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Scritto da nel Numero 3 - 1 Ottobre 2006, Tempo e spazio liberi | 0 commenti

Invasi dai sequel

“Non farò mai, che so, un “Rocky VI”. Sapere quando smettere è importante quanto saper iniziare.” – Sylvester Stallone, 1976, concluse le riprese di “Rocky II”

E' sufficiente sfogliare un qualsiasi giornale o guardare svogliatamente i trailer televisivi dei nuovi film nelle sale, per rendersi conto di un fenomeno sempre più frequente: siamo invasi dai sequel. Decine ogni anno sono i titoli di film cui sono associati numeri arabi o romani, “si tratta dell'ultima incarnazione del Santo Graal per l'industria Hollywoodiana”[1]. Sono pellicole che si giovano dell'effetto propulsivo del film precedente, normalmente di grande successo al botteghino. E così i cinema sono invasi da “X-Men” 1, 2 e 3, “Spiderman” 1 e 2, “Fast and Furious”, “Charlie's Angels”, “American Pie” e “Pirati dei Caraibi” vari, infinite saghe horrorifiche, l'ennesimo “Rocky”(!!!) fino ad arrivare al nuovo “Superman” che, non solo è già di per sé un remake, ma possibile primo capitolo di una lunga e profittevole (?) serie.

La formula è la seguente: si distribuisce il seguito di un film di grande successo in un elevato numero di sale, si effettua una forte campagna di marketing senza mettere in risalto le caratteristiche qualitative quanto più i legami con l'opera precedente. Il più delle volte non si raggiungono i medesimi risultati di box office dell'originale, ma si tratta comunque di una modalità semplice e sicura, per ridurre in modo sensibile l'incertezza legata al lancio di un nuovo progetto. Il problema per le case di produzione è infatti proprio questo: il rischio. Fino al termine della prima settimana di programmazione non si sa mai esattamente quale sarà la performance commerciale del film, trattandosi di un experience good per il quale la soddisfazione del consumatore/spettatore è definita secondo una reazione soggettiva. Non per niente nell'industria della creatività e del cinema si suole dire “nobody knows”.

Per ridurre il rischio una soluzione è appunto il sequel: si sfrutta cioè l'effetto di trascinamento di un film di successo, utilizzandolo come fosse un vero e proprio marchio. Il sequel può quindi essere strumento, e contemporaneamente beneficiare, di campagne promozionali congiunte con il film originale programmato su altri canali (come ad esempio la televisione), producendo così effetti positivi dati da un trascinamento reciproco.

Vengono accusati d'essere dei tipici prodotti commerciali dalle scarse qualità artistiche; proprio per questo motivo vengono stroncati, salvo rare e piacevoli eccezioni, dalla critica. Ma se il prodotto è qualitativamente scarso (artisticamente parlando), dove sta il vantaggio nel produrli?

La risposta è semplice: tutto è a vantaggio delle casse delle Major. Gran parte di questi film sono artisticamente mediocri ma non i loro incassi. Un simile successo è riconducibile principalmente a due cause: 1- la grande aspettativa da parte del pubblico per un film che è il seguito di un apprezzato precedente; 2- una massiccia distribuzione nelle sale associata ad una forte strategia di pubblicità. I numeri 2,3,4,… debuttano infatti normalmente su un numero più elevato di sale rispetto la media e, rappresentando gli incassi delle prime due settimane gran parte del totale, il successo al botteghino è facilitato. Si tratta di film dalla vita commerciale assai breve, ma non per questo meno profittevoli.

Sono prodotti stagionali, consumati in modo frugale e rapido, che regalano allo spettatore un'ora e mezza di evasione ma niente più. Film facili da produrre, fare e distribuire; per questo ci sono e continueranno ad esserci.

Rimaniamo ora in trepidante attesa del nuovo sequel del prequel di “Batman”.


[1] Leland J., 2004. “More is Less”- film comment, Film Society of Lincoln Center, NewYork , Jan/Feb

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