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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 39 - 16 Maggio 2008 | 0 commenti

Danubio

Già per Eraclito, il fiume e il suo incessante scorrere rappresentavano un enigma sull'identità, e sulla cristallizzazione spazio-temporale dell'istante. Lungo il fluire del Danubio, nel bellissimo scritto di Claudio Magris, si sovrappone all'irrisolta tematica greca, una perenne sfida alle diversità che si dispiegano lungo il suo corso.

Al contrario del Reno mistico custode della stirpe, il Danubio è il fiume di Vienna, di Bratislava, di Budapest, di Belgrado, della Dacia, il nastro che attraversa e cinge, come l'Oceano cingeva il mondo greco, l'Austria absburgica, della quale il mito e l'ideologia hanno fatto il simbolo di una koiné plurima e sovranazionale… Il Danubio è la Mitteleuropa tedesca-magiara-slava-romanza-ebraica, polemicamente contrapposta al Reich germanico, un' ecumene “internazionale”, come la celebrava Praga Johannes Urzidil, un mondo “dietro le nazioni”.

La molteplicità semantica a cui si presta un corso d'acqua che attraversa la mitteleuropea, è pressoché illimitata, e lo stile del lungo scritto, situabile in un limbo tra saggio e romanzo filosofico, sembra volerla ripercorrere: da Cèline a Mengele, passando per Napoleone ed Heidegger, l'autore segue con una strabiliante libertà espressiva, le orme degli attori storici che hanno passeggiato sulle rive limacciose del grande fiume.

Accanto ai personaggi celebri, si possono leggere in filigrana gli aneddoti e gli effimeri avvenimenti del quotidiano, quelli che per necessità empirica nessun libro di storia prenderà mai in considerazione, ma che s'inseriscono comunque in modo naturale nell'humus culturale che li sottende e li determina. Per compiere questo vastissimo esercizio letterario, la formazione filosofica dell'autore prende il sopravvento, ripercorrendo gli avvenimenti, come il viaggiatore esistenziale rincorre il Danubio: dalle sorgenti al Mar Nero.

Il sapere, mai nozionistico, che traspira in modo cristallino dalle 477 pagine che compongono il saggio, grazie ad una sorta d'ironia socratica, riesce ad avvolgere il lettore trasportandolo con leggerezza all'interno di avvenimenti totalmente sconosciuti o storicamente molto ostici.

Del resto, e non è un caso, l'ironia sembra essere l'unica forza rintracciata da Magris, capace di avvicinare la disarmante diversità di cui si compone la cultura mitteleuropea, e del fiume che la sfiora intersecando la storia di cinque paesi. Infatti, l'autore prima delle disamine storico-filosofiche, s'interroga sulla genesi del Danubio, narrando come incipit la disputa tra Furtwangen e Donauschingen, due paesi della Germania meridionale distanti tra loro all'incirca 35 km che insieme al torrentello chiamato Breg, si contendono la paternità del grande fiume. Spassosa è storicamente veritiera, è ovviamente la battaglia a suon di carte bollate e certificati, combattuta dal borghese dottor Oerlhein (proprietario del terreno in cui sgorga la Breg), contro le autorità di Donauschingen, il paesello ufficialmente accreditato come punto d'origine.

Nell'ormai lontano 1986, quando la prima edizione del libro fu stampata, l'unanime favore della cultura contemporanea non poté che prendere atto della nascita di un nuovo capolavoro dove ironia, sapere e amore per la cultura rappresentano una sorta di marchio d'autore.

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