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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 124 - 1 Novembre 2015 | 0 commenti

Expo: successi e prospettive

Expo: successi e prospettive

Expo 2015 è stato un evento di successo: polverizzato il punto di sufficienza e superata la prova dell’affluenza record, Expo ha segnato con chiarezza la capacità del nostro Paese di realizzare eventi internazionali, attrarre pubblico da tutto il mondo, creare coinvolgimento sui temi delle nostre eccellenze.

Le file di ore affrontate dal pubblico sono il segno di una tenuta organizzativa importante dell’area espositiva scelta, mentre si sono rivelate di per sé incomprimibili essendo la dimensione del singolo stand non moltiplicabile su scala.

Chi l’ha visitato, si è trovato catapultato nel mondo globale degli stand di tutti i Paesi partecipanti, da quelli coi nomi più lontani (le isole del Pacifico), agli Stan più strani e remoti ma sempre più sulla cresta dell’onda (Kazakhstan su tutti), fino alle eccellenze del Giappone (animazione e scenografie di primo livello) e al nostro Palazzo Italia che si affaccia  sull’Albero della Vita, i cui spettacoli pirotecnici hanno tenuto attaccati i visitatori fino alle ore della notte. L’idea del biglietto serale, inoltre, ha consentito di rendere Expo un momento di svago per gli abitanti di Milano e dell’hinterland.

Se da un lato quindi si può parlare di un importante successo, dall’altro Expo è indice della difficolta del nostro Paese a trasformare il successo commerciale in una strategia di lungo periodo: l’Albero della Vita non sarà la nostra torre Eiffel. Milano non avrà una nuova area donata alla città, avrà una nuova stazione ferroviaria ma non fluviale e lo scaricabarile sull’Albero della Vita e il sostenimento dei suoi costi di funzionamento è segnale di una redditività che si arresta con la conclusione dell’esposizione.

La considerazione è che il Governo Renzi dovrebbe avere la serenità d’animo di affrontare in fila e ordine le criticità emerse, le difficoltà non banali riscontrate durante il percorso (al di là delle inchieste giudiziare in corso, sempre più delegittimati come strumento di effettivo controllo e tanto più come indicatore di efficienza gestionale), nell’ottica di immaginare un management dell’interesse pubblico in grado di fungere da politica industriale moderna rivolta ad accompagnare il nostro Paese nella crescita dei prossimi anni.

 

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