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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 69 - 1 Maggio 2010 | 0 commenti

La costruzione del nemico

La costruzione del nemico

Scrissi quest'articolo quasi due anni fa, a giugno 2008, in seguito a una lectio magistralis di Umberto Eco sul tema della "costruzione del nemico". Un mese prima c'erano state le elezioni legislative che avevano visto Berlusconi tornare al potere per la terza volta e un successo inaspettato della Lega Nord. Era l'inizio di qualcosa che allora non potevamo nemmeno immaginare: reato di immigrazione clandestina, respingimento degli immigrati provenienti dalla Libia, schedatura della popolazione Rom, l'applicazione a livello locale di misure discriminanti nei confronti dei non-italiani e fatti vergognosi come l'operazione "White Christmas", la rivolta di Rosarno, i fatti di Napoli, etc. etc. Considerando il tema di questo numero ho  ritenuto opportuno riproporlo.

A.V.

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Il 15 Maggio scorso, in occasione del ciclo di incontri “Elogio della politica” diretto dal professor Ivano Dionigi, si è tenuta la lezione magistrale di Umberto Eco sul tema “La costruzione del nemico”.

 
Il discorso pronunciato da Eco è stato un breve viaggio letterario nel fiume della Storia in cui ha mostrato a chi lo ascoltava la varietà di nemici creati dalla società occidentale.
L’uomo per sua natura ha bisogno di un nemico. Il nemico è diverso da noi e si comporta secondo costumi che non sono i nostri. Il nemico è brutto, perché la bellezza è sinonimo di bontà, e il nemico è cattivo. Il nemico puzza: puzzava il bizantino secondo gli antichi romani e puzzava il saraceno secondo i crociati cristiani e secondo un cronista francese della Prima Guerra Mondiale i soldati tedeschi producevano più materia fecale e di odore più sgradevole rispetto ai suoi compatrioti (forse a causa dei crauti?!).
 
Ebrei, pagani, zingari, lebbrosi, prostitute, saraceni, eretici, donne, streghe, immigrati, rom. La nostra storia è stata, è, e sarà sempre piena di nemici. Una leva sopra cui costruire le nostre identità personali e nazionali.
 
L’esposizione di Umberto Eco ha avuto un particolare sapore nel momento in cui veniva pronunciata. Nel paese aveva inizio quella stigmatizzazione dell’immigrato che si configurava come la causa di tutti i mali, il capro espiatorio. Tutti, indiscriminatamente. Anche se al livello legislativo non ha ancora trovato pieno compimento, qualcosa è cambiato nella mente delle persone. E’ possibile respirarlo per strada, sentirlo nei discorsi al bar o nei commenti sull’autobus. Secondo Eco, questa è “la reazione di una società, che travolta in un processo di trasformazione anche etnica, non riesce più a riconoscersi”. Io non sono d’accordo. Credo che non ci sia questo grado di consapevolezza. Credo che questa sia la reazione di una cultura bigotta limitata ai propri confini nazionali e personali, che non conosce altro mondo se non il proprio. Un popolo ignorante che non ha saputo raccogliere l’esperienza di tanti compatrioti che durante il secolo scorso sono stati a loro volta immigrati e che hanno subito le stesse vessazioni.
 
Ma prima di giungere a facili condanne nei confronti di chi costruisce nemici, è necessario fare un passo indietro a guardare dentro di noi. Io stesso, scrivendo quello che ho appena scritto, ho individuato, in chi partecipa a questo processo pubblico contro l’immigrato, un nemico. Del nemico non si può fare a meno. Eco, arrivato a questa conclusione, si chiede: “L’etica è dunque impotente di fronte al bisogno ancestrale di avere nemici?”. La risposta che propone è saggia, ma per sua stessa ammissione, poco reale: “l’istanza etica sopravviene non quando si finge che non ci siano nemici, bensì quando si cerca di capirli, di mettersi nei loro panni”. “Cercare di capire l’altro significa distruggerne il cliché, senza negarne o cancellarne l’alterità. Ma siamo realisti. Queste forme di comprensione del nemico sono proprie dei poeti, dei santi, o dei traditori. Le nostre pulsioni più profonde sono di tutt’altro ordine”. Sarà vero?
 
 
 
Il testo integrale dell’intervento è affiancato alla poesia del pastore anti-nazista Martin Niemöller:
 
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
 e fui contento perchè rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto perchè mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali
e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti
ed io non dissi niente perchè non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me
e non c’era rimasto nessuno a protestare

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