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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 67 - 1 Marzo 2010 | 1 commento

L'altro carcere di Kiran Bedi



Il 6 febbraio siamo stati alla presentazione del libro di Massimo Ballone, “Responsabilizzazione e Presa di coscienza della pena”, presso la libreria Irnerio, nell'omonima via di Bologna. Su Wikipedia Massimo Ballone viene descritto così: criminale, criminologo e scrittore italiano. La sua è una storia interessante, ma non è di lui che vogliamo parlare… alla presentazione abbiamo notato la strana presenza di un prete che moderava e 'appoggiava' il libro del rapinatore di banche. A  lui abbiamo chiesto un contributo sulla figura di Kiran Bedi, fondamentale per capire il libro di Ballone e, a detta del prete, per rifondare alle radici il dibattito sul carcere oggi".
REdazione

 

Mi è stato chiesto di parlare di Kiran Bedi, Ispettore Generale del carcere di Nuova Delhi tra il 1993 e il 1995. L’ho conosciuta quest’estate attraverso il suo libro, LA COSCIENZA DI SE’, (le carceri trasformate/ il crollo della recidiva), Giuffre’ Editore (2001). Me lo ha indicato Massimo Ballone e ricordo la fatica nel cercare questo testo tra il caldo afoso di Bologna. A me pare di aver trovato un piccolo tesoro. Quasi assomigliando allo studente che vuole ottenere il massimo risultato col minimo sforzo, vi propongo ora alcune citazioni del suddetto libro. Come disse Martin Buber introducendo il suo libro sui Hassidim, “a una rapida lettura è preferibile la non lettura”.

·         Quando arrivai, nel maggio del 1993, ci eravamo prefissi lo scopo di trasformare il carcere in un ashram, cioè un’istituzione che promuove la pratica dell’introspezione in tutti coloro che la compongono, manager compresi. La mia personale convinzione che ci sono delle mansioni che non rappresentano solo un lavoro qualsiasi, ma sono una vera e propria missione per costruire il futuro, ne uscì più che mai rafforzata.
·         Quando iniziai a lavorare a Tihar mi sentii personalmente responsabile del fatto che dovevo gestire il tempo dei detenuti.
·         Da quando è diventata, due mesi addietro, Ispettore Generale del carcere di Tihar a Delhi, la più grande prigione di tutta l’Asia, con più di ottomila detenuti, Tihar si è trasformata di fatto in un ashram (luogo di preghiera).
·         Ognuno di noi, non importa chi o che cosa sia, è un prodotto del modo in cui si impiega il proprio tempo.
·         I detenuti che avevano già un diploma vennero spinti ad assumersi la responsabilità di insegnanti nei confronti dei loro compagni meno istruiti.
·         Il Dr Sethi cura i tossicodipendenti con lo sport e giocando con loro.
·         Si può solo concludere che ostilità e angoscia sono due facce della stessa medaglia: basta instaurare un rapporto umano e perfino i criminali più incalliti riusciranno a rendersi conto delle conseguenze delle proprie azioni.
·         Il complesso del carcere è stato dichiarato zona non fumatori.
·         Tutto questo implica necessariamente che, per dare il buon esempio, anche il personale del carcere, dovrà astenersi dal fumare.
·         OM PRAKASH BAIRWA: “Sono diventato un vero credente in Dio; non mi vendicherò di nessuno; la mia mente ora è piena di compassione (karma) e di benevolenza (maitri)”.
·         Credo fermamente che l’Occidente potrebbe trarre beneficio dal metodo vipassana,( antica tecnica laica di meditazione indiana, il cui scopo principale è la purificazione della mente) per adottare misure correttive e riforme delle carceri…
·         Potemmo così intraprendere una serie di riforme di carattere correttivo, quali la terapia yoga, la preghiera, e la meditazione in comune (vipassana)
·         UNA DETENUTA: ”Chi mai verrebbe a vedere il nostro lavoro? Il mondo fuori ti dimentica molto in fretta, una volta che sei qui”
·         Finalmente i mass-media svolsero il ruolo vitale di “cani da guardia”, impegnati a dar voce e risonanza alla folla dei muti
·         Per far sì che l’offensore imboccasse la strada della “riparazione” ci voleva l’ambiente adatto: un ambiente interno che favorisse l’introspezione, e uno esterno che gli concedesse un’altra possibilità

Quasi con arroganza e con la possibilità di essere accusato poi di proselitismo mi permetto di lasciare il mio numero di telefono cellulare (3383585073), caso mai ci fosse qualcuno che volesse confrontarsi col sottoscritto sulla grande questione della pace del cuore e della preghiera. I grandi della storia (per es. Julius Nyerere, Gandhi, K. Bedi) hanno fatto di una vita interiore profonda non solo la sorgente della loro vitalità, ma pure la dimensione abituale della loro lotta. A proposito Gandhi diceva: “Preghiera non significa supplicare Dio per la felicità terrena o per cose che favoriscono gli interessi di qualcuno; è l’urlo più sincero dell’anima angosciata. La preghiera non può non influenzare l’intero mondo e non può non essere udita nella corte divina”. Quando si affronta il tema delle carceri in Italia questa dimensione non la si sfiora nemmeno con un dito.

 


Don Massimiliano Burgin
(
Parroco di Tivoli di San Giovanni in Persiceto)

1 Commento

  1. carissimo padre don massimiliano, spero che lei si ricordi di me, sono giovanni gelsomino, sono a casa x sempre a napoli, ho terminato la misura che avevo da scontare, anche se oggi sono sottoposto all'obbligo della libertà vigilata, la missione in quei luoghi è terminata, e ringrazio dio di avermi fatto tornare a casa, sarebbe mio vivo desiderio contattarla, vi lascio il mio recapito tel. se volesse contattarmi, 3421908152, saluti vivissimi………gianni

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