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Scritto da nel Internazionale, Numero 70 - 1 Giugno 2010 | 0 commenti

I Balcani in Europa

Il 25 giugno 1991 il Parlamento sloveno si riunì per discutere e votare l’indipendenza dalla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia; contemporaneamente la Croazia si dichiarava indipendente. In un istante, la creatura del Maresciallo Tito si sbriciolò rovinosamente, facendo cadere la regione balcanica nel caos, dando inizio al primo conflitto sul territorio europeo dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Alla Guerra dei 10 giorni in Slovenia seguirono la guerra in Croazia (1991-1995), in Bosnia-Erzegovina (1992-1995) e Kosovo (1996-1999). Lo stabile equilibrio etnico mantenuto nei decenni da Tito e dall’ideologia socialista anti-stalinista, degenerò in vendette, genocidi e crimini di guerra, sconvolgendo l’area e dando vita a nuove entità nazionali.
Oggi lo scenario è ben diverso, con tutta la regione balcanica proiettata verso l’Europa. Il territorio un tempo occupato dalla Jugoslavia è diviso tra 7 stati: Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro, Kosovo e Macedonia. Fatta eccezione per la Slovenia, già membro dell’Unione, gli altri paesi ambiscono all’ingresso. Croazia e Macedonia sono formalmente candidate, mentre Bosnia, Serbia e Montenegro sono ancora potenziali candidati; discorso a parte per il Kosovo attualmente sotto protettorato UE.

Vediamo brevemente la condizione di ogni singolo stato secondo il Rapporto 2009 della Commissione, che ha preso in considerazione i seguenti aspetti: democrazia e stato di diritto, diritti umani e rispetto delle minoranze, questioni regionali e obblighi internazionali, economia, giustizia e sicurezza.

-Croazia-
L’ingresso della Croazia nell’Unione è previsto nel 2012; l’ultimo scoglio all’adesione era rappresentato da un’incomprensibile controversia territoriale con la Slovenia per la Baia di Pirano. Le conclusioni della Commissione al Parlamento europeo hanno rilevato i progressi compiuti in ogni settore, in particolare nello stato di diritto, con un rafforzamento della democrazia. Riforma giudiziaria e amministrativa procedono ancora a rilento e necessitano di una nuova spinta; si riscontrano ancora carenze nella lotta alla corruzione e tutela dei diritti delle minoranze.
Per quanto riguarda gli obblighi internazionali si è riscontrata una positiva collaborazione col Tribunale Internazionale de L’Aja, anche se non sufficiente a causa della difficoltà da parte dell’ICTY nell’accedere a importanti documenti croati.
Nel complesso la Commissione ha comunque ritenuto “le priorità del partenariato per l’adesione ampiamente affrontate”.

-Macedonia-
La Macedonia ha ricevuto il rapporto più lusinghiero da parte della Commissione. Si è riscontrato un forte miglioramento nel dialogo politico: le elezioni del 2009 si sono svolte in un clima ottimale e nel rispetto delle raccomandazioni degli osservatori OSCE. Le riforme della pubblica amministrazione, polizia e magistratura sono state ampiamente affrontate assieme alla guerra alla corruzione. I criteri politici sono soddisfatti.
Dal punto di vista economico il paese si è dotato di un’economia di mercato funzionante, sono però ancora necessarie riforme strutturali.
L’ultimo scoglio sembra riguardi l’irrisolvibile diatriba con la Grecia che rivendica la sovranità sul nome “Macedonia” per la propria regione settentrionale. La Commissione utilizza ancora il nome provvisorio di Ex repubblica jugoslava di Macedonia con cui il paese è riconosciuto a livello internazionale. I negoziati tra i due contendenti vengono gestiti dalle Nazioni Unite.

-Bosnia Erzegovina-
La situazione in Bosnia è critica: negli ultimi anni la sua condizione è degenerata sotto ogni aspetto allontanandola da una candidatura formale. Le tensioni tra le tre comunità etniche – Serbi, Croati e Musulmani – si sono riacutizzate, separando ulteriormente la Repubblica srpska (serba) dalla Federazione croato-musulmana.
In base a quanto previsto dagli accordi di Dayton/Parigi, i requisiti elencati nell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione (ASA) del 2008 prevedono una seria e profonda riforma costituzionale, la riforma delle forze di polizia a garanzia della sicurezza interna, il risanamento economico da attuarsi attraverso privatizzazioni. Nonostante gli stimoli dell’Unione, le riforme necessarie per rispettare i requisiti previsti non sono state affrontate efficacemente. Manca consenso e volontà politica per l’avvio di un effettivo e autonomo cambiamento, con pochi progressi verso un’economia di mercato funzionante.
Ma soprattutto, lo status di semiprotettorato, sotto il controllo dell’Ufficio dell’Alto Rappresentate (OHR) della comunità internazionale, rende il paese attualmente incompatibile all’ingresso nell’Unione.

-Serbia-
La Serbia vede nel Governo Berlusconi il maggiore alleato, ma nell’Olanda il peggior nemico. Quest’ultima rimane fortemente condizionata dalla latitanza dei due criminali di guerra Ratko Mladic e Goran Hadžić, nonostante la collaborazione del Governo (europeista) serbo col Tribunale de L’Aja.
Si è osservato un positivo lavoro da parte del Governo nell’avvicinare il paese all’UE, consolidando democrazia e stato di diritto. La tutela delle minoranze e i diritti civili e politici sono garantiti. L’ultima barriera è rappresentata dall’ovvia ostilità della Serbia nei confronti del Kosovo; la Commissione auspica un atteggiamento più conciliante.

-Montenegro-
Affinché la domanda all’adesione presentata nel 2008 abbia un seguito, il Montenegro deve lavorare soprattutto su corruzione e sull’implementazione delle capacità amministrative. “Il Parlamento ha bisogno di rafforzare considerevolmente la propria efficacia in quanto organo legislativo”. Le elezioni di marzo 2009 sono comunque state un successo, con il rispetto dei parametri imposti da OSCE e Consiglio d’Europa.

-Kosovo-
La posizione del più giovane degli stati balcanici è a dir poco difficile. Il primo ostacolo alla candidatura è rappresentato dall’ostilità di Spagna, Cipro, Grecia, Slovacchia e Romania che ne rifiutano il riconoscimento.
Nonostante i progressi riconosciuti nei vari campi, rimangono lacune nella garanzia dello stato di diritto. Inoltre, le ostilità nei confronti della minoranza serba da una parte, e la reticenza da parte di questa ultima a partecipare attivamente alla vita politico-istituzionale d
i Pristina dall’altra, rappresentano un grave problema nel proseguire il percorso europeo.

Vista la complessità dell’area ed eterogeneità etnica presente anche nei singoli stati, i progressi compiuti sono comunque complessivamente positivi. Nonostante l’obiettivo per questi stati sia l’Europa, il maggiore e più influente protagonista dell’area è rappresentato dagli Stati Uniti. Non è un mistero che la NATO, dopo aver assimilato Slovenia e Croazia, sia intenta a corteggiare gli altri stati. Già avviati i trattati di pre-adesione con Macedonia e Montenegro, incluse nel Membership Action Plan (MAP), mentre Bosnia e Serbia si trovano ancora nel preliminare Intensified Dialogue.
In questo contesto la posizione dell’Europa risulta spesso scomoda: in particolare in Bosnia, dove, come visto, ci sono minacce all’integrità territoriale, il grado di influenza dell’UE è marginale, lasciando, di fatto, potere decisionale a Washington.

Rapporto 2009 Commissione >>>

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