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Scritto da nel Il Mondo nel Pallone, Numero 16 - 1 Maggio 2007 | 0 commenti

Capitolo 3 – Politica? (parte ottava)

Non c'è peggior sordo chi non vuole sentire. La realtà delle cose è pura e semplice.

Una classe politica incapace e disinteressata ci sta portando alla rovina e nessuno si preoccupa nemmeno di puntare il dito contro i colpevoli. Ci abbiamo provato un decennio fa. L'esasperazione nazionale si è materializzata nella tempesta di Tangentopoli, era una cosa dovuta alla Nazione, era qualcosa che doveva succedere prima o poi. Avevamo chiesto un cambio radicale, avevamo chiesto una rottura col passato, volevamo una nuova classe dirigente, un sistema elettorale da paese avanzato, volevamo che qualcuno saldasse i crediti che vantavamo, che qualcuno pagasse il conto.

Invece niente. Invece, guardateci, 15 anni dopo. Tutto uguale ed oltre al danno la beffa. Oggi un atto dovuto al paese è diventato un colpo di stato ordito dai giudici comunisti.

Il mondo che gira al contrario.

A volte ritornano. Da noi, ritornano sempre.

Hanno preso i soldi e sono scappati; come nei migliori film di mafia e gangsters, hanno cambiato aria per un po', hanno fatto calmare le acque, hanno cambiato colori e nomi, un paio di sedute dal chirurgo plastico e di nuovo in campo.

Guardateci, in tutta la nostra pietà.

Di nuovo in mano ai soliti noti, squattrinati e senza la benché minima speranza di avere quello che ci spetta, quello che ci hanno tolto, quello che hanno speso alla nostra salute, con un sistema politico ed elettorale che, proporzionale o maggioritario o maggioritario all'italiana che sia, non cambia nulla tanto non lo fanno funzionare comunque.v

Immobili e incapaci di reagire, si sono presi tutto: i nostri soldi, la nostra dignità, quello che c'era di buono nell'essere Italiani e anche il nostro Calcio.

Volevamo solo un po' di giustizia, un po' rispetto ma evidentemente non ce lo meritiamo.

Non ce la meritiamo la logica di mercato, il mercato libero e funzionante. Quello l'Italia se lo sogna. Quello lo hanno visto solo persone che hanno avuto esperienze all'estero e che solo un millesimo delle persone italiane hanno il coraggio di invocare.

Quello dice, tra l'altro, che un amministratore lavora per gli interessi del proprietario.

Del problema di allineare gli interessi tre proprietariato e mangement (un modo ortodosso di chiamare il più banale per quanto esteso conflitto di interessi), in Italia non tutti sembrano essere preoccupati, sia che parliamo di politica, di calcio o di res publica, il codice di condotta del mercato privato impone a chi fallisce nella sua missione di amministratore di rassegnare le dimissioni e cambiare lavoro.

Questo e' il mercato che si autocorregge, la mano invisibile che riporta all'equilibrio una situazione di disequlibrio. Questo è quello che il liberismo nel senso positivo del termine presuppone e questo e' quello che solo coloro che veramente hanno capito le basi dell'economia politica auspicano. L'autodisciplina, l'accountability verso chi ci da un mandato, la responsabilità per il proprio operato; concetti estranei alla classe dirigente e alla classe politica italiana, e soprattutto a coloro che vorrebbero fare del Nostro paese un paese azienda e si autoproclamano campioni del libero mercato sventolando ai quattro venti le loro presunte origini liberali e liberiste senza nemmeno conoscere le basi delle moderna teoria d'impresa, quella dei costi di agenzia.

Liberisti, si dichiarano.

Tutti liberisti: da Berlusconi e Fini, da Follini a Tremonti.

Liberisti loro, allora sono contento di passare per comunista.

In qualsiasi altra situazione ce ne guarderemmo bene dal passare per comunisti. In Italia, visto il significato che ha ormai assunto il termine, siamo fieri di essere considerati comunisti, quando per comunista si intende qualsiasi persona che si assume la responsabilità di dire ciò che succede.

Il liberismo, se proprio i nostro politici lo vogliono sapere, presuppone che ognuno combatta ad armi pari con regole comuni e il più efficiente primeggia. Chi sbaglia paga e viene escluso dal mercato e in più siamo più alti sono i benefici sociali.

Il liberismo all'italiana invece presuppone che chi sbaglia non paga mai. Chi sbaglia poco viene rieletto o ottiene gli incarichi. Chi fa disastri, nella peggiore delle ipotesi, cambia settore ma di sicuro non cambia mestiere o rinuncia ai suoi privilegi. Solo in Italia il più preparato e meritevole non può categoricamente diventare Primo Ministro, Amministratore Delegato, Presidente o Direttore. Solo nel Bel Paese chi sbaglia non paga mai ma anzi viene premiato, la furbizia è una virtù assoluta, il mercato e' incapace di escludere gli incapaci purché questi siano amici di qualche signore che conta. E nel frattempo i potenziali emigrano altrove, dove possano essere apprezzati.

Solo in Italia la politica fa da padrone su tutti e tutto e solo in Italia la politica è popolata di tanti incapaci e malfidati, tanto che i giovani più promettenti si tengono ben al riparo da Roma ladrona e che, dalle Alpi alla Valle dei Templi, “sono tutti uguali, che voto a fare” o “tanto vale votare Berlusconi”. Solo in Italia gli accademici più rispettati e preparati, gli uomini di affari più acclamati e di successo vengono categorizzati con disprezzo come tecnocrati che non sanno niente di politica. E si vedono costretti ad emigrare altrove dove finiranno poi per essere lodati e cercare di salvare il salvabile di quell'orgoglio nazionale che ancora possiamo provare a spargere globalmente. Fuori dagli stadi, ben inteso.

Il libero mercato è apolitico. A livello macro, colui di destra crede che questo raggiunga l'equilibrio sempre e comunque indisturbato. L'uomo di sinistra crede che servano regole e apparati sociali per rendere le cose migliori e che lo stato si deve prendere cura di chi rimane, non per scelta propria, escluso dal grande gioco economico globale.

Nel caos italiano il mercato non esiste, esiste la politica e l'interessa particolare. Esiste la demagogia e la bugia. Esistono i partiti che si sostituiscono al mercato, esistono i politici che pensano di saper far gli economisti o i business man, esistono i filosofi che stravolgono concetti di dominio mondiale, esiste il bigottismo quando ci torna utile, esiste l'indignazione pubblica, esiste il tirare a campare ed esistono le inchieste parlamentari in attesa che non si trovi un povero Cristo su cui concentrare l'attenzione e al quale far pagare per tutti.

Esistono gli scandali all'italiana, quelli che durano una settimana, esistono le crisi di governo che durano 3 giorni, esistono i capri espiatori e la strumentalizzazione a fini politici.

Quello che non esiste è cambiare le cose, presentare il conto ai responsabili. Quello che non esiste e la logica pura e semplice, il buon senso, il comune senso del pudore e della decenza.

In Parlamento, come in Banca, come nel Calcio.

Quando si va a finire male, ma male male proprio che non ci si può davvero più rialzare, allora si spalancano le porte di un salotto Tv.

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