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Scritto da nel Numero 114 - 1 Novembre 2014, Politica | 0 commenti

Cgil: un milione in piazza contro il Job Act

Cgil: un milione in piazza contro il Job Act

Sono arrivati da ogni parte del paese, molti trascorrendo la notte in pullman per giungere a Roma alle prime luci dell’alba. Stando agli organizzatori, alla fine saranno un milione le persone scese in piazza per protestare contro il governo Renzi. Sotto lo slogan “Lavoro, Dignità, Uguaglianza. Per cambiare l’Italia” sono due i cortei (il primo partito da Piazzale Ostiense il secondo da Piazza Repubblica) che alla fine confluiranno in Piazza San Giovanni per il comizio finale. In testa al corteo al fianco di molti giovani, la leader della Cgil Susanna Camusso, seguita dagli spezzoni della Flai e della Flt, le categorie dell’agroindustria e dei trasporti. Lungo tutto il percorso del corteo sono numerosissime le bandiere rosse del sindacato di Corso Italia, anche se non mancano pure quelle di SEL e di Rifondazione Comunista.

Nella lunga marcia che porta in San Giovanni si notano diversi esponenti di spicco del PD molti dei quali si intrattengono a chiacchierare con i manifestanti. Fassina, Civati, Damiano, il leader della minoranza Gianni Cuperlo, sono solo alcuni di quelli che alla Leopolda hanno preferito il corteo di Roma.

Ad accompagnare la fiumana le immancabili canzoni di sempre “Bella Ciao” e “Fischia il vento” oltre a svariati cartelli, alcuni davvero originali.

Sul palco, si inizia con le testimonianze di svariati lavoratori.  Poi è la volta di Susanna Camusso, “Qui non ci sono camicie bianche, qui ci sono i colori del lavoro” dice tirando una frecciatina al presidente del Conisglio impegnato alla Leopolda. A seguire, attacca Renzi in modo diretto Renzi che “ha usato toni non rispettosi di questa piazza”. In chiusura la leader della Cgil ricordando che l’art 18 va esteso non abolito, si dice pronta allo sciopero generale.

Sebbene l’ ex segretario Pierluigi Bersani per mettere freno alle possibili voci di scissione abbia pubblicamente affermato di non voler mollare “la ditta” è un dato di fatto che la minoranza interna sia oramai in rotta di collisione con il premier.

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