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Scritto da nel Numero 88 - 1 Aprile 2012, Politica | 0 commenti

La fine dei Romanov

Nei suoi ultimi giorni di vita, in una lettera indirizzata a Nicola II, Zar di Russia, Rasputin scrisse:

[...] Zar della terra di Russia, se udrete il suono della campana che vi annuncerà che Grigorij è stato ucciso, dovete sapere questo: se sono stati i Vostri parenti che hanno causato la mia morte, allora nessuno della Vostra famiglia, cioè nessuno dei Vostri figli o parenti resterà in vita per più di due anni. Verranno uccisi dal popolo russo. [...]
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Oggi, alla luce di quanto accadde alla famiglia Romanov queste poche righe scritte da Rasputin appaiono tristemente profetiche. La notte tra il 16 e il 17 luglio 1918 a partire dalle 11 di sera nei pressi di Ekaterinburg, in Siberia, ad opera e per volere del popolo russo venne uccisa l'ex famiglia imperiale dei Romanov. Si concluse definitivamente l'epoca della monarchia che, in un paese distante, lontano dalla modernità industriale qual era la Russia, sembrava essersi fermata al XVII secolo. La vita di corte era distante, staccata e spesso perfino all'oscuro dei bisogni e delle necessità di un popolo che viveva in condizioni durissime in un paese attraversato da profonde contraddizioni sociali.
Il 23 febbraio 1917 a Pietrogrado ebbe luogo la cosiddetta Rivoluzione di febbraio. Per il popolo russo era ormai giunta l'ora di un cambiamento. La prima guerra mondiale, le privazioni alimentari, l'aumento del prezzo dei combustibili a cui erano sottoposte le classi lavoratrici si sommarono al malcontento generale per una politica di governo conservatrice che ostacolava e impediva quasi del tutto la libertà di espressione e di organizzazione. La decisione dell'esercito di schierarsi al fianco della popolazione, costrinse lo Zar Nicola II ad abdicare, il 14 marzo 1917, in favore del fratello minore.
Il 22 marzo, in stato d'arresto, lo Zar si ricongiunse alla propria famiglia presso Carskoe Selo nell'attesa che il nuovo Governo Provvisorio ne decidesse sorte, sua e dell'intera famiglia. Durante il periodo in stato d'arresto, mentre si faceva sempre più probabile l'ipotesi dell'esilio, l'ormai ex famiglia imperiale trascorse un periodo relativamente tranquillo,, dedicandosi al giardinaggio e potendo usufruire di alcuni permessi di visita
All'alba della Rivoluzione d'ottobre, l'aggravarsi della situazione politica, spinse il Governo Provvisorio, guidato da Aleksandr Kerenskij, a trasferire, per ragioni di sicurezza, i membri della famiglia Romanov in Siberia presso Tobol'sk. Un analoga decisione venne presa anche per altri membri della famiglia tra i quali il Granduca Michele, fratello dello Zar ed Elisabetta Fёdorovna, sorella della Zarina.
In seguito a tali eventi e alla salita al potere del partito bolscevico, l'estate del 1918 rappresentò un momento cruciale per la sorte dei Romanov. Il dibattito circa il loro destino s'accese, diventando un dibattuto tema d'attualità nonché fertile terreno di collisione all'interno del governo. Trotsky, ministro degli Esteri riteneva giusto processare l'ex Zar Nicola II a Mosca, permettendo al resto della famiglia di poter recarsi all'estero. Di parere diverso era invece Sverdlov, presidente del Comitato centrale esecutivo del Soviet e fedelissimo di Lenin. Secondo l'opinione di Sverdlov bisognava intervenire in modo intransigente e tempestivo non solo nei confronti di Nicola II ma dell'intera famiglia Romanov. Il pensiero di Sverdlov era condiviso dai radicali del Soviet regionale di Ekaterinburg, regione della Siberia presso la quale erano stati trasferiti i Romanov. Proprio mentre il dibattito sulla loro sorte era ancora vivo e d'attualità, la famiglia venne nuovamente trasferita presso una palazzina confiscata, casa Ipat've, denominata Casa a destinazione speciale. Il destino dei Romanov era ormai giunto alle sue battute finali. Nella nuova località in cui erano stati trasferiti la situazione era molto differente, frequenti e pesanti erano le angherie ai danni della famiglia zarista e poche erano le libertà loro concesse. Anche gli spazi entro cui erano confinati erano differenti e angusti rispetto ai precedenti periodi di detenzione presso Tobol'sk e prima ancora a Carskoe Selo.
Mentre il governo era ancora incerto sul da farsi, l'avanzata dell'armata bianca, della Legione Cecoslovacca controrivoluzionaria spinse il Soviet regionale di Ekaterinburg ad accelerare le cose ed occuparsi della famiglia Romanov. Cosi la notte tra il 16 e 17 luglio 1918, l'ex Zar di Russia Nicola II e la moglie ed i loro cinque figli più quattro membri del personale vennero brutalmente assassinati nel seminterrato della casa entro la quale erano detenuti da un plotone di esecuzione composto da ex prigionieri di guerra. L'eccidio avvenne senza un regolare processo ed eseguito in gran segreto. All'ingresso dell'abitazione un furgone attendava, accesso, in attesa di trasportare i corpi delle vittime presso la vicina foresta di Koptjaki dove vennero occultati e seppelliti sempre in gran segreto e con il massimo riserbo.
Sin dall'antichità la storia insegna che in tempo di guerre e tumulti la condanna a morte di sovrani e capi di Stato è una costante che possiamo rintracciare più volte anche nelle cronache odierne. La fine dei Romanov, sebbene rientri in questa casistica, colpisce nel profondo; sia per la ferocia che la contraddistinse ma, soprattutto poiché coinvolse un intero nucleo familiare. La verità, circa gli eventi di quella notte, non venne mai ufficialmente raccontata da parte del governo dando vita a una serie di speculazioni e misteri in parte colmati dalle tante indagini e ricostruzioni successive.
Questa vicenda tragica e misteriosa accaduta in passato non può fare a meno di riportarci alla mente altri tragici eventi accaduti anche nella storia più recente. Eventi di varia natura, che ci fanno sentire il peso del loro mistero, che a volte sono stati svelati dopo anni, mentre altri sono ancora tutt'ora avvolti nel mistero.

1Pares, The Fall of the Russian Monarchy, cit., p.399.

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