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Scritto da nel Bologna, Numero 77 - 1 Marzo 2011 | 1 commento

Dino

Dino

Ricorre in questi giorni il quarto anniversario della morte di un nostro concittadino che ha reso celebre il dialetto bolognese con le sue canzoni. Non solo con le sue canzoni, ma anche con le sue storie inventate e recitate in vernacolo e con le sue traduzioni, nel nostro dialetto delle più belle canzoni francesi da Bécaud ad Aznavour, da Brassins a Brel. Nessuno aveva mai fatto cose simili.



“Me a dégh che al séndick l'è dvintè màt: fèr un spetàcuel propri incû che a Bulagna a gni è inciòn!”. Si esprimevano così i bolognesi del 14 agosto 1975 che avevano appreso la notizia dello spettacolo che Dino Sarti avrebbe tenuto proprio quella sera, in Piazza Maggiore! Ma erano in tanti, ed a ragione, a credere nel successo di quella serata, e fra i tanti, il Sindaco Zangheri che, quando al “Club 37”, luogo sacro alla “crema” di Bologna, vide le prestazioni di cui l'artista era capace, non esitò a manifestargli quell'idea che nel tempo divenne un mito. Narrava con profonda emozione, Dino, di quella sera. Lo spettacolo era fissato per le nove e quindici. Lui alla stazione prese un taxi alle nove, urlando: “Presto, in Piazza Maggiore!”. Il driver non si voltò nemmeno, per far presto, ma dopo averlo caricato gli disse: “ Lei è forestiero, vero?” “Perché?” fece Dino. “Perché in piàza Mazàur da st'oura che què aiè un sgumbej ed zaint c'fa pôra, un quèll mai vèst in chi dè què, stasera canta Dino Sarti, non lo sapeva? Bona grazia se la lascio a metà di Via Indipendenza” Forse neanche lui si aspettava un simile successo: quarantamila persone, uno stadio! Italo Cucci, allora giornalista del Carlino ed Ettore Mo, inviato del Corriere della Sera, sorpresi, gli chiesero, a fine spettacolo, i testi delle canzoni e s'intrattennero con Lui sullo scalino del “Gigante” per gli accordi, mangiando una fetta di cocomero da cui nacque “I love you cucòmbra”, mentre la folla si dileguava canticchiando allegramente “San Carlein” sotto i portici di quella sera tropicale. L'appuntamento agli anni a venire divenne scontato. La cosa si ripeté fino al 1985 e fu un peccato stopparla negli anni successivi, tant'è che molti bolognesi han provato un grande dispiacere all'apprendimento della fine di quel mito.

Certo, Dino ne aveva fatta di strada prima di pervenire a questa e ad altre performance di prestigio. Faceva parte di quel gruppo di bolognesi (tra cui Gigi-Andrea) che in quegli anni tutte le settimane si recavano a Milano per guadagnarsi da vivere: al Derby, dove “Spomèti” si è introdotto di prepotenza, li attendevano in tanti per sentir cantare e parlare il dialetto bolognese. Del nostro dialetto a Milano non v'era traccia, fatta eccezione per il “Cardinale Lambertini” recitato dall'attore bolognese Bruno Lanzarini, ma mancava qualcosa di più leggero, di più accessibile al grande pubblico. Ha portato Bologna ovunque, Dino. In quel periodo era stato istituito un premio, che veniva consegnato al Circolo della Stampa di Via Galliera, intitolato “Il Bolognese del mese”. Nell'ottobre del '76 quel premio fu ritirato da Lui. Erano i tempi in cui il tango era imbecille…

La sua autenticità di operaio metalmeccanico e la sua pura bolognesità sono stati gli elementi predominanti del suo stile che è risultato vincente, anche se difforme dalle tendenze musicali del suo tempo. Ma il sole fa presto a calare. “Dedicato a chi capisce, quando il gioco finisce e non si butta giù”: dedicato a Dino, perché, pur avendo sofferto l'assenza dalla “Piazza”, ha saputo spostare altrove il suo talento alla ricerca di spazi più adeguati. Spenti per sempre i fari del Crescentone, che gli hanno assicurato onori e notorietà in casa, Dino, infatti, ha dovuto espatriare come fanno i migliori “cervelli”: Francia, U.S.A. e ritorno. L'impresario baricellese Bibi Ballandi gli procurava prestigiosi contatti anche dopo il rimpatrio. Ma, in un certo senso, la “Piazza” rimase sua perchè il “Carlino” gli affidò, nella metà degli anni '90, una rubrica domenicale, che ha curato fino a qualche anno prima di ammalarsi, intitolata: “ La mia Bologna”. Spigolature d'ilarità, prosecuzione armoniosa dei suoi migliori scritti, testi in cui si divertiva a giocare, a modo suo, con l'attualità, preferibilmente locale, intrattenendoci con un sorriso e penetrando silenziosamente nei nostri cuori per farci sentire oggi più grande la sua assenza e più forte il nostro dolore. Una rubrica dello stile odierno del bravo Giorgio Comaschi.

Gli anni hanno avuto un duro peso sulla sua persona e nonostante l'età ed il male che lo assediava, si vedeva sempre in giro per la città, dietro quei teneri occhialoni, col suo sorriso sincero stampato sulla faccia e con la sua borsa marrone piena di carte, spartiti, dispense e sogni vari. E ogni tanto un salto a Parigi in cerca di conferme. Ultima apparizione televisiva: ospite in un programma di Rai 1 curato dalla Cinquetti, nel 2005.

Potremmo parlare a lungo di Dino, chansonnier bolognese doc, impareggiabile caratterista ed espressione autentica del bolognese buono e innamorato. Oggi diciamo che ci ha lasciati soli, e che ci rattrista il fatto di non incontrarlo più per le vie della città.

E' per tutto questo e per l'affetto che ancora nutriamo per Lui che abbiamo voluto ricordarlo.

1 Commento

  1. Era l’espressione del Bolognese più autentico NON impastato con la politica di sx , ironico ma capace di affondarti con una battuta!!

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