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Scritto da nel Il Mondo nel Pallone, Numero 7 - 1 Dicembre 2006 | 0 commenti

Capitolo 2 – Guida turistica per extraterrestri (parte 3)

Oggi, invece, anche la famiglia è cambiata. Adesso funziona così.

Ogni domenica mattina i papà d'Italia svegliano i propri campioni, li vestono delle loro divise e, chi più chi meno, costringono loro a giocare il campionato dei pulcini e le loro mogli ad assistere alle partite degli astri nascenti del calcio. E tutti hanno il figlio più bravo. Dopo una settimana di lavoro a tutti è concesso avere un figlio fenomeno del pallone.

Anche questa, perché no?, è democrazia. Non importa essere ricco, bello, famoso, colto, diplomato, laureato, tutti possono sperare di vedere il proprio figlio con una maglia bianconera o giallorosa al posto giusto nel momento giusto. E non ci venite a dire che non abbiamo il diritto di incazzarci se l'arbitro nega un rigore ai nostri figli o se il nove (quello è mio figlio) si inciampa sui suoi stessi laccetti davanti al portiere.

Il talent scout della Juve si trova di sicuro nei paraggi, lo ha sicuramente visto. E' fatta. Avevo anche
trovato un amico di un magazziniere del Delle Alpi che conosceva il massaggiatore dei Pulcini
bianconeri che forse riusciva ad accordare un provino al mio piccolo campione.

Quindi non azzardatevi a dire a qualcuno che non deve azzuffarsi con il padre dell'otto avversario, quel topo con le orecchie a sventola, che ha preso contro al solito nove. E' entrato per far male. Non provate a dire che voi non avreste aspettato fuori dagli spogliatoi l'allenatore avversario accusandolo di insegnare un calcio scorretto e avanzando dubbi sulla fedeltà della moglie. Neanche se siete nei panni della mamma che nel frattempo aspetta in macchina con il bimbetto che non sa che dire o che fare, mortificato dal comportamento dissennato del padre.

Quello che, quando si parla di calcio, non capisce più niente.

Limitatevi a convincere il figliolo-campione che papà ha lavorato tutta la settimana, è stanco e stressato e poi che il calcio è tutta la sua vita; avrà pure anche lui il diritto di sfogarsi con il pallone, tuo padre.

Viene l'ora di pranzo. L'ora in cui si sveglia il fratello più grande, che ha tirato tardi al sabato sera e che magari è pure 'autore' del 'libro'.

Se la filastrocca della sera e dei leoni, della mattina e dei coglioni crede davvero di avere ragione, al pomeriggio, se Dio vuole, finalmente siamo campioni. L'amaro si beve al bar, dietro la gradinata. Vestiti coi nostri colori sappiamo già chi giocherà e chi andrà in tribuna, chi oggi di sicuro segna e chi ci farà soffrire. Prendiamo il solito posto, mentre le squadre si preparano al riscaldamento degli atleti e della nostra voce. Mentre i guerrieri aprono le prime danze del sacro rito saltellando e inseguendo i primi palloni, dagli spalti rispondiamo scandendo le parole che ci condurranno alla vittoria. Il mister ha parlato chiaro: massima attenzione per tutti i novanta minuti. Le stesse cose che ci insegnavano da bambini, adesso le facciamo alla grande.

Ci siamo per novanta minuti, per 34 partite che adesso sono 38. E ore e ore di viaggio, panini, sveglie e striscioni, birre e caffè ed amari, soldi soldi e ancora soldi spesi.

In campo bisogna proprio vincere, altrimenti l'investimento non rende.

Possiamo lamentarci anche noi, in questa democrazia, imprecando contro l'arbitro ed invocando la giustizia alla moviola. Un lavoro precario, un titolo di studio inutile e una settimana di lavoro tra si e no hanno il diritto di lamentarsi per il rigore concesso al Presidente del Consiglio, Presidente del Milan, con il Vice alla Lega Calcio. Che vince la Champions League all'apertura del semestre di Presidenza di turno dell'Unione Europea e si permette il lusso di raccontare barzellette agli incontri internazionali.

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