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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 88 - 1 Aprile 2012 | 0 commenti

Vechi, lettere dall'intelligencja

Dicono che chi è sazio non può capire chi è affamato;
io aggiungo che un affamato non capisce un altro affamato.
F. Dostoevskij

Nella metà degli anni Cinquanta dell'Ottocento, il panorama sociale russo era caratterizzato dall'immobilismo sociale causato dalla carenza di strutture produttive a carattere industriale e da una mentalità imprenditoriale assente nell'aristocrazia latifondista, che manteneva intatto il modo di pensare tipico dell'ancien régime. L'economia agricola era un'economia di sussistenza, ed ignorava completamente gli sviluppi tecnologici occidentali. Nel 1855 Alessandro II, salito al trono propose una politica di emancipazione sociale di stampo liberale promulgando una serie di riforme per giungere alla più importante trasformazione che la Russia potesse immaginare: l'abolizione della servitù della gleba (1861) che riconosceva non solo la libertà personale e la parità di diritti degli ex servi con gli altri cittadini, ma permetteva loro di poter riscattare le terre coltivate potendosi trasformare in piccoli proprietari.
Se la situazione economica e politica era disastrosa, per contrasto la vita culturale vedeva fiorire un periodo di grandi produzioni letterarie. Gogol, Tolstoj, Dostoevskij e Turghenev sono alcuni dei più importanti nomi di questo periodo che mostrano, attraverso le loro opere, l'immagine di una nazione piena di contraddizioni interne. Cinquant'anni più tardi la Russia imperiale crollerà definitivamente dopo le disfatte con il Giappone (1904) e con gli Imperi Centrali (1914). Nonostante la sconfitta in guerra alla fine del XIX secolo vi è stato un deciso miglioramento della situazione economica.
La rivoluzione, che scoppiò a Pietroburgo nel 1905, aveva costretto lo zar Nicola II a concedere non solo la tolleranza religiosa ma anche una duma elettiva dotata di poteri consultivi. La democrazia russa sorse instabile sin dai primi passi, la camera era al suo interno divisa e rissosa. In questo periodo Petr Stolypin, (ucciso nel 1911) da poco ministro, sciolse la duma e convinse lo zar a promulgare una legge elettorale più restrittiva: l'epilogo del regime costituzionale era ormai tracciato. La Russia sembrava ora esser regredita politicamente ai tempi dello zar Nicola I, quando il clima di controllo e di tensione era assoluto.
Accanto alla Russia restrittiva e poliziesca stava sorgendo una nuova Russia in grado di imparare dagli errori fatti nei mesi precedenti per poter edificare una nazione del tutto nuova.
Nel 1909 apparve, a Mosca, un'opera che ebbe una grande risonanza all'interno del mondo russo : Vechi. Questo testo è una raccolta di saggi di sette esponenti del pensiero russo e si presenta come un'analisi dell'intelligencija dopo il 1905 che ci aiuta a comprendere quale fosse il dibattito culturale negli anni antecedenti alla Prima Guerra Mondiale. L'intelligencija che, secondo Struve, nasceva già nel ribellismo dei cosacchi, aveva avuto un ruolo molto importante all'interno della società russa in quanto aveva introdotto nelle masse un fermento anarchico e antistatale. Membri dell'intelligencija erano per lo più intellettuali di origine nobile e personaggi che facevano parte della classe colta.
All'interno di Vechi ogni singolo pensatore compie liberamente l'analisi della questione dell'intelligencija e non in accordo con gli altri autori. Tra di essi vi erano intellettuali di derivazione marxista (Berdajev, Bulgakov e Struve), filosofi (Frank e Izgoev), storici di letteratura e sociologi ( Gersenzon e Kistjakovskij). Per tutti questi autori se la rivoluzione del 1905 era fallita la responsabilità era dell''intelligencija che aveva l'obbligo di riflettere sulle proprie colpe e sulle proprie assenze.
