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Scritto da nel Economia e Politica, Numero 3 - 1 Ottobre 2006 | 0 commenti

Il caso Telecom

Da alcuni giorni a questa parte le cronache dei giornali sono caratterizzate da notizie relative alla più importante azienda di telefonia italiana: Telecom.

I filoni principali sono due: la questione intercettazioni illegali e la questione relativa all'assetto societario.

la questione intercettazioni illegali

In questo caso l'azienda è parte lesa in quanto ad oggi le indagini parlano di un gruppo di dirigenti e personale interni facenti capo al comparto sicurezza che, con l'ausilio di sofisticati sistemi di intercettazione, erano impegnati nell'illecito ascolto di conversazioni telefoniche a scapito di uomini e donne più o meno “importanti”; il tutto all'insaputa dei massimi dirigenti.

Per quel che si sa – le indagini sono ancora in corso – questo gruppo di persone aveva creato una rete di rapporti illeciti con servitori infedeli dello Stato al fine di incrociare dati sensibili provenienti da delicate banche dati (ad esempio l'anagrafe tributaria) e poter compilare così dei nutriti dossier relativi a persone fisiche, in barba a cinquant'anni di democrazia e norme sulla Privacy. A cosa servissero poi questi dossier non è dato ancora sapere. Però basta pensare agli ultimi anni di processi più o meno mediatici con conversazioni private sbattute sui giornali, malgrado non fossero considerate nemmeno prove rilevanti nei vari procedimenti, per farsi un'idea.

La mio opinione è che le indagini saranno ancora lunghe e potremo imbatterci prima o poi nel burattinaio che gestiva tutta la cupola e animava questo progetto criminale che, per quel che si sa oggi, aveva lo scopo di far soldi rivendendo questi dossier.

l'assetto societario

un po' di storia

I problemi per Telecom partono da lontano e precisamente dall'inizio degli anni '90.

Questa azienda storicamente era pubblica e monopolista dei servizi di telefonia e non esistevano altre aziende operanti nello stesso mercato. Succede che l'Italia dovette aprire i mercati alla concorrenza e nello stesso tempo cercare di trovare dei soldi che le consentissero di rientrare in parte del forte debito pubblico – accumulato in decenni di spesa pubblica folle e sregolata – al fine di rientrare nei parametri doverosamente imposti dall'Unione Europea a tutti gli Stati membri.

Così un gruppo di nuovi imprenditori padani capitanati da Roberto Colaninno e affiancati da alcune banche straniere decidono di tentare il colpo con il beneplacito del Governo allora presieduto da Massimo D'Alema. L'operazione riesce, con la postilla che la rilevante cifra impegnata risulta a debito dell'azienda che da allora non riuscirà più a disfarsene. Dopo alcuni anni però i compagni di viaggio di Colaninno fanno capire che il loro interesse non era tanto fare gli imprenditori, quanto piuttosto puntare sulla finanza ed escono dall'operazione.

Nel 2001 il Presidente di Pirelli Merco Tronchetti Provera vede un futuro roseo per le telecomunicazioni e decide di comprare Telecom pagando le azioni al doppio del loro valore di Borsa aumentando ulteriormente il debito dell'azienda. Purtroppo alcuni mesi dopo vengono abbattute le Torri Gemelli da parte di alcuni terroristi islamici e anche il mercato della telefonia ne risente moltissimo. Però piano piano l'azienda ricomincia a partire: si rimette a fare ricerca e investimenti infrastrutturali e, grazie alla concorrenza instauratasi con altri operatori entrati nel frattempo nel mercato, anche in Italia prendono piede nuovi servizi legati allo sviluppo della rete fissa e ad internet. Malgrado l'azienda possa contare su un rilevante cash flow (che oggi si aggira sui tre miliardi di euro) i debiti faticano a calare ed è così che due anni fa Tronchetti Provera decide di scommettere sulla convergenza fisso mobile e “fonde” Telecom con TIM.

i giorni nostri

Dunque eccoci ai giorni nostri: mentre Prodi era impegnato a guidare la delegazione di politici, amministratori ed imprenditori in Cina, arriva la notizia che il CdA di Telecom intende ritornare sui suoi passi ovvero scorporare l'azienda creando tre società: Telecom (servizi rete fissa), TIM (mobile) e una società che gestisse la rete fissa (rimasta nella pancia di Telecom fin dalla prima privatizzazione) e di mettere sul mercato TIM. A quest'ultima notizia Prodi reagisce dichiarando che, malgrado avesse avuto un colloquio con Tronchetti alcuni giorni prima, non si aspettava questa decisione; anzi afferma di aver avuto rassicurazioni riguardo ad una permanenza in mani Italiane di TIM. Come se non bastasse rende pubblico il contenuto del colloquio avuto col presidente di Telecom. Quest'ultimo reagisce dimettendosi dall'incarico e facendo circolare un piano di ristrutturazione firmato dal consigliere economico di Prodi Angelo Rovati scritto su carta intestata della Presidenza del Consiglio: ed è qui che scoppia il caso politico con la richista dell'opposizione di avere maggiori spiegazioni dal Premier in Parlamento. In un primo momento Prodi dice di no, poi – sollecitato anche da alcuni partiti di Maggioranza – dà la sua disponibilità e il 28 settembre l'abbiamo visto nell'aula della Camera dei Deputati. Angelo Rovati – dimettendosi – dichiara che quella bozza di piano, che prevedeva lo scorporo della rete fissa in prospettiva dell'acquisizione da parte della Cassa Depositi e Prestiti (quindi sotto il controllo dello Stato con il beneplacito della sinsitra radicale sempre avvezza allo statalismo), era sua e Prodi non ne sapeva nulla.

A mio modo di vedere questa storia rappresenta, per tanti motivi, un brutto episodio per chi sostiene il mercato ed è allergico alle interferenze dello Stato: il primo è sicuramente l'aver reso pubblico il contenuto dei colloqui privati avuto tra il Primo Ministro e il Presidente di un importante azienda. Il secondo riguarda la possibilità che il consigliere del Premier (a quanto pare in autonomia) abbia stilato un piano che prevedeva un accordo tra un'azienda quotata in Borsa e lo Stato! e questo prima che il mercato ne fosse informato. Il terzo motivo riguarda il dubbio che nei disegni economici del Premier trovi spazio un riguargito di statalismo. Riguardo a quest'ultimo punto abbiamo avuto rassicurazioni dall'intervento tenuto dal Presidente del Consiglio dei Ministri al cospetto della Camera dei Deputati.

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