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Scritto da nel La Cantina del Viaggiatore, Numero 3 - 1 Ottobre 2006 | 0 commenti

Amarcord Barolo – Prima Parte

Dalle origini al crollo dell'Impero Romano

Non è certa quale sia l'origine delle Langhe, vi è chi le vuole ramificazioni delle Alpi e chi dell'Appennino, e vi è chi sostiene che siano di distinta costituzione geologica; indubbiamente sono d'origine marina.

Curioso anche il dibattito in merito all'origine del nome Langhe: ci sono diverse teorie che fanno risalire tale nome a paese dei Liguri, terreno incolto, o lingue di terra; questa ultima sembra oggi essere la più accreditata, rafforzata anche dal fatto che nello stesso dialetto langarolo “andar per la langa” vuol dire andar per cresta.

È abitudine diffusa dividere l'Alta dalla Bassa Langa, ed è in questa zona che si trova il teatro delle vicende di questa tesi: ”Il Paese del Barolo”.

Una volta tratteggiato il “campo di gioco”, si può iniziare a parlare delle genti che hanno popolato le Langhe e del loro rapporto con questa bevanda chiamata vino.

Si può ricordare che queste terre furono abitate fin dai tempi preistorici, anche se le prime popolazioni di cui si hanno notizie sono i Liguri e i Celto-Liguri, poi ribattezzati Stazielli.

Tale popolazione ebbe il primo contatto col vino in seguito all'incontro con colonie Fenicie e Greche, riscontrando “la superiorità di questa bevanda inebriante qual è il vino, di tanto superiore a quella loro tradizionale, una sorta di rustica birra d'orzo”[1].

In seguito a tale “incontro” fu un'evoluzione alquanto naturale il passaggio da un semplice approvvigionamento indiretto ad una propria produzione. Produzione che non tardò a manifestare doti naturali e predisposizioni di tali genti alla coltivazione della vite, come si è potuto in seguito constatare, le quali raggiunsero tecniche di coltivazione della vite del tutto peculiari rispetto ai modelli propri dell'antica Grecia secoli prima dell'arrivo dei Romani. Tecniche come legare la vite ad un sostegno vivo, differenziandosi in tal modo dalla coltura ad albero tipica del centro-sud; tecnica che diede origine a quello che nel medioevo venne chiamata coltivazione ad alteno, piantata oppure bropa. Si deve far presente che all'epoca la vite coltivata era la labrusca o selvatica presente nel territorio.

In seguito, e si parla ancora di età preromana, avvenne l'importazione dei cosiddetti vitigni gentili, la vitis vinifera gentila, ovvero la vite da vino vera e propria, alla quale fece seguito una vera e propria produzione vinicola, come testimoniato da Plinio nello scritto “Naturalis Historia”, il quale riferisce di una produzione di vasi vinari che lascia intuire una parallela produzione vinicola.

Si può supporre, sempre attraverso gli scritti di Plinio, dell'esistenza di un uva come o per lo meno molto simile al nebbiolo, un'uva a maturazione tardiva e resistente al freddo.

Verso il primo secolo a.C. ci fu lo scontro tra l'agguerrita popolazione locale e i Romani, i quali, in seguito alla conquista delle Langhe, intuirono le potenzialità vinicole della zona, favorendone lo sviluppo: si pensi alla costruzione della via Fulvia, all'ampliamento di piccoli centri come Alba e Pollentio tanto che nell'89 a.C. Alba si guadagnò il nome di Alba Pompeia diventando municipio sotto il console Pompeo Strabone.

Il commercio del vino ebbe un'espansione notevole in questo periodo, come testimonia anche la stele funeraria ritrovata a Pollenzo che ricorda un certo Marco Lucrezio Cresto, di professione Merkatus Vinarius.


[1] MASSé Domenico, “Il paese del Barolo”, 1928 Opera Pia Barolo.

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