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Scritto da nel Il Mondo nel Pallone, Numero 39 - 16 Maggio 2008 | 0 commenti

Re Silvio IV

Adorare i piani ben riusciti è sentimento diffuso.

Due volte nella polvere, due volte sull'altare. E questa seconda non sarà l'ultima. Adesso i duri cominciano a giocare. In silenzio e con tenacia, nell'interesse del Paese, il Presidente sta affrontando il nuovo campionato.

300 milioni per Alitalia, forca caudina imposta al Romano sconfitto, che ha dovuto versarli a credito, e se ancora qualcuno si chiede dove abbia preso i soldi per avviare l'attività edile ormai più di 30 anni fa impari che cosa significa credito e si azzardi a ritenerlo mal riposto; 300 milioni per Rete 4 sull'etere terrestre, alla faccia dei decoder digitali e dellea diffusione delle nuove tecnologie. A questo punto, 30 milioni per Ronaldinho non servono più. La squadra è giovane, solida, bella e trendy.

La fantasia sulla trequarti si combina con il passo del campione, che con la palla lontana macina chilometri e quando la tocca mette a sedere tutti. Il brasiliano commercialista di Sondrio, Tremonti – Kakà all'Economia.

Davanti a tutti, in prima linea proiettato agli Esteri, un giovane che viene dalla gavetta, di ritorno dall'Europa dove inviato a farsi le ossa, uno degli ultimi provenienti dalle scuole politiche di una volta: Gilardino è Franco Frattini.

E dietro barricate. Un reparto arretrato folto ed arcigno, tanto da potersi permettere il lusso delle soubrette, della freschezza e del fascino di Mara Carfagna alle Pari Opportunità: perchè lei ce l'ha fatta.

Semplificazione affari semplici, estrazione denti del giudizio, ponti, magliette e tanto lavoro sul territorio: dott. Roberto Calderoli.

Il vecchio leone mai domo, colui che nei fumi dei pentoloni di polenta delle valli interpreta le budella profonde, Umberto Bossi combatte.

All'Ambiente un sincero in bocca al lupo alla selezionatissima e premiatissima Stefania Prestigiacomo, ne avrà bisogno.

In mezzo al campo non manca il metodista di Welfare e Lavoro, il preciso Sacconi, forgiato ed attrezzato da anni di gavetta e sottogoverno alle defatiganti trattative sindacali. Qualche guizzo non mancherà, qualche sburocratizzazone ce la aspettiamo.

Infine, Lui. Sembra davvero che, in campo, il presidente sia Filippo Inzaghi: immortale, sbuca quando serve e inzucca in fondo al sacco, padano cresciuto sul Po, stile Milan ma anche ex juve. Una svolta democristiana per la dirompenza socialista del Silvio imprenditore.

E così via. Chissà, forse, davvero questo governo potrà realizzare qualcosa di buono per l'Italia.

I grandi uomini politici in Italia, in effetti, affondano le ragioni delle proprie vittorie politiche in una personale elaborazione delle radici socialiste (sic!), da tutti e tre acquisite in epoche storiche differenti. 

Il primo reazionario (il nonno), confessionalizzatosi ma modernizzatore, finito in tragedia. Il socialismo massimalista del giovane Mussolini muore fascista.

Il secondo (il padre, orfano da ragazzo) appassionato e studioso, trionfatore ai Mondiali, aveva creduto di realizzare una politica di sviluppo infinita fondata sul credito verso il futuro in grado di alimentare una tumultuosa crescita del debito pubblico. Finita in farsa, a colpi di carte bollate, con l'amaro in bocca e il passaporto in tasca.

Ed ora, et voila, si alzi il sipario. Adesso all'Italia spetta la cura che ha vinto le elezioni. La ricetta no global di Tremonti, il voto operaio alla Lega da un lato contro l'impoverimento del Paese dall'altro.

Con chiarezza ed equilibrio, re Silvio IV non si azzarda verso la Corona di Re Giorgio I. Si immaginerà con bramosia a guardarlo, immedesimandosi forse nello Zio Bettino quando, nella medesima situazione, di fronte a sè aveva il caro vecchio Sandro Pertini.

A Lei la palla, Presidente, a Lei il calcio d'inizio. Poi corra verso l'area avversaria e si acquatti: regali qualcosa anche a noi, ci faccia divertire.

In fondo siamo ormai certi che l'ancora lontano Suo funerale vedrà gli onori da tributare ad un Santo. Chi, come me, con puntiglio e tenacia siederà politicamente tra i banchi della minoranza le augura di tutto cuore una lunga vita e tanti e e più successi di quelli che abbia già raggiunti con il Suo lavoro. Adesso, in effetti, siamo soci.

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