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Scritto da nel Numero 133 - 1 Ottobre 2016, Viaggi | 0 commenti

Lettere dal Giappone – Tokyo

Lettere dal Giappone – Tokyo

È incredibile come una città di 13 milioni di abitanti possa essere silenziosa: nessuno che parli al cellulare per strada, nessuno che gridi, nessun clacson, nessuna suoneria molesta, solo corvi e grilli a disturbare la quiete.

In metropolitana si può dormire beatamente per poi svegliarsi di soprassalto solo quando una squillante musichetta, sospetto utilizzata proprio a tale scopo, avvisa dell’arrivo in una determinata stazione (non in tutte però), e guardare allarmati lo schermo per poi scoprire che si può tornare a riposare per un altro paio di fermate.
La priorità qui è non infastidire il prossimo, al punto che, se si sta poco bene, si indossa la mascherina di ordinanza per non diffondere bacilli.
Le conversazioni sono tutte sottovoce e i ringraziamenti si sprecano. Perfino nel mercato del pesce tra i più grandi al mondo gli unici rumori sono quelli degli insoliti carretti che sfrecciano a tutta velocità e delle innumerevoli vasche colme di acqua e pescato. Anche qui il traffico è efficientemente diretto da vigili che ti mostrano la via più sicura dalla quale accedere all’immensa zona coperta, aperta al pubblico solo dopo le dieci del mattino, per non disturbare gli affari.
L’unico momento di goliardica follia l’abbiamo vissuto seguendo dei carri allegorici incontrati per caso, che hanno terminato la corsa in un campus universitario di festaioli e colorati senior. Ma un Giapponese mantiene il suo senso civico in ogni occasione ed essendo uno dei carri piuttosto alto, veniva preceduto da un trio di ragazzi con lunghi pali terminanti a “U”, addetti al sollevamento dei rami troppo bassi degli alberi sul percorso.
Dire che i Giapponesi siano una popolazione cortese è un eufemismo. Probabilmente per necessità di sopravvivenza si muovono nel mondo con discrezione, cercando di non intralciare mai il passo a nessuno al punto di disporsi in file ordinate anche in attesa di entrare in un grande magazzino. I marciapiedi delle vie dello shopping, prima dell’orario di apertura, sono un susseguirsi di ordinati serpentoni di persone che si interrompono solo in corrispondenza degli accessi alla metropolitana o degli attraversamenti pedonali.
Il fumo è relegato in apposite aree e assolutamente vietato mentre si passeggia. Indicazioni sul marciapiede ricordano di non camminare con la sigaretta accesa e cartelli nelle zone fumatori illustrano di come l’altezza a cui normalmente si tengono le “bionde” sia quella dei bambini, di come gettare il mozzicone dal finestrino di un’auto sia come abbandonare la scena di un crimine e di come abbandonarlo per terra sia estremamente scortese nei suoi confronti: consunta, bruciata e poi gettata via? Povera sigaretta! Vogliatele bene e smaltitela correttamente, affinché possa aiutare la natura (cit.). Gli unici trasgressori visti, ad oggi, sono i lavoratori dei micro ristoranti in prossimità del Tsukiji Fish Market che, pressati tra bombole di gas in microscopiche cucine, si imboscano sul retro per tirare il fiato due minuti. Tutti gli altri raggiungono diligentemente le aree designate, che siano in pausa o solo di passaggio.
La pulizia regna sovrana nonostante non ci siano stuoli di spazzini, come per esempio a Mosca, a rincorrere la più piccola particella di polvere. Semplicemente la gente evita di sporcare. I treni sembrano usciti direttamente dalle fabbriche e anche dopo ore di tragitti in metropolitana, non ci si porta addosso il caratteristico appiccicume metallico tipico delle linee ferrate del resto del mondo.
I bagni forniscono sempre uno spray disinfettante per pulire le già immacolate tavolette, spesso riscaldate, e qualunque acquisto di cibo viene accompagnato da una salvietta inumidita, per detergere mani ed eventualmente viso.
Paolo si è immediatamente immedesimato nella goffaggine locale, particolarissima perché vissuta con grandissima non-chalance e qualche risolino, e nell’andatura claudicante, qui dovuta all’indossare scarpe fuori misura, per ragioni oscure, mentre per lui causata dai chilometri macinati in un clima caldo-umido. Il recente acquisto dell’immancabile fazzoletto detergi sudore e la colazione a base di sushi stanno completando la trasformazione.
Grazie alla tecnologia, ci si muove con estrema facilità, ma laddove ci siano lacune, c’è sempre qualcuno pronto a darti informazioni in un inglese che varia dall’impeccabile allo scolastico, ma assolutamente sufficiente ad aiutare.
Il nostro migliore interlocutore, ad oggi, risulta essere un ragazzino di 10 anni, incontrato al parco di Ueno,  che si è messo a chiacchierare con Paolo, chiedendogli che hobby avesse, di dove fosse e dove stesse andando. Spigliato e sorridente ci ha raccontato di essere arrivato da Chiba in shikasen e di studiare a casa, cosa non molto frequente, ma evidentemente alquanto efficace, quanto meno per le lingue straniere. È felice che nel 2020 le Olimpiadi saranno a Tokyo, ma alla parola “orgoglioso” si schermisce e dice che no, orgoglioso no, però felice.
Forse “orgoglio” non è una parola molto amata da queste parti, anche se, nel nostro hotel, al posto della Bibbia, c’era una copia della storia moderna del Giappone, che invita i suoi cittadini a riscoprire la propria grandezza e a rilanciare la nazione anche attraverso una rinnovata amicizia con gli USA, lasciandosi alle spalle il rancore per l’atomica.
Il panorama cittadino è tutto vetro e acciaio, ma di quando in quando, spuntano micro casette misteriosamente sopravvissute alla cementificazione massiccia. Sembra che laddove ci siano almeno due metri di terreno edificabile, sia possibile costruire appartamenti. E così ecco strettissimi edifici sorgere l’uno accanto all’altro, come volumi pressati in una libreria già straripante, ma comunque ordinata.
Il verde cittadino è ovviamente impeccabile, anche se la concezione di giardino come prato dove sdraiarsi, magari all’ombra di un albero, qui, non esiste: si cammina solo su sentieri in pietra o ghiaia (il calpestare le aiuole genera lo sbracciarsi dell’immancabile sorvegliante dotato di fischietto) e gli alberi sembrano grossi bonsai, più che frondosi ripari dal caldo opprimente. Pare sia privilegiato l’appagamento della vista a quello del tatto e del sollievo ai piedi gonfi, ma tant’è…
Tokyo l’abbiamo salutata all’alba di oggi è questa mail parte dal tramonto di Kyoto, ma questa, è un’altra storia.

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