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Scritto da nel Numero 119 - 1 Maggio 2015, Politica | 0 commenti

Ingannevoli ipocrisie a proposito di Expo e Black Bloc

Ingannevoli ipocrisie a proposito di Expo e Black Bloc

La convulsa giornata d’inaugurazione dell’Expo ha segnato un nuovo, sconfortante passaggio d’ipocrisia e bugie innescate non solo da politici e classe dirigente, ma anche da superficiali commentatori che si sono adeguati ad un pensiero di massa svilente e grossolano.

Esultare per essere stati in grado di terminare la facciata dell’esposizione universale è frutto di una strategia di comunicazione volutamente ingannevole, mirata a nascondere un fallimento clamoroso poiché l’Italia ha avuto poco meno di una decina d’anni per organizzare l’evento. Tre fattori rimangono inconfutabili, al di là del discorso auto-celebrativo di Renzi: molti cantieri sono ancora aperti; la lievitazione dei costi di realizzazione di tutti i lavori; lo zampino della mafia nell’assegnazione degli appalti. Perciò risulta fuorviante usare l’Expo come punto di partenza per un pieno riscatto nazionale.

Come risulta fuorviante l’intento di assegnare ad Expo 2015 un valore etico fondamentale, del quale ci si può facilmente riempire la bocca. “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” è il tema al centro della manifestazione, ma pare più uno slogan che un punto di discussione. Del resto multinazionali che fanno cose orribili al Pianeta sono sponsor dell’evento, mentre sono servite abbondanti colate di cemento per predisporre la fiera.

Il primo maggio a Milano è stato caratterizzato anche dalla missione distruttiva dei black bloc che hanno messo a ferro e fuoco la città, scegliendo quali auto ed esercizi commerciali disintegrare (banche, concessionarie, agenzie di viaggi ecc.). Mescolatosi con cura e professionale strategia all’interno del pacifico corteo “no expo”, sono esplosi in tutta la loro rabbia anti-capitalista.

E’ naturale condannare questo ennesimo episodio di violenza. Ma non si può nemmeno coglierlo come scusa per attaccare in maniera spregevole tutti coloro che dissentono contro il potere costituito. Non si può mettere in discussione il diritto di contestare Expo, Tav in Val di Susa e in centro a Firenze, il Muos, la base militare Dal Molin e centinaia di iniziative e grandi opere che non hanno niente a che vedere con il benessere collettivo e che spesso distruggono irrimediabilmente il territorio.

Sugli scontri di Milano scrive Paolo Romani, senatore di Forza Italia stipendiato dai cittadini da innumerevoli legislature senza che abbia raggiunto memorabili traguardi: «La nostra solidarietà alle forze dell’ordine che stanno affrontando questa banda di criminali. Tolleranza zero. Pestate questi bastardi. Giudici tolleranti della Procura di Milano dove avete posteggiato le vostre macchine? Basta noTAV basta noEXPO mandateli in Siria ed Iraq dai macellai dell’ISIS».

Non occorre commentare. Piuttosto bisogna accettare che la società mondiale odierna, sicuramente ingiusta, includa al suo interno anche queste forme di antagonismo. Dall’archivio storico giornalistico “Misteri d’Italia”: «I Black Bloc non sono un gruppo o un’organizzazione, non hanno sedi o giornali e neppure una precisa ideologia. L’unica idea guida è quella di attaccare e distruggere tutti i simboli del capitalismo. Ad accomunarli solo la forza distruttiva dell’azione. Il NO radicale a tutto. L’idea unificante del circuito Black Bloc è quello della pratica distruttiva: la distruzione dei simboli del capitalismo come estrema conseguenza del rifiuto di ogni rapporto con le istituzioni della società moderna. i Black Bloc non sono un’organizzazione. Non esiste una sede dei Black Bloc, né in Italia, né all’estero. Né un giornale dei Black Bloc. Né un’ideologia Black Bloc. Esistono invece dei soggetti che – in particolari occasioni, solitamente manifestazioni e cortei – si aggregano momentaneamente, quel tanto che basta a commettere un’azione violenta».

Sempre dallo stesso sito internet si leggono testimonianze di alcuni di questi protagonisti alle manifestazioni contro il G8 di Genova. Che prendono le distanze in generale dal movimento “No global” e, disinteressati alle etichette, si collocano «ovunque ci siano delle persone pronte a rivoltarsi contro il capitalismo, il potere, la proprietà». I Black bloc respingono così l’obiezione sul metodo violento: «Perché, c’è un altro modo? La violenza non è un problema morale, è semplicemente la vita, il mondo in cui siamo capitati; qualunque forma d’illegalità è violenza, e per combattere questo potere non c’è altra forma che l’illegalità. Io non mi faccio alcuna illusione sulla democrazia».

Da dichiarazioni come queste si evince come essi non siano semplicemente degli «idioti neri» come li ha definiti con faciloneria Beppe Severgnini, ma degli individui con delle idee chiare che possono pure essere ritenute inaccettabili, ma che esistono e fanno parte della storia. Come fanno parte della nostra società tutti i soprusi perpetrati da chi invece viene riconosciuto come legittimo: i padroni di alcune multinazionali o tanti dittatori che regolarmente partecipano all’assemblea delle Nazioni Unite. Come il presidente dell’Eritrea, Isaias Afewerki, che nel suo Paese reprime con la violenza gli oppositori al suo regime (basta pensare che buona parte dei migranti che transitano sui barconi nel Mediterraneo provengono da quel lembo di Africa) ma che allo stesso tempo è in buoni rapporti con le diplomazie occidentali. Fra le quali, soprattutto, l’Italia. Tanto che, ha scritto Fabrizio Gatti, «i ministri del suo regime sono stati di grande aiuto anche nel raccogliere voti in Africa per la candidatura di Milano all’Expo 2015».

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