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Scritto da nel Numero 77 - 1 Marzo 2011, Politica | 0 commenti

Chi è senza vergogna scagli la prima pietra

In politica la vergogna non esiste.
Ogni gesto politico implica di per sè la responsabilità del soggetto che lo compie, dipende da ragioni fattuali e da scelte adulte. Quello che si immagina è che, per un principio di coerenza personale, un personaggio politico non debba avere ragioni di vergogna neppure per i propri comportamenti personali: in questo senso, si può indurre che un personaggio di governo che non rivendichi coerentemente i propri comportamenti personali manchi della caratteristica di essere un personaggio politico a tutto tondo, ma si limiti a svolgere la politica come lavoro.

Al di là delle vicende personali, sono diversi gli effetti per un sistema politico che accetta di vergognarsi.
La vergogna è un sentimento che, per ragioni dipendenti dai giudizi personali di altri individui, impone ad un soggetto di colpevolizzare se stesso. Quando ci vergogniamo, limitiamo la nostra libertà di comportamento, scelta e giudizio per sottostare ad un sentimento comune. Tale sentimento provoca dolore e fastidio nella vita quotidiana, ma nella politica ha effetti ben evidenti: essi dipendono dal fatto che la vergogna richiede l'ammissione da parte del soggetto che la prova e riguardano sia la percezione che l'esercizio del potere.

Il potere non può vergognarsi, a meno di abidicare alla propria sovranità.
E qui si collocano diverse tematiche che riguardano la politica nel tempo dei mass-media globali e di Wikileaks, costrette a confrontarsi con i giudizi anche irrazionali dell'opinione pubblica: la politica che si vergogna rappresenta un potere non assoluto, limitato dai contropoteri che possono segnalare comportamenti da biasimare. Se da un lato questo pare positivo per rinforzare i poteri di controllo dei cittadini, per altro verso esso può rivelarsi sconveniente per le forze riformiste.

Un sentimento come quello della vergogna spinge i comportamenti ad uniformarsi a quelli tradizionali: era una vergogna che quei poveracci dei lavoratori avessero accesso ai luoghi del potere, così come lo era per i negri in Sud Africa, o lo è per le caste inferiori in India. Non è diverso il caso della vergogna che certe culture impongono alle famiglie quando una ragazza membro subisce violenza. D'altro canto, rende conveniente al potere di non essere trasparente: perchè mai ammettere comportamenti che potrebbero essere biasimati, quando è possibile nasconderli?
Insomma, consegnare il controllo sociale ai sentimenti tradizionali è una feroce palla al piede per chi desidera invece porre al centro del sistema la libertà individuale. Questo quando il sistema si autovincola.
Quando esso invece viene colto in fallo, quella che viene meno è la sua sovranità. Anche in questo senso, le democrazie diventano più fragili rispetto ai sistemi totalitari, impermeabili a sollecitazioni esterne.

Per concludere, l'esempio calzante è quello della politica italiana.
Nel 1992 il Parlamento si è 'vergognato' delle sue prerogative di immunità, e le ha ridotte. E' stato spazzato via.
La Seconda Repubblica davanti ai teleschermi si vergogna e smentisce tutto, impedendo una battaglia positiva sulle libertà personali e assecondando gli istinti più tradizionalisti, mentre davanti alla legge si ritira ipocritamente nella sua più totale impermeabilità.

In politica la vergogna non esiste, ma l'ipocrisia purtroppo sì.

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