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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 25 - 1 Ottobre 2007 | 0 commenti

I Nomadi di Gary Jennings

Lungo le strade poco battute della Virginia, si aggira un gruppo di nomadi circensi. E il 1865, la guerra di secessione americana si è appena conclusa, l'esercito confederato è ormai allo sbando quando due dei suoi uomini fanno l'incontro di un piccolo circo di saltimbanchi. Inizia così il lungo viaggio dei Nomadi, che dall'America li condurrà in Europa, sino alla lontana corte dello zar Alessandro.

Una perla della letteratura americana del 900, che ancora una volta conferma il genio di Gary Jennings, che fu giornalista, corrispondente di guerra, ma soprattutto insuperabile romanziere storico. L'amore per il dettaglio, la capacità di descrivere sin nei minimi particolari le realtà storico culturali di un'epoca, la maestria nel modulare la fredda voce di un assertore del reale che sempre appassiona e mai annoia il proprio lettore, fanno di ogni opera di Jennings un piccolo capolavoro. Ciò che ne risulta è l'illusione di aver vissuto nei suoi romanzi; di aver conosciuto, toccato, ammirato, i personaggi cui ha dato vita sulla pagina bianca, di aver viaggiato con loro, di aver amato e odiato insieme a loro.

Nomadi è la storia di un circo, delle sue usanze e superstizioni, dei rituali e delle tradizioni che lo accompagnano, ma è anche la storia di uomini e donne con le loro vicende personali, fatte di ambizioni, di amori e di piccole e grandi tragedie. Un mondo di lustrini, in cui le persone che lo abitano sono consapevoli di esercitare un'arte antica, capace di regalare sogni, se pur si esauriscono nel breve spazio di una sera.

All'interno dello chapiteau si consuma la parodia della vita: ognuno ha il suo ruolo, funamboli, trapezisti, domatori, acrobati, clown, ognuno la sua parte da recitare. Non esiste guerra o tragedia di alcun genere che possa fermare la grande macchina del circo, e se uno dei suoi ingranaggi si blocca, se uno dei suoi artisti si ferma, è solo per lasciare il posto ad un fiore di maggio, ad un artista nuovo.

Per i nomadi, l'intera esistenza è una Grand Promenade, e quando la morte farà visita al fondatore del loro circo, colui che per anni ne fu il direttore e l'emblema, Florian la accoglierà allargando le braccia verso il sole che nasce, come per salutare un'ultima volta con un caldo abbraccio, quella vita che fu il suo primo vero amore.

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