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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 3 - 1 Ottobre 2006 | 0 commenti

Desinenze pretestuose

Flash-back

L'aula universitaria era gremita di studenti; le sedie erano esaurite da almeno un quarto d'ora ma i ragazzi continuavano spingendo a cercare posto, alcuni si pigiavano in due per banco, altri restavano in piedi, gli ultimi dal corridoio cercavano di conquistare un angolo visivo decente.

Non era la norma per la facoltà di filosofia, ma come compresi col distacco degli anni, il docente che stava entrando era uno dei pochi, a Bologna, che valesse la pena ascoltare.

Il fruscio che aleggiava nell'aula si spense.

L'-ismo è una desinenza che viene addossata alle diverse forme attraverso le quali si manifestano le idee per permetterne una classificazione. Possiamo considerare l'-ismo come un'etichetta posticcia molto utile agli storici del pensiero, in quanto consente, attraverso l'utilizzo di un suffisso di accomunare ciò che è essenzialmente unico. Questa utilità “pratica” risponde ad un'esigenza insita nell'animo umano e nelle scienze esatte, quella di semplificazione, o se preferite di unificare ciò che la natura plasma come molteplice e difforme. L'-ismo è una sorta di minimo comune multiplo: quando parlo, ad esempio, del giusnatural-ismo, tutti afferrate immediatamente, senza ulteriori specificazioni, il riferimento alla corrente di Hobbes e Spinoza. Anche se ovviamente le trattazioni dei due autori possiedono elementi inscindibili d'autonomia…

Oggi

I miei occhi si posano brevemente e con disattenzione su un quotidiano scelto alla rinfusa: giustizialismo forcaiolo dei soliti magistrati, clima qualunquista scuote l'opposizione, querelle tra laicità e laicismo, abbandoniamo il perbenismo di facciata… Manca soltanto un omaggio al “fronte dell'uomo qualunque” fondato da Guglielmo Giannini nel secondo dopoguerra e la lista può dirsi conclusa. Ma è la realtà ad essere così complessa, o vi è un tentativo strisciante di complicare ciò che sarebbe naturalmente semplice?

Il cosiddetto giustizialismo raggiunge la ribalta con mani pulite, per entrare a far parte del lessico comune negli anni immediatamente successivi. Più che una desinenza, ritengo sia un'istanza morale che può tranquillamente essere tradotta con un termine semplice e di più largo utilizzo: giustizia. Non la giustizia biblica del taglione, niente di così cruento, basta applicare bonariamente il principio sancito dall'articolo 27 della nostra costituzione inerente alla “rieducazione dei criminali”… Sarebbe sufficiente l' attuazione di questa norma, non certo vendicativa, e un vento leggero scuoterebbe dalle fondamenta le stanze in cui vengono manovrate le leve del potere.

Ma abbandoniamo l'annosa questione legale per scivolare dolcemente su un argomento più “frivolo”…

Il farneticante sdoppiamento di un unico aggettivo: laicità-laicismo, ha contribuito a dar vita ad una grottesca querelle dal sapore tipicamente italiano, una perla più unica che rara nel variegato panorama dell'Europa unita. L'effetto comico della vicenda consiste nel fatto, che anche i più convinti sostenitori di questa dicotomia finiscono spesso per confonderne i termini. E' uno spettacolo da brivido, ammirare un insigne “filosofo” come Marcello Pera, dal palco di Comunione e Liberazione accusare i laicisti di essere i principali fautori dell'imperante nichilismo morale, ovvero coloro che hanno provato a dare un violento colpo di forbice ai valori con il referendum sulla procreazione assistita. Successivamente l'ex presidente del senato si è spinto oltre, proponendo un'improbabile alleanza tra credenti e laici(?) contro il nuovo meticciato causato dall'immigrazione di massa “per affermare e salvare la nostra identità occidentale democratica e liberale perché contro di noi è stata dichiarata una 'guerra santa”[1]. Laici e credenti, uniti sotto uno stesso vessillo contro l'invasione dei nuovi barbari, ma i laicisti fuori dalla porta…

In un volume uscito nel 2004 contenente diversi articoli sollecitati da Eugenio Scalfari, si può ammirare l'illuminato Buttiglione distinguere “non solo tra laicità e laicismo, ma tra vecchio laicismo (buono o almeno dignitoso perché severo, Kant) e nuovo laicismo (pessimo perché nichilista, Nietzsche)”[2]

Vecchio professore, tu che sapevi maneggiare l'arma dell'ironia con impareggiabile talento, chissà quante amare risate ti sarai concesso ammirando questo teatrino.. Ma non è forse ora di ricominciare a chiamare le cose col proprio nome? Non scomodiamo austere desinenze e nobili suffissi, un ladro resta tale anche se tormentato dal giustizialismo, così come i non credenti, laici e laicisti, continueranno ad essere atei, nonostante l' hegeliane disquisizioni dell'ex presidente del senato…


[1] Corriere on-line, 22 agosto 2005

[2] La realtà in mutamento, Edoardo Tortarolo, ed.online

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