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Scritto da nel Numero 133 - 1 Ottobre 2016, Tempo e spazio liberi | 0 commenti

Villa dei capolavori della Fondazione Magnani Rocca

Villa dei capolavori della Fondazione Magnani Rocca

Per chi ama scorazzare per stradine disperse fra i fertili campi della pianura padana, mi sento di consigliare vivamente una visita alla Fondazione Magnani Rocca a Mamiano di Traversetolo (Parma) usufruendo del relativamente recente casello dell’A1 Terre di Canossa.

La Fondazione Magnani Rocca ha lo scopo di promuovere la diffusione della cultura e dell’arte quali strumenti per la crescita della società civile. Nasce nel 1977 dalla volontà di Luigi Magnani (1906-1984), affiancato con passione dall’allora Cassa di Risparmio di Parma ora Cariparma-Crédit Agricole, di onorare la memoria del padre Giuseppe e della madre Donna Eugenia Rocca, con lo scopo di favorire e sviluppare attività culturali di carattere artistico, musicale e letterario

La sede della Fondazione è in una favolosa  Villa “dei Capolavori” e  ospita in permanenza la prestigiosa collezione che annovera, fra le altre, opere di Gentile da Fabriano, Filippo Lippi, Carpaccio, Dürer, Tiziano (al momento in viaggio verso Denver), Rubens, Van Dyck, Goya e, tra i contemporanei, Monet, Renoir, Cézanne, sino a De Chirico, De Pisis, Morandi, Burri, oltre a sculture di Canova e di Bartolini.

Personalmente non amo Morandi, ma chi non concorda con me troverà ben 50 opere esposte, frutto della antica amicizia fra il Magnani e il pittore bolognese; ho apprezzato molto i Durer e due adorazioni dei Magi di Mazzolino e dell’Ortolano.

Nella Villa è stata lasciata il più possibile invariata la collocazione degli arredi per conservare l’atmosfera di casa vissuta: troviamo, infatti, preziosi mobili e oggetti Impero, fra i quali la grande coppa in malachite del Thomire, dono dello Zar Alessandro I a Napoleone, e mobili di Jacob.

Accanto alla collezione permanente fino all’11 dicembre uno splendido “Il bacino delle ninfee” di Monet (da Denver) tiene compagnia al quadro “Alba alle falesie di Pourville”, ospite fisso, e a quelle di Petit Ailly della collezione Tanzi.

Il settore delle mostre temporanee, sempre fino alla stessa data, ospita “Italia Pop, l’arte nell’Italia del Boom”.

Per evidenziare la specificità della declinazione italiana della Pop, la mostra prende avvio con due opere esemplari provenienti dalle stesse collezioni della Fondazione, una ‘Piazza d’Italia’ di Giorgio de Chirico e un ‘Sacco’ di Alberto Burri.

La mostra procede poi con quelli che si possono considerare i precursori del linguaggio Pop propriamente detto, una serie di autori che, a partire dagli anni dell’immediato secondo dopoguerra hanno affrontato i temi in un paese che andava uscendo dai traumi della guerra e aprendosi a nuovi, inediti stili di vita, capaci di generare naturalmente anche nuove immagini: Gianni Bertini, Enrico Baj, Mimmo Rotella, Fabio Mauri, hanno saputo cogliere per primi il nuovo clima anche sociale che andava maturando e le loro opere si pongono a fianco di quelle dei neo-dadaisti statunitensi come Jasper Johns e Robert Rauschenberg o dei coevi esponenti del francese “Nouveau Rèalisme”.

Assieme a loro, alla fine degli anni Cinquanta anche autori come Schifano, Renato Mambor, Gianfranco Baruchello riflettono e pongono le basi per lo sviluppo della stagione d’oro della Pop Art italiana tra il 1960 e il 1966.

In questa sezione si vedranno quindi i capolavori di Mimmo Rotella ed Enrico Baj, degli autori romani riuniti sotto l’etichetta di “Scuola di Piazza del Popolo”, oltre i già citati. E poi Franco Angeli, Umberto Bignardi, Mario Ceroli, Giosetta Fioroni, Sergio Lombardo, Cesare Tacchi, Claudio Cintoli, le opere degli artisti operanti a Milano come Valerio Adami, Lucio Del Pezzo, Piero Manzoni, Emilio Tadini, Antonio Fomez, i torinesi Piero Gilardi, Aldo Mondino, Michelangelo Pistoletto, i toscani Roberto Barni, Adolfo Natalini, Gianni Ruffi, Roberto Malquori.

Accompagnano le opere pittoriche e scultoree alcuni significativi pezzi di design dell’epoca, oltre a rimandi all’editoria e alla discografia, che permettono allo spettatore di immergersi appieno nel clima culturale del tempo, momento cruciale di svecchiamento della cultura italiana al confronto diretto con la nuova cultura di massa, analizzata in quegli stessi anni da grandi intellettuali come Pier Paolo Pasolini o Umberto Eco. Nel percorso della mostra, da non mancare il video sul mondo del Piper Club di Roma, vero tempio della musica e del costume popolare anni Sessanta, completa l’affresco di questo particolare periodo. Questo filmato per me è stato emozionante perchè riguarda musiche e cantanti della mia adolescenza, che immagino sui più giovani avrà lo stesso effetto che avevano su di me i filmati dell’Istituto Luce del ventennio

La mostra, curata da Stefano Roffi e Walter Guadagnini è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale.

La Villa dei Capolavori è situata in un bellissimo parco secolare popolato di pavoni e questo rende la Fondazione meta estremamente piacevole oltre che di notevole interesse culturale. Con un’estensione di dodici ettari il Parco Romantico con la presenza di alberi monumentali ha un aspetto che riflette tanto l’armonia del parco all’inglese quanto il fascino della natura selvatica.

In conclusione devo segnalare un servizio di ristorazione nel quale gustare prodotti del territorio

Per maggiori dettagli si può consultare il sito

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