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Scritto da nel Il Libro del Viaggiatore, Numero 3 - 1 Ottobre 2006 | 0 commenti

Pyongyang

Magnificenti e interminabili parate militari, pugni chiusi levati al cielo acclamanti i propri appesantiti autocrati, fotogrammi di fatiscenti ambasciate straniere, i proclami del presidente degli Stati Uniti al discorso sullo Stato dell'Unione, i nostri occhi che si chiudono di fronte alla vista dei bambini malnutriti. Questi, in sostanza, i pochi dolorosi cenni che in questi anni ci sono giunti, più che sull'ultima “spietata dittatura comunista del pianeta”, su una nazione ai confini della storia, della realtà e persino della nostra più arguta immaginazione: la Corea del Nord. Pyongyang, la capitale, è l'emblema della sua terra, un paese ormai completamente isolato dal resto del mondo e perso nel delirante culto di Kim Il-Sung – colui che è stato nominato 'presidente eterno' dopo la sua morte – e del figlio, il 'caro leader' Kim Jong-il. E Pyongyang è proprio il titolo di questo esilarante reportage a fumetti che ci troviamo per le mani, direttamente consegnatoci da quelle del fumettista canadese Guy Delisle. Con l'obiettivo di supervisionare il progetto di una TV francese commissionato in outsourcing al buon mercato della manodopera nordcoreana, a Pyongyang Delisle trascorre ben due mesi, poco prima degli attentati alle Twin Towers. Le aspettative alla partenza non possono essere meglio rappresentate che da due oggetti che egli infila in valigia, una copia di 1984 di George Orwell e una piccola radio (di lì a breve) clandestina. Aspettative che, dall'impossibilità di avvicinare liberamente i nordcoreani agli ossessivi canti patriottici locali, dagli aeroporti senza luce ai ristoranti senza cibo – passando per l'onnipresente e surreale presenza dei ritratti di Kim Il-Sung e Kim Jong-il – si rivelano presto confermate. Emblematica la striscia in cui l'autore, incredulo, chiede a se stesso: “Ma davvero questa gente crede a tutte le sciocchezze che si sente raccontare?” Sfortunatamente, si tratta di una domanda destinata a rimanere senza risposta. Di certo non per colpa di Delisle, abile matita scrutatrice mai doma: di fatto, la Corea del Nord, una nazione fondata sulla paura e sul mito della distanza dagli stranieri, sembra ormai irrimediabilmente abbandonata a se stessa. Pyongyang si rivela un'opera sobria ed elegante, un coinvolgente documento animato, un irresistibile bianco e nero di drammi e assurdità. Ma, soprattutto, la testimonianza che tutti, incuriositi, stavamo aspettando.

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