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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 70 - 1 Giugno 2010 | 2 commenti

Richiami dal Baltico

Sembra passato un secolo per l'Estonia, ma in realtà sono solo ventidue gli anni trascorsi dalla pacifica rivoluzione del canto con la quale la popolazione locale chiese il riconoscimento della propria indipendenza per la prima volta dall'invasione tedesca della seconda guerra mondiale e dalla successiva dominazione sovietica durante la guerra fredda. L'Estonia, che con i suoi 1,4 milioni di abitanti e un PIL pro capite pari al 62,1% dell'area euro (2008) costituisce la più piccola e anche la più ricca delle tre repubbliche baltiche, in questi ventidue anni è cambiata radicalmente. Il recente ok, datato Maggio 2010, della Commissione Europea e della Banca Centrale Europea per il suo ingresso nell'euro nel 2011 è, infatti, solo l'ultimo passo verso la sua completa integrazione nell'Unione Europea (ingresso nel 2004) e nel mondo occidentale.

Spesso confusa con la Russia, l'Estonia presenta in realtà una propria etnia che è molto più vicina alla rettitudine scandinava piuttosto che al tradizionale lassismo sovietico, e il percorso da essa intrapreso in campo economico lo dimostra appieno. Dal punto di vista fiscale, infatti, l'Estonia dovrebbe costituire l'invidia di tutta l'Unione Europea: Nonostante l'attuale recessione che, tra l'altro, ha causato una contrazione del 14,1% del PIL nel solo anno 2009 e ha portato il tasso di disoccupazione al 15,5%, il deficit di bilancio è previsto assestarsi al 2,4% del PIL nel 2010, mentre il debito pubblico dovrebbe salire a un modesto 9,4% del PIL. Entrambi questi valori sono ben inferiori ai livelli allarmanti dei cosiddetti paesi periferici dell'Unione che hanno scatenato la recente crisi dell'euro, ma sono anche inferiori a quelli di un paese come la Germania che è spesso preso a modello di rigorosità, oltre ad essere chiaramente al di sotto dei parametri dell'ormai antiquato Patto di Stabilità e di Crescita (3% deficit/PIL e 60% debito/PIL).

La brillante performance fiscale dell'Estonia è stata resa possibile dall'impostazione neo-liberista del proprio sistema economico. Durante i primi anni novanta, quando l'Estonia ottenne l'indipendenza, infatti, le teorie della scuola di Chicago erano all'apice della loro popolarità, sulla scia, anche, dei buoni risultati raggiunti dai governi Thatcher e Reagan in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Questo fattore, insieme a una chiara volontà di liberarsi del proprio passato comunista e di iniziare i negoziati per l'accesso all'Unione Europea, spinse i primi governi della neo-repubblica estone ad adottare politiche fiscali conservative, caratterizzate da bassi livelli di spesa pubblica e da un sistema di tassazione mirante a creare un paese competitivo, capace di attrarre quei capitali stranieri considerati necessari per il perseguimento di un rapido sviluppo economico. Effettivamente, l'alto grado di apertura dell'economia estone, una bassa aliquota sul reddito d'impresa e una politica monetaria affidabile hanno contribuito ad alimentare l'ingente afflusso di capitali stranieri che ha consentito all'Estonia di potersi vantare dell'economia in più rapida espansione di tutta l'UE, con picchi di aumento annuo del PIL nell'ordine del 10% nel 2000 e 2006.

Il rapido sviluppo economico ha creato una classe media urbana, giovane e dinamica, che non ha nulla da invidiare a quella dei maggiori paesi industrializzati, ma ha anche causato delle distorsioni evidenti nel sistema economico. Il grande afflusso di capitali e l'ancoraggio della valuta locale all'euro hanno spinto i tassi d'interesse a scendere a dei livelli pericolosamente bassi. L'aspettativa che il boom economico potesse durare all'infinito ha fatto poi il resto. Il risultato finale è stato una bolla immobiliare paragonabile a quella della Spagna, che è scoppiata con la crisi finanziaria globale. Inoltre l'Estonia ha anche accusato gli effetti del fenomeno Balassa-Samuelson, tipico dei paesi in fase di convergenza economica, che, giocando sulle complessità del mercato del lavoro, ha portato i salari a crescere molto più della produttività. La competitività commerciale derivante dalla bassa tassazione è andata, così, gradualmente erodendosi, portando il debito estero a crescere dal 52,5% al 126,8% del PIL in appena dieci anni, dal 2000 al 2009. In questo stesso periodo il tasso d'inflazione è stato molto superiore al valore massimo consentito dal Patto di Stabilità e di Crescita per l'accesso alla moneta unica.

La fase di profonda recessione in cui l'Estonia è entrata in seguito alla crisi finanziaria globale ha, però, causato un brusco stop al trend inflazionistico, consentendo così alla piccola repubblica del baltico di essere in regola con tutti i requisiti necessari per l'ingresso nell'euro. Questi prevedono un tasso d'inflazione non superiore allo 0,5% della media dei tre Stati Membri con il valore più basso di tutta l'UE, un deficit di bilancio inferiore al 3% del PIL, un debito pubblico inferiore al 60% del PIL, la stabilità del tasso di cambio con l'euro negli ultimi due anni e tassi d'interesse a lungo termine non superiori al 2% della media dei tre Stati Membri con più bassa inflazione.

Alla luce dell'attuale crisi dell'Euro, i cosiddetti criteri convergenza saranno probabilmente modificati, nel quadro più generale di una revisione dell'intero Patto di Stabilità e di Crescita, rivelatosi non sufficiente a garantire proprio quella stabilità di cui si voleva far garante. Ciò che più conta, però, è che, con la loro decisione di entrare nell'area euro, le autorità estoni hanno dimostrato un'estrema fiducia nel futuro della moneta unica. Impegnandosi a parteciparvi, infatti, l'Estonia rinuncia definitivamente all'autonomia della politica monetaria, che avrebbe invece potuto usare per porre rimedio agli squilibri formatosi negli anni del boom economico. Di conseguenza, questi stessi squilibri economici dovranno essere curati con la sola politica fiscale che, per riportare il paese sulla via della competitività, dovrà essere particolarmente restrittiva, con il rischio di richiedere ingenti sacrifici alla popolazione locale, soprattutto alle sue fasce più deboli.

È evidente che il processo di convergenza dei dodici nuovi Stati Membri entrati nell'UE nel 2004 e 2008 non è stato lineare come ci si sarebbe potuti attendere. Ed è anche evidente che tutto il meccanismo previsto dal Trattato di Maastricht dovrà essere rivisto. Ma l'Estonia, nonostante tutte le difficoltà, ha deciso di accettare quella che, ad oggi, si può definire un'autentica scommessa: l'ingresso nell'euro. Solo il tempo potrà dirci se l'Unione Europea saprà degnamente ripagarla.

FONTE DATI ECONOMICI: CONVERGENCE REPORT MAY 2010, EUROPEAN CENTRAL BANK

2 Commenti

  1. Grande Gabri!!
    deciso e preciso come sempre..con tanto di riferimento al balassa-samuelson: Rovelli docet!!!

  2. bell'articolo gab complimenti

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