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Scritto da nel Arte e Spettacolo, Numero 58 - 1 Aprile 2009 | 0 commenti

Museo parrocchiale di Monghidoro

Il nostro viaggio nei musei dei comuni delle nostre valli, iniziato a Piamaggio nel n. 2 dell'Arengo, proseguito successivamente a Pianoro, Grizzana Morandi e Sasso Marconi, ritorna a Monghidoro, questa volta nel capoluogo, per visitare il complesso della Chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta erede di quella che nel 1806 sostituì la Chiesa di San Michele, l'antica pieve di Monghidoro; l'edificio ottocentesco fu pesantemente restaurato e ampliato alla metà del secolo XIX dall'ing. Ulisse Montanari e in seguito dotato di un alto campanile. Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale la chiesa, danneggiata dai bombardamenti, fu prima completamente demolita e poi ricostruita nella sede attuale, secondo il progetto dell'architetto Vignali: il complesso fu poi completato dal campanile solamente nel 1991.
Della vecchia chiesa oggi, oltre all'immagine nelle cartoline d'epoca, rimane soltanto una traccia del perimetro sulla strada che chiude il fondo di piazza Ramazzotti. Nel museo in esame si trova una foto del campanile bombardato e una pregevole riproduzione ottocentesca in paglia, elemento fondamentale nell'economia monghidorese dell'epoca, della facciata della chiesa realizzata da un frate.
L'insediamento attuale ospita, all'interno della Sala don Bosco, una piccola raccolta di Arte Sacra, censita dalla provincia come Museo delle arti in Appennino: sono presenti numerosi oggetti di arte devozionale, paramenti sacri e suppellettili legate alle celebrazioni liturgiche. Tra queste si segnalano due preziosi ostensori, candelabri, notevoli manufatti in ceramica, preziosi reliquiarî, piccoli bassorilievi, una raccolta di messali e numerose altre opere di carattere religioso.
Di particolare rilievo è il dipinto, attualmente sopra l'entrata della chiesa, in posizione in verità poco fruibile, realizzato nel 1685 dal pittore Giovanni Antonio Burrini raffigurante la Vergine immacolata e i Santi Petronio e Dionigi areopagita. La pala raffigura la Madonna in gloria fra gli angeli, con sopra al capo la colomba dello Spirito Santo, mentre col piede sulla falce di luna schiaccia il serpente, in basso in adorazione i santi Petronio, vescovo di Bologna, e Dionigi, vescovo di Parigi; il quadro si merita una citazione nella prestigiosa Guida rossa del TCI.
Sorge l'interesse di sapere maggiori informazioni su questo artista che ha lasciato una sua preziosa opera dal 1949 nei nostri monti. Giovanni Antonio Burrini (Bologna, 1656-1727) fu uno dei maggiori pittori bolognesi fra Sei e Settecento, capace di fondere le influenze classiciste e barocche assorbite dallo studio degli affreschi carracceschi in palazzo Fava e dall'insegnamento degli ultimi maestri ancora sulla scena (Canuti, Pasinelli, Cignani, Franceschini) con il cromatismo “veneto” delle opere di Tiziano, Tintoretto e Paolo Veronese conosciute grazie al mecenatismo del gentiluomo bolognese Giulio Cesare Venenti. Molteplici le esperienze figurative dell'artista, suddivise tra la realizzazione di opere decorative di grande successo – gli affreschi di palazzo Ratta, del cortile dell'Archiginnasio, della Villa Albergati a Zola Predosa (1681-1684), della chiesa dei Celestini, di Palazzo Pubblico e di Palazzo Alamandini e delle pale d'altare dai sorprendenti esiti cromatici per la collegiata di Mirandola, la chiesa di San Giacomo a Bologna e quella di Sant' Eufemia a Ravenna, che rappresenta il martirio della santa e sovrasta l'ingresso dei meravigliosi mosaici della Domus dei tappeti di pietra.
In chiesa segnalo anche l'olio su rame di Iacopo Alessandro Calvi detto il Sordino (Bologna 1740-1815), rappresentante la Madonna in trono col bambino, la Via crucis recente di stile robbianesco e il mosaico policromo ravennate del 1959 raffigurante la Deposizione.
Ritornando al museo segnalo il bassorilievo in arenaria policroma di anonimo scultore emiliano del XVI secolo raffigurante Cristo deposto tra la Madonna, Maria Maddalena e Nicodemo (proveniente dalla chiesa dei Santi Pietro e Donati di Lognola).
Per concludere, come posso non citare il quadretto, di anonimo emiliano del XIX secolo e la statuetta lignea rappresentanti san Leonardo da Porto Maurizio (attuale Imperia, non lontana dalla mia Savona), che, partendo dalla Liguria come me, è giunto fino al nostro Appennino?
Il museo, privo di barriere architettoniche, è aperto nei giorni festivi e a richiesta in quelli feriali con ingresso gratuito. Per informazioni ci si può rivolgere al tel. 051-6555539.

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