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Scritto da nel Numero 3 - 1 Ottobre 2006, Politica | 0 commenti

Anche il Papa è un uomo

Ankara, 1391. Il dotto imperatore bizantino Manuele II Paleologo ed un colto persiano discutono sulla Verità del Cristianesimo e dell'Islam. Come tra due erudite e leali persone succede quando si incontrano, il gusto della battuta sapida e sottile si trasforma in una critica attenta delle questioni e dei relativi nodi. Lo stesso immaginiamo accada nelle Università di teologia dove il professor Ratzinger, da quando cominciò nel 1959, è abituato ad esercitare il proprio intelletto.

Dunque vediamo se è possibile capire perché una riflessione cattedratica abbia sollevato la reazione del mondo musulmano, in molte sue classi dirigenti, nel sentimento pubblico, oltre che nei soggetti più violenti ed aggressivi. Con un risentimento di tale portata da indurre lo stesso Pontefice a ritornare sulle proprie parole, a rileggerle e chiarirle di persona.

Dunque dopo il fuoco e le fiamme che sembravano divampare, ha prevalso il sentimento reciproco di convivenza, nella libera convinzione delle proprie credenze. Come normalmente accade nelle faccende terrene.

Dunque qualcosa è comunque successo. Proviamo ad esaminarne alcuni aspetti.

Checchè aspiri ad essere, il ruolo del Papa è – perlomeno anche – un ruolo politico. Neppure di secondo piano, se si ritiene – come è convinzione di chi scrive – che il Vaticano abbia esercitato un ruolo nel crollo del sistema sovietico e tuttora eserciti una forte influenza sulla vita pubblica di una Repubblica come l'Italia. Niente di strano, sia chiaro, ma immaginare che le proprie parole possano restare chiuse in un'aula universitaria non è esattamente lo spirito con cui il Pastore dovrebbe rivolgersi al proprio gregge.

La coscienza del sé attraverso la quale un pastore sa essere guida passa dal nerbo con il quale reca i propri animali al pascolo; il significato pubblico di un dialogo che gira da un capo all'altro del mondo non è solo quello della disquisizione ma anche quello della carne e del sangue di chi in nome quel Dio vive tutta la vita.

Il fiume che l'umanità di oggi deve guadare lo si supera solo se ci teniamo per mano, dall'inizio alla fine della attraversata, dal più vecchio al più giovane.

Pertanto occorre realizzare davvero, verso una prospettiva di vita laica, civile e democratica, un approccio che prima che logico sia antropologicamente rivolto alla logica stessa e consenta di maturare la convivenza nell'ottica del rispetto fondato sul riconoscimento del sé nell'altro e dell'altro in sé. Sforzandosi di misurare, appunto in uno sforzo di carattere logico, come ciò che logico non è meglio possa approssimarsi all'ideale di giustizia che vogliamo.

Nella vita di tutti i giorni vivere la propria intima religiosità non deve significare aderire a priori ad una religiosa intimità codificata una volta per tutte all'alba dei tempi ed interpretata ad uso e consumo di una casta di intoccabili potenti di Stato. Quale che sia il colore della pelle, quale che sia il colore dello Stato.

La sfida di fronte alle grandi religioni, oggi, non è quella rivolta agli errori del passato che si preoccupa di misurare le rispettive dimensioni falliche bensì dovrebbe essere quella che guarda la strada che gli astri, le stelle ed il Nostro Signore cercano di illuminare davanti a noi. E chi voglia esserne la guida, quando parla che sia in Piazza che sia in Università, non può mollare la presa sul bastone del comando per dilettarsi dei giovanili tempi andati.

Purtroppo l'età in cui abbiamo tutti ragione è finita. Adesso sembra molto più vero che tutti abbiamo torto.

Il Buddha dice che 'tanti sono i percorsi davanti all'inesperto, quanto pochi quelli davanti al saggio'. Chissà, forse lo spirito monoteista mondiale avrebbe bisogno di nuovi strumenti per rivolgersi a sé stesso, ai suoi fratelli ma soprattutto alle nuove generazioni, ricche e povere, dirigenti e dipendenti.

Se il migliore spirito tipicamente laico volesse coniugarsi ad un forte soffio di riforma delle strutture ecclesiastiche, la Chiesa stessa potrebbe ben meglio esercitare la propria guida sullo spirito e sulla vita dei peccatori che sulla Terra non trovano il proprio cammino.

Per questo noi la giudichiamo, Signor Papa. Per gli effetti che la sua Opera ha sul nostro gregge, perché anche lei come tutti noi risponde davanti a Dio. Lei prima di noi, da lassù in alto da dove ci guarda e ci parla. Perché il copyright del Signore Iddio Onnipotente non esiste e non esisterà mai finche sulla terra ci saranno uomini che si interrogheranno sul cielo sopra di sè. E chi partecipa alla privatizzazione del Bene più Pubblico che possiamo immaginare perché coincide e convive con il privato che più privato non abbiamo si rende colpevole di uno dei più grandi peccati verso la spiritualità, la libertà e la vita della Natura.

Ci pareva che il suo predecessore volesse aprire il cuore al di fuori del chiuso delle stanze pontificie. La preghiamo di non rinchiudercisi dentro.

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  1. Signor Papa, buonasera a lei - L'Arengo del Viaggiatore - [...] è vero com’è vero che anche il Papa è un uomo (http://www.larengodelviaggiatore.info/2006/10/anche-il-papa-un-uomo/) e la Chiesa un’organizzazione temporale, non posso ...

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