L'immagine dell'intelligencija tracciata in Vechi non è del tutto positiva: ciascuno degli autori menzionati tende a sottolinearne gli aspetti fallimentari. Per esempio Gersenzon fa notare che uno degli errori dell'intelligencija è stato di quello di aver partecipato in modo troppo astratto all'attivismo sociale e di essersi lasciata coinvolgere eccessivamente delle mode intellettuali straniere cercando, talvolta, di imitarle.
L'intelligencija ha preso i suoi dogmi fondamentali dal Cristianesimo come, ad esempio, l'idea di uguaglianza. Non comprese mai che l'abisso che si interponeva tra il Cristianesimo e l' Ateismo (che il marxismo aveva portato con sé) era incolmabile. Il Cristianesimo dell'intelligencija va a scontrarsi con la sua conformazione spirituale che è completamente antireligiosa. Gli intellettuali hanno cercato di far coincidere la figura dell'eroe laico e dell'eroe asceta, del martire cristiano e del martire intellettuale senza rendersi conto che le somiglianze erano esclusivamente formali. Essa ha tentato in tutti i modi di sostituire Dio con Marx e di indottrinare il popolo a proprio piacimento. L'intelligencija non mantenne fede ai suoi principi cardine: essa sorse per sostenere la massa ma alla fine se ne distanziò a tal punto da non riuscire a farsi riconoscere come compagna di lotta. L'intelligencija si chiuse in se stessa fino a non poter più comunicare con il popolo e, di fatto, lo lasciò solo.
I figli di questi intellettuali venivano, come evidenzia Izgoev, educati nelle scuole adatte alla loro formazione, in quelle scuole in cui i loro compagni di classe erano tutti figli dell'intelligencija.
La quintessenza dell'intelligencija fu immorale, pigra, artificiosa, caratterizzata da una perversa aspirazione alla morte. L'intellettuale, se veramente tale, era necessariamente votato alla morte rimanendo indifferente a tutti i tipi di valori (inclusi quelli morali) e a qualsiasi attività (come ad esempio quella filosofica). Frank mette in evidenza il carattere contraddittorio: da un lato l'intelligencija evidenziò tutto il suo nichilismo, dall'altro si dedicò alla vita morale come uno dei valori mistici indiscutibili.
La missione dell'intelligencija russa era terrena e utilitaria dove la ricerca della verità, la ricerca del bello, la ricerca di fondamenti ultimi vengono messi da parte in vista della felicità terrena degli uomini. L'intelligencija è altruismo che, però, non riesce concretizzarsi trasformando l'amore per il prossimo in amore per il troppo lontano. Essa si dimostra, inoltre, riluttante nell'accettare l'ordine giuridico. L'intelligencija era destinata ad spegnersi con la crisi del socialismo e, secondo Struve, ad imborghesirsi tra idee confuse, contraddittorie ed effimere.
Vechi dimostra di essere profondamente legato alla cultura europea, la Russia è stata europeizzata a causa della”importazione” di intellettuali avvenuta con Caterina II che, subendo il fascino europeo, ha tentato in tutti i modi di creare un contesto culturale del tutto simile al nostro.
La pubblicazione di Vechi suscitò in Russia accese discussioni tanto che l'arrivo al potere di Lenin portò all'espulsione dal paese (nel 1922) di Berdjaev, Bulgakov e Frank.
La coscienza dell'intelligencija ha sporcato la sua purezza nel tempo e ciò di cui aveva bisogno era di essere redenta. Questo avrebbe dovuto essere il ruolo della filosofia intesa come organo di autocoscienza dello spirito umano. Se la filosofia fosse riuscita a salvare l'intelligencija allora anche la Russia avrebbe potuto andare incontro ad un futuro migliore e, soprattutto, diverso. L'intelligencija è stata creata dalla storia russa e, secondo Berdajev, a lei spettava il compito riformulare la nazione. Il problema fu che l'anima dell'intelligencija si deformò fino a collassare. L'intelligencija, nel tempo, si fece odiare dalla stessa categoria degli intellettuali, oltre che dal popolo. La sua storia finì concretamente negli anni Trenta del Novecento quando S
talin decise di sterminarla. Da quel momento essa si trasformò in un ricordo ed i superstiti vennero considerati come dei semplici “lavoratori intellettuali”. Quando la perestrojka riscattò l'intelligencija, il sogno intellettuale russo era ormai svanito.

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