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Scritto da nel Arte e Spettacolo, Numero 104 - 1 Novembre 2013 | 0 commenti

Presentazione di Stefano “Viruz” Zanetti

Presentazione di Stefano “Viruz” Zanetti

Oggi conosciamo Stefano Zanetti, in arte Viruz, 26enne pittore e illustratore del collettivo bombart nato a Bologna.

Scrivono di lui: le caratteristiche di un genere letterario quale è il Pulp si incontrano con la tela.

La violenza si distacca dallo stereotipo macabro e viene esposta alla luce per renderla ambiguamente ironica e frivola. La stessa leggerezza si riscontra in una pittura figurativa lontana da un accanito realismo. Le opere si limitano a mostrare un frammento di comico cinismo non contestualizzato; l’interpretazione dello spettatore si libera così da ogni schema precostituito.

Il suo lavoro di crescita artistica è incentrato sulla sperimentazione a trecentosessanta gradi in cui pensiero e tecnica pittorica trovano il giusto compromesso in una reinterpretazione di un genere cinematografico quale il “Pulp” in cui la violenza, elemento cardine, viene dissociata nettamente dallo stereotipo macabro e grottesco di sempre e, anzi, viene rielaborata e rivista sotto una nuova luce che ne esalta e sottolinea, con velata spietatezza, il lato più futile e sfuggente.

 

Innanzitutto Stefano, vuoi dirci come è nato il tuo interesse verso l’arte?

La prima passione per il disegno la devo sicuramente ai cartoni animati, da questi ho imparato che disegnando tutto è realizzabile, non c’è limite alla creazione.

Quello che puoi immaginare lo puoi anche disegnare, più impari a disegnare più le immagini si fanno nitide nella mente. Per rappresentare su carta i pensieri o i viaggi della mente bisogna però avere una certa dimestichezza con il disegno e con la figura; per sviluppare tali capacità  ho sentito la necessità di iscrivermi al Liceo Artistico e per affinare le tecniche ho proseguito la mia formazione presso l’Accademia delle Belle Arti; penso sia obbligatorio imparare almeno le basi della pittura e della forma. Ho continuato a disegnare su carta per poi passare alla pittura ad olio, cercando di prendere ispirazioni dai maestri classici, senza però mai escludere nessun altro stile artistico.  Ho cercato di trasferire temi moderni e situazioni comuni nella pittura ad olio: trovo divertente prendere scene a volte crude e ciniche rendendole ironiche e solari.

L’ostacolo più grande che incontro abitualmente è cercare di fare qualcosa di nuovo… originale! Poi mi sono reso conto che l’artista non deve a forza seguire il mercato, non deve assolutamente fare qualcosa che non sia stato mai provato prima; a volte passo troppo tempo a cercare di stupire gli altri, perdendo di vista il vero motivo per cui io faccio “arte”: sensibilizzare me stesso all’immagine e a tutto ciò che la compone.

 

Quale è la strada che senti di volere seguire nelle tue produzioni?

Sono molto legato al disegno comics, il bianco/nero mi ha sempre incuriosito.

Gli artisti che ho seguito di più sono sicuramente quelli classici, i grandi maestri del colore: Caravaggio, Raffaello, Rembrandt, Velasquez, Dalì, fino a arrivare a artisti più recenti come Norman Rockwell, Banksy, Muek, Hirst, Von Hagens . Personalmente ora sto cercando di rimanere in equilibrio tra grafica e pittura. Nelle mie opere non cerco di trasmettere un’emozione o un messaggio in particolare, cerco solo di creare immagini che possano almeno essere gradevoli all’occhio. Cerco di creare immagini divertenti con soggetti e tematiche a volte violente, cercando allo stesso tempo di non utilizzare uno stile troppo infantile, illustrativo o fumettistico.

 

I tuoi lavori sono formali o informali?

Sicuramente formali, probabilmente perchè non comprendo a pieno l’informale. Credo che per raggiungere dimestichezza con l’informale si debba obbligatoriamente passare attraverso la forma. Come in un’esplosione: prima di fare esplodere una forma bisogna crearla.

Rimango perplesso quando vedo un giovane artista che si cimenta subito con l’arte informale, credo che niente sia casuale, o almeno per essere definita opera d’arte non può provenire da un gesto e un pensiero casuale, forse un giorno capirò meglio il significato di informale e potrò sperimentare quella strada anche se non ne sono particolarmente attratto.

 

Esiste un’opera che ti rappresenta particolarmente?

Le opere d’arte, secondo il mio parere, nascono da un percorso soggettivo e personale, che si basa su variabili come: le esperienze, il gusto, la ricerca, gli interessi; quindi non credo che ci sia un’opera di altri che possa rappresentarmi.

 

Dicci qualcosa di più sui tuoi lavori…

La maggior parte dei miei lavori sono iconografici, a volte sono solo immagini che mi allietano o che mi divertono, altre volte cerco di dargli un quid più logico, a volte cerco di raccontare delle brevi storie attraverso soggetti e particolari che fanno intendere ciò che accadrà di lì a poco oppure ciò che è già accaduto. Tendo a non rappresentare lo svolgimento di una situazione ma catturo un’immagine,  un’istante, prima o dopo l’evento… lascio che sia lo spettatore a intendere, attraverso l’analisi dell’immagine, i fatti che in essa si descrivono.

Credo che il bello dell’arte, come anche la musica, sia il suo essere libera da limiti interpretativi: una stessa opera può avere infinite interpretazioni a seconda dell’umore o del carattere dello spettatore; sarebbe quindi insensato dare un significato universale alla propria opera.

 

Dell’arte contemporanea cosa pensi?

Non ho una mia opinione sull’arte contemporanea, sicuramente mi stupisce, sia nel bene che nel male.

Credi che la pura rappresentazione appartenga al passato?

Sicuramente la pura rappresentazione oggi non è considerata la massima espressione.  Il cambiamento è dovuto all’invenzione della fotografia: a volte cerco di immaginarmi lo sconforto che può aver provato un pittore formale la prima volta che vide una fotografia.

Per come la intendo io, l’arte non ha ne passato ne presente, e tantomeno futuro…la buona arte non appartiene al tempo, come la buona musica. L’arte è dell’artista e di nessun altro.

 

Che valore dai al messaggio?

Comincio sempre da un’immagine, poi durante l’esecuzione a volte gli attribuisco un messaggio.

Ma comunque inizio sempre un’opera partendo da un’immagine che mi creo mentalmente.

Il processo artistico, la scelta dei materiali e le forme usate sono fondamentali per rendere piacevole un’opera; questo piacere può derivare dal messaggio o appartenere puramente ad un discorso di estetica.

 

Quanto pensi che la forma rischi di oscurare il messaggio?

Strana domanda. Penso esista sempre un equilibrio tra messaggio e forma, anche se non creato adhoc deve sempre esserci, in caso contrario credo che sia stato fatto un errore durante la composizione a meno che non si sia volutamente cercato uno squilibrio per chissà quale fine.

 

Ringraziando Stefano Zanetti per la sua disponibilità, auguriamo ai lettori dell’Arengo del viaggiatore un buon halloween.

 

www.viruz.it

www.bombart.it

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