a offerta libera.

Per visite fuori degli orari e per informazioni rivolgersi al settore turismo di Tutto Servizi, tel. 051 655.51.32, e-mail turismo@tuttoservizispa.it, in caso di emergenza la cortese signora della casa di fronte ha le chiavi.

Prima o dopo la visita vi invito a soffermarvi nel borgo, con il Santuario, dedicato alla Madonna di Pompei che ospita una tela raffigurante la Vergine del Rosario del pittore Sante Nucci (1821-1896), in posizione dominante la piazzetta e se volete mangiare, di fronte c'è la Trattoria Tedeschi che in un ambiente rinnovato, offre un trattamento molto famigliare con ricette tradizionali delle nostre valli, infine nel non lontano Forno di Piamaggio non mancate di assaggiare la specialità montanara degli zuccherini.

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