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Scritto da nel Internazionale, Numero 122 - 1 Agosto 2015 | 0 commenti

Erdogan e la guerra ai curdi per governare la Turchia

Erdogan e la guerra ai curdi per governare la Turchia

La Turchia è il nuovo fronte “caldo” del Medioriente, in cui alla guerra all’Isis si è aggiunta la riapertura del conflitto con il popolo curdo, con cui era in atto una tregua che durava da oltre due anni. Il nuovo conflitto, a cui è difficile dare una sola chiave di lettura, con il popolo curdo rappresenta l’ultima novità politica nel complicato scacchiere mediorientale.

Tutto ha avuto inizio lo scorso 20 luglio quando un attacco suicida ha colpito Suruç, una città a maggioranza curda, al confine con la Siria. Una persona si è fatta esplodere durante una manifestazione di attivisti curdi, alla vigilia delle elezioni, in cui sono morte 32 persone; l’attacco, secondo le prime ricostruzioni, è stato ricondotto allo Stato islamico ma i curdi hanno accusato il governo turco di aver appoggiato nell’operazione i jiahadisti. Tre giorni dopo, il 23 luglio, il Pkk rivendica l’omicidio di due poliziotti in Turchia, definendola una ritorsione dopo i fatti di Suruç. In tutto ciò il governo turco si è “limitato” alla identificazione dell’attentatore di Suruç, un ragazzo turco di vent’anni e alla ricerca del fratello, potenziale terrorista. Un nuovo conflitto interno tra Ankara e la minoranza curda rappresenta un problema di non facile soluzione per la comunità internazionale impantanata in Medioriente, che ribolle di guerra.

La Nato esprime ufficialmente vicinanza al governo turco per la morte dei due poliziotti condannando qualsiasi forma di terrorismo allo stesso tempo però esprime l’auspicio che il processo di pace avviato nel 2013 con il popolo curdo non si interrompa. Quali sono i motivi alla base di un nuovo conflitto con interno alla Turchia?! Secondo alcuni analisti come il giornalista Gwaynne Dyer del Guardian, sarebbero riconducibili a questioni estremamente legate alla politica interna del Paese. Erdogan che alle ultime elezioni ha ottenuto una vittoria sottotono, al contrario del Hdp, formazione di sinistra filo-curda che è entrata per la prima volta in Parlamento. Secondo Dyer, Erdogan se “vuole formare un governo di coalizione ha bisogno del sostegno dell’estrema destra: si tratta però di ultranazionalisti contrari alla prospettiva di stringere un accordo con i curdi. Per convincerli, quindi, ha cominciato a bombardare il Pkk”.

L’immagine che viene fuori è quella di un Erdogan spietato che con la maschera della democrazia è disposto a tutto pur di continuare a governare. Ipotesi ribadita anche da Internazionale dove si ipotizza che gli attacchi al Pkk siano solo un avvertimento mentre la reale intenzione di Erdogan sarebbe quella di fare la guerra all’Isis supportando gli Stati Uniti. Ciò è avvalorato dal fatto che lo scorso ottobre per la prima volta nella guerra all’Isis gli Stati Uniti hanno lanciato materiale ai curdi siriani a Kobani, mentre Ankara ha concede il passaggio delle forze peshmerga – curde di attraversare il territorio turco, verso la città siriana ridotta allo stremo.

Inoltre il 28 luglio scorso Ankara e Whasington hanno siglato un accordo bilaterale, cioè senza la Nato, che prevede la creazione di una zona cuscinetto nella provincia di Aleppo in Siria con l’obiettivo di accogliere gli oltre due milioni di profughi siriani e al contempo aumentare i raid aerei nella guerra al cosiddetto Satato Islamico. In tutto ciò l’ipotesi di credibile potrebbe sembrare quella riconducibile alla politica interna, con Erdogan in formato The House of Cards, disposto a tutto pur di governare. Tornando ai curdi essi  fanno parte dello stato virtuale del Kurdistan, idealmente compreso tra Turchia, Iran, Iraq e Siria, un’area vasta di circa 450.000 Kmq, abitata dalla popolazione di etnia curda, musulmana (70% sunnita) e discendente dell’antico popolo dei Medi. I numeri parlano di circa 14,2 milioni di persone in Turchia (20% della popolazione), 4,55 milioni in Iran (7%), 5,4 milioni in Iraq (20%), poco meno di 1 milione in Siria (5% circa), mezzo milione di persone costituiscono minoranze in Georgia, Armenia e Azerbaijan,nella  parte settentrionale dell’Iraq, i Curdi sono riusciti ad ottenere una certa indipendenza in una sorta di stato federale, tanto che gli abitanti della regione utilizzano a tutti gli effetti il nome di Kurdistan.

Ma la questione curda è complicata innanzitutto per i numerosissimi attori coinvolti, solo tra i Curdi si distinguono differenti anime tra organizzazioni e partiti politici: il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) in Turchia, il Partito Democratico Curdo (KDP) e l’Unione Patriottica del Kurdistan (KPU) in Iraq, il Partito Democratico del Kurdistan ed il Partito per la Libertà del Kurdistan (PJAK) in Iran. Il nemico comune per curdi e turchi dovrebbe essere l’Isis, dopo la guerra in Iraq i curdi cercavano nuovi assetti geopolitici non ottenuti mentre il governo turco ha sempre definito l’Isis come terroristi equiparandoli però al Pkk. Per Erdogan è tempo di scelte, formazione di un nuovo governo, scelta obbligatoria e inseguito che futuro dare alla politica estera del Paese, se appoggiare gli Stati Uniti nella guerra al terrorismo e ricominciare la pace con il popolo curdo.

