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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 39 - 16 Maggio 2008 | 3 commenti

Fondi sovrani – chi sono e cosa vogliono

“Quando si tratta di soldi, siamo tutti della stessa religione.”
Voltaire
I fondi d'investimento sono tra i protagonisti dei mercati finanziari; raccolgono il denaro dei risparmiatori e lo impiegano in borsa. Ogni giorno muovono miliardi di euro senza che i media se ne occupino.
Ultimamente però la stampa economica ha dato risalto ad alcune importanti operazioni. Il fondo Abu Dhabi Investment Authority ha acquistato il 5% di Citigroup, la più grande banca del mondo. La China Investment Corporation ha comprato il 10% di Morgan Stanley, una celebre banca d'affari.
I fondi coinvolti fanno parte di una categoria particolare, quella dei fondi sovrani (sovereign wealth funds). Invece di raccogliere denaro dai risparmiatori, sono di proprietà degli stati (di solito paesi in via di sviluppo) e utilizzano soldi pubblici.
A prima vista, è sorprendente che paesi più poveri comprino le nostre aziende. Perché lo fanno? Perché li lasciano fare?
Innanzi tutto non è detto che i paesi poveri abbiano pochi soldi. L'abbondanza di risorse naturali garantisce loro un regolare flusso di guadagni, specialmente in periodi in cui i prezzi delle materie prime sono alti – come in questo momento. L'alta natalità della loro popolazione ne mantiene bassa l'età media; ciò permette di evitare che i soldi guadagnati siano spesi in pensioni e sanità. Questi risparmi sono perciò alla ricerca di impieghi redditizi.
Negli anni passati, i fondi sovrani si accontentavano di acquistare titoli di stato, per lo più americani. Questo tipo d'investimento assicurava un rendimento costante. Due fattori hanno però intaccato tale strategia: i tassi d'interesse si sono abbassati e il dollaro è sceso, rendendo i titoli americani meno profittevoli. Le azioni promettono invece un ritorno più elevato, soprattutto se acquistate con lo sconto da aziende in crisi.
Le difficoltà finanziarie di molte banche spiegano la calorosa accoglienza riservata ai nuovi acquirenti. Sultani e mandarini entrano nei consigli d'amministrazione delle compagnie con lo stesso agio con cui un ricco pretendente entrerebbe nella casa di una ragazza desiderosa di sistemarsi.
Se c'è qualche ostacolo alla libertà di movimento dei fondi sovrani, è politico. Vi sono molti esempi di investimenti stranieri bloccati dalle autorità locali. Quando la Dubai Port fece un'offerta per il porto di New York, si vide sbattere la porta in faccia.
Questo atteggiamento paternalistico della politica è comprensibile. C'è il timore, vero o presunto, che gli interessi di questi fondi non coincidano con quelli del paese che li ospita.
Come tutte le paure, anche quella dei fondi sovrani va superata. La libertà di cui godono ora gli sta procurando ingenti profitti. L'ultima cosa che questi fondi vogliono è dover buttare via tutto per colpa di una mossa impopolare. Cercheranno in tutti i modi di sembrare rassicuranti.
I pretendenti di una ragazza, per quanto ricchi, si sforzano sempre di piacere ai genitori.

3 Commenti

  1. caro Pippo grazie per 'interessante contributo.
    avrei un paio di domande:

    - è corretto dire che i sultani entrano nei cda? da quel che sapevo (e so poco) esiste un veto al diritto di voto nei cda, così che i fondi sovrani sono di fatto proprietari di asset stranieri, ma senza potere decisionale. ti risulta? e ti sembra giusto?

    - la seconda domanda è molto provocatoria..stiamo vedendo che la liberalizzazione e privatizzazione dei mercati sta aprendo le porte ai fondi degli stati stranieri..visto che il mercato è libero non sarebbe giusto impedire a questi agenti di parteciparvi solo perchè statali, in fondo la concorrenza è la concorrenza…nasce quindi il rischio che dopo il passaggio dal pubblico al privato si torni ad una nuova forma di nazionalizzazione in cui però la nazione proprietaria è straniera..due osservazioni quindi..se leggi statali faranno in modo che i fondi sovrani non possano mettere le mani sul 51% di imprese strategiche, che senso ha parlare di libero mercato?? in caso contrario, davanti al rischio che il libero mercato porti ad una vendita progressiva di assets a soggetti pubblici stranieri non sarebbe opportuno ripensare i pregi e limiti di questa ondata di liberalizzazioni…oggi in Italia si parla (soprattutto a sinistra e negli editoriali del corriere) si parla di libero mercato..nello stesso tempo nazioni liberali come Uk oo nuova zelanda stanno tornando a nazionalizzare settori strategici (in NZ i trasporti) o a parle di piani pubblici di investimento..domani sarà ancora conveniente cavalcare l'onda del liberismo ideologico??

  2. Grazie a te Stefano per le osservazioni sempre puntuali.

    - La tua precisazione è giusta. Spesso i fondi sovrani rinunciano al diritto di voto, ottenendo in cambio favori nella distribuzione dei dividendi. Mi sembra un contratto che avvantaggia entrambe le parti: noi teniamo “il potere”, loro si pigliano i soldi. Non ci vedo niente di male: anche il nostro codice civile prevede le azioni privilegiate, i cui proprietari non possono votare nelle assemblee ordinarie.

    - Rispondere alla tua seconda provocazione è difficilissimo! Io tendenzialmente sono pro mercato e pro liberalizzazioni, sarei però un ingenuo se non mi rendessi conto che lo scenario attuale richiede opinioni più sfumate.
    Esempio: Se noi facciamo di tutto per rispettare il mercato e la concorrenza, e poi arriva un fondo statale cinese e ci compra le aziende migliori, beh, forse abbiamo sbagliato.
    Per ora la situazione non è a questi livelli, e quindi ben vengano le iniezioni di capitali stranieri. Però il problema esiste e non ci possiamo abbandonare alle letture semplicistiche.

  3. grazie Pippo,
    condivido le tue opinioni. Rinunciare a settori strategici è già difficile in un contesto europeo (vedi il caso alitalia, montedison, gas de france,albertis e autostrade) figuriamoci con paesi come la Cina o il Qatar..sono queste decisioni puramente politiche che spesso si contrano con principi e teorie economiche..ecco che sulla carta libero mercato e privatizzazione sono più efficienti di monopoli pubblici..esiste però un limite al di la del quale si rischia un inversione dei ruoli..bisognerebbe capire dove sta questo limite e come non oltrepassando..dal 800 a oggi ondate di politiche protezioniste (nazionalizzazioni ma non solo) si alternino ciclicamente a periodi più liberisti..forse siamo ancora lontano dall'auspicato equilibrio.

    nel prossimo numero continueremo a parlare di questi temi generali, con un focus sul ruolo delle banche centrali..conoscendo la tua esperienza all'interno della BCE saresti più ch benvenuto a proporci con la tua maestale brevità qualche spunto inetressante di analisi

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