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Scritto da nel La Cantina del Viaggiatore, Numero 12 - 1 Marzo 2007 | 0 commenti

C'era una volta il vino

È abitudine sempre più diffusa quella di dover mettere paletti, di inventarsi sensi unici e divieti di accesso ad ogni via (di vita), di sentirsi in dovere di inventare obblighi e proibizioni anche dove non se ne avvertiva il bisogno; in parole povere di regolare la vita degli individui in nome della collettività, cosa decisamente ironica considerato il sistema economico che ci “governa”.

Patente, fumo, in alcune nazioni il cibo. Non poteva mancare all’appello ovviamente l’alcol, problema già affrontato in molti paesi del nord europa.

Problema o meglio molecola che caratterizza molte bevande che ci accompagno lungo le nostre giornate: vino, birra e i cosiddetti digestivi (termine che racchiude in se un’infinità di bevande).

Il tutto nasce dal documento “guadagnare salute” messo a punto dall’ufficio regionale per l’europa dell’Organizzazione mondiale della sanità, approvato a Copenaghen il 12 settembre 2006 e ratificato a Istanbul il 25 novembre nel corso della conferenza ministeriale intergovernativa.

Tale documento ha l’obiettivo, regolando le abitudini alimentari, di evitare i cosiddetti mali moderni.

Nel caso dell’alcol prevede in particolare i seguenti punti:

– diminuire le occasioni di consumo da parte dei giovani e degli automobilisti;

– limitare il consumo di bevande alcoliche in tutti i luoghi di lavoro;

– porre nuovi limiti per creare locali Alcohol Free;

– incentivare i produttori affinché investano nella ricerca per la creazione di bevande a minore gradazione alcolica;

– inserire nelle etichette format standard per “istruire” i consumatori sugli effetti deleteri dell’alcol;

– vietare l’alcol ai minori.

Si può anche essere d’accordo su alcuni punti, ma su molti si fa veramente fatica a condividere.

Partendo dal presupposto che il proibizionismo non porta mai gli effetti sperati, vietare le bevande alcoliche ai più giovani non farebbe altro che aumentare il fascino della trasgressione, il gusto del proibito: immaginatevi la scena con dei giovanotti intenti a passarsi di mano in mano come merce proibita una bottiglia di vino, esilarante!

Inoltre è decisamente un errore fare un discorso generale, in quanto non si può certo paragonare vino e birra ai superalcolici.

Diversi gli utilizzi, i modi di “assunzione” e gli effetti sull’organismo.

È quindi nato spontaneo un fronte comune composto da unione Italiana Vini, Federvini, Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Confcooperative-Fedagri, Agci-Agrital e Legacoop-Agroalimentare.

Questo blocco ha scritto una lettera al Ministro De Castro con la quale, oltre a criticare l’iniziativa “Guadagnare Salute”, si chiede esplicitamente un intervento presso la sua collega Livia Turco che è a capo del Dicastero che in Italia si è fatto portavoce della comunità europea.

Nel comunicato si legge che “si condivide ogni iniziativa volta a diffondere, attraverso attività di educazione e informazione, ogni notizia utile per modificare comportamenti sbagliati o prevenire ogni forma di abuso, la filiera non può che manifestare perplessità riguardo al capitolo dedicato all’alcol”.[1]

Uno dei nodi cruciali riguarda la riduzione di disponibilità di bevande alcoliche in vari ambienti di vita (lavoro, campi sportivi, rete autostradale): tale azione preoccupa la filiera perché “si perde quell’attenzione al consumo corretto che è da sempre la modalità, riconosciuta da tutti e famosa anche all’estero, del consumo delle bevande alcoliche e, in particolare, del vino in Italia”.[2]

Il fronte dei ribelli batte il tasto soprattutto sui divieti di vendita 24 ore su 24 di alcolici su tutta la rete autostradale e del divieto di fare pubblicità durante eventi sportivi.

Il discorso è lungo e complicato, e le ragioni (e gli interessi) non mancano sia da una parte che dall’altra.

Io propendo per una sana distinzione delle bevande alcoliche, in quanto, come già scritto precedentemente non si possono mettere sullo stesso piano le bevande da “pasteggio” e quelle da “sballo”.

Prendete questo articolo come la presentazione di un tema che penso farà molto discutere.

Nei prossimi numeri proverò ad entrare più nel dettaglio e vi racconterò come questa vicenda si sta evolvendo in Spagna: “stranamente” sembra che abbiamo da imparare ancora una volta.

Io vi lascio con una citazione di Mario Soldati, che (se ce ne fosse ancora bisogno) la dice lunga sul mio punto di vista:

“Quando il mio corpo ha sete, bevo acqua

Ma quando la mia anima ha sete, bevo vino”



[1] Corriere Vitivinicolo, anno 80 n°7.

[2] Ibidem

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