Erdogan e la guerra ai curdi per governare la Turchia

La Turchia è il nuovo fronte “caldo” del Medioriente, in cui alla guerra all’Isis si è aggiunta la riapertura del conflitto con il popolo curdo, con cui era in atto una tregua che durava da oltre due anni. Il nuovo conflitto, a cui è difficile dare una sola chiave di lettura, con il popolo curdo rappresenta l’ultima novità politica nel complicato scacchiere mediorientale. Tutto ha avuto inizio lo scorso 20 luglio quando un attacco suicida ha colpito Suruç, una città a maggioranza curda, al confine con la Siria. Una persona si è fatta esplodere durante una manifestazione di attivisti curdi, alla vigilia delle elezioni, in cui sono morte 32 persone; l’attacco, secondo le prime ricostruzioni, è stato ricondotto allo Stato islamico ma i curdi hanno accusato il governo turco di aver appoggiato nell’operazione i jiahadisti. Tre giorni dopo, il 23 luglio, il Pkk rivendica l’omicidio di due poliziotti in Turchia, definendola una ritorsione dopo i fatti di Suruç. In tutto ciò il governo turco si è “limitato” alla identificazione dell’attentatore di Suruç, un ragazzo turco di vent’anni e alla ricerca del fratello, potenziale terrorista. Un nuovo conflitto interno tra Ankara e la minoranza curda rappresenta un problema di non facile soluzione per la comunità internazionale impantanata in Medioriente, che ribolle di guerra. La Nato esprime ufficialmente vicinanza al governo turco per la morte dei due poliziotti condannando qualsiasi forma di terrorismo allo stesso tempo però esprime l’auspicio che il processo di pace avviato nel 2013 con il popolo curdo non si interrompa. Quali sono i motivi alla base di un nuovo conflitto con interno alla Turchia?! Secondo alcuni analisti come il giornalista Gwaynne Dyer del Guardian, sarebbero riconducibili a questioni estremamente legate alla politica interna del Paese. Erdogan che alle ultime elezioni ha ottenuto una vittoria sottotono, al contrario del Hdp, formazione di sinistra filo-curda che è entrata per la prima volta in Parlamento. Secondo Dyer, Erdogan se “vuole formare un governo di coalizione ha bisogno del sostegno dell’estrema destra: si tratta però di ultranazionalisti contrari alla prospettiva di stringere un accordo con i curdi. Per convincerli, quindi, ha cominciato a bombardare il Pkk”. L’immagine che viene fuori è quella di un Erdogan spietato che con la maschera della democrazia è disposto a tutto pur di continuare a governare. Ipotesi ribadita anche da Internazionale dove si ipotizza che gli attacchi al Pkk siano solo un avvertimento mentre la reale intenzione di Erdogan sarebbe quella di fare la guerra all’Isis supportando gli Stati Uniti. Ciò è avvalorato dal fatto che lo scorso ottobre per la prima volta nella guerra all’Isis gli Stati Uniti hanno lanciato materiale ai curdi siriani a Kobani, mentre Ankara ha concede il passaggio delle forze peshmerga – curde di attraversare il territorio turco, verso la città siriana ridotta allo stremo. Inoltre il 28 luglio scorso Ankara e Whasington hanno siglato un accordo bilaterale, cioè senza la Nato, che prevede la creazione di una zona cuscinetto nella provincia di Aleppo in Siria con l’obiettivo di accogliere gli oltre due milioni di profughi siriani e al contempo aumentare i raid aerei nella guerra al cosiddetto Satato Islamico. In tutto ciò l’ipotesi di credibile potrebbe sembrare quella riconducibile alla politica interna, con Erdogan in formato The House of Cards, disposto a tutto pur di governare. Tornando ai curdi essi fanno parte dello stato virtuale del Kurdistan, idealmente compreso tra Turchia, Iran, Iraq e Siria, un’area vasta di circa 450.000 Kmq, abitata dalla popolazione di etnia curda, musulmana (70% sunnita) e discendente dell’antico popolo dei Medi. I numeri parlano di circa 14,2 milioni di persone in Turchia (20% della popolazione), 4,55 milioni in Iran (7%), 5,4 milioni in Iraq (20%), poco meno di 1 milione in Siria (5% circa), mezzo milione di persone costituiscono minoranze in Georgia, Armenia e Azerbaijan,nella parte settentrionale dell’Iraq, i Curdi sono riusciti ad ottenere una certa indipendenza in una sorta di stato federale, tanto che gli abitanti della regione utilizzano a tutti gli effetti il nome di Kurdistan. Ma la questione curda è complicata innanzitutto per i numerosissimi attori coinvolti, solo tra i Curdi si distinguono differenti anime tra organizzazioni e partiti politici: il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) in Turchia, il Partito Democratico Curdo (KDP) e l’Unione Patriottica del Kurdistan (KPU) in Iraq, il Partito Democratico del Kurdistan ed il Partito per la Libertà del Kurdistan (PJAK) in Iran. Il nemico comune per curdi e turchi dovrebbe essere l’Isis, dopo la guerra in Iraq i curdi cercavano nuovi assetti geopolitici non ottenuti mentre il governo turco ha sempre definito l’Isis come terroristi equiparandoli però al Pkk. Per Erdogan è tempo di scelte, formazione di un nuovo governo, scelta obbligatoria e inseguito che futuro dare alla politica estera del Paese, se appoggiare gli Stati Uniti nella guerra al terrorismo e ricominciare la pace con il popolo curdo.

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