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Scritto da nel Economia e Politica, Numero 102 - 1 Agosto 2013 | 0 commenti

La Polizia italiana al servizio della dittatura kazaka

La Polizia italiana al servizio della dittatura kazaka

 

A fine Maggio la Questura di Roma, eseguendo un ordine diretto dell’ambasciatore kazako avallato dai vertici del Ministero degli Interni, ha organizzato il sequestro e la deportazione della moglie e della figlia minore di un dissidente politico (al qual fine non rileva che sia il marito eventualmente colpevole di qualcosa di non politicamente sensibile) del regime e le legittime procedure del nostro Paese ne hanno sanzionato la perfetta regolarità come subito ribadito dal Prefetto Guardasigilli.

Nessuno pare essersi accorto dell’enormità della cosa (al di là della stampa estera), tanto che Il dibattito pubblico si è concentrato su come e quanto Alfano sapesse cosa. In realtà emergono alcuni elementi drammatici per la Repubblica italiana: nella polizia italiana la cultura dei diritti civili è completamente assente, a partire dai suoi vertici, e invece la modalità operativa è la piaggeria verso il potente spaccone di turno (procedura che a livello di Interpol sembra confermata); dal Governo mancano direttive e procedure di controllo, mentre la vigliaccheria e l’ignavia ne determinano la cifra politica dell’azione; la Magistratura, quando giudica, per prassi non controlla la realtà degli elementi portati alla sua attenzione; la legge Bossi Fini, nel segno della nostra peggiore burocrazia, individua nella presenza del timbro su un foglio l’elemento chiave di garanzia di legittimità e di validità dei diritti civili; la nostra politica e i nostri media sono schiavi delle polemiche politiche di breve termine. L’unica persona che sembra, purtroppo a cose fatte non da lei, aver preso atto del tema è il Ministro Bonino, mentre dal Premier provengono preoccupanti silenzi di democristiana memoria.

Ci troviamo di fronte a una situazione grave e delicata, che reca dunque dentro di sé le occasioni di riforma. E’ sufficiente inquadrare il tema nella sua drammatica grandezza e risolverlo punto per punto, individuando i punti malati all’interno delle nostre istituzioni, colpendo gli eventuali corrotti e colpevoli e individuando le procedure affinché ciò non si ripeta mai più.

Per questo scopo, è stato un errore aver presentato la mozione di sfiducia senza aver atteso il merito della relazione: così facendo, Sel e il M5S hanno semplicemente ricompattato il Governo. Meglio sarebbe stato aver condiviso e votato una mozione che impegnasse il Ministro Alfano a bonificare il Ministero e la Polizia, rinviando di pochi mesi la votazione e collegandola alla valutazione dell’operato del Governo sul merito della riforma. Si è invece preferito lasciare sole le forze riformiste che sostengono il Governo, con buona pace dell’inascoltato Napolitano.

E’ chiaro che ci sono macroscopiche responsabilità: le Convenzioni internazionali prevedono che l’Ambasciatore si relazioni ufficialmente con la Farnesina e che da lì comincino le procedure ufficiali di risposta. Chi ha operato al di fuori di questa procedura, delle leggi italiani, dei regolamenti comunitari e delle Convenzioni internazionali lo ha fatto sotto l’onta di aver servito al di fuori della legittimità formale e della legalità sostanziale una dittatura straniera. Altro che Snowden. Sembra retorica malinconia ricordare la verità storica della politica estera dell’Italia di Craxi, quando i Carabinieri circondavano i Marines per difendere le nostre prerogative nazionali e il principio della sovranità e dell’indipendenza previste del diritto internazionale.

Non si capisce se il nostro apparato di sicurezza, come si dice, ci sia o ci faccia: all’analfabetismo sui diritti civili, pare dunque sommarsi l’analfabetismo sui rapporti internazionali; al disprezzo per i diritti civili, si somma la connivenza con le dittature. Altro che dimissioni di Alfano, altro che Gazzelle senza benzina, altro che polemiche sulle scimmie. Qui è in gioco il concetto stesso di democrazia ed è di questo che la maggioranza deve chiedere conto al Premier e il Paese a se stesso e ai suoi rappresentanti.

Ringraziamo Mondoperaio per aver pubblicato il ricorso dei legali della signora Shalabayeva, che spiega per filo e per segno come sono andate le cose. Per leggerlo cliccate qui.

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