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Scritto da nel Economia e Politica, Numero 155 - Autunno 2018 | 0 commenti

I mostri del reddito di cittadinanza

I mostri del reddito di cittadinanza

 

La “manovra del popolo” ha preso forma e la più grande battaglia del Movimento 5 stelle appare vinta: il Reddito di cittadinanza sarà operativo dal 2019.

È stato detto: “abolita la povertà”.

È stato anche detto: “non daremo soldi a chi sta sul divano”.

Ad essere fiduciosi ed ottimisti il Reddito di cittadinanza giallo-verde sarà un mix tra la social card di berlusconiana memoria e il piccolo reddito di inclusione introdotto dal governo Gentiloni, solo che nel piatto sono stati messi molti più soldi.

E questo è un bene: l’Italia era l’unica tra le grandi nazioni europee che non aveva una misura di contrasto alla povertà adeguata al problema che si proponeva di risolvere. Questa misura, insieme alla parallela introduzione della pensione di cittadinanza, consentirà di garantire un aiuto tangibile ad una platea molto ampia di persone e famiglie restituendogli la dignità che solo un reddito può offrire.

Ma c’è un però. E non mi riferisco al costo della misura. 9 miliardi, 17 miliardi, fossero anche 20 o 40 miliardi un paese deve tutelare i propri cittadini e lo deve fare attraverso l’unico strumento capace di contrastare l’indigenza: il reddito.

È che mi sarei aspettato di più dal Movimento 5 Stelle: l’idea del reddito di cittadinanza è stata completamente stravolta rispetto a quella originaria e che ancora trova spazio nel rinnovato Blog di Grillo.

Il reddito di cittadinanza o reddito di base è una misura che dovrebbe avere due caratteristiche: individuale e senza condizioni.

Potevano essere trovate le forme migliori, compatibili con le finanze pubbliche, ma le due condizioni sono imprescindibili per estendere il diritto di avere un certo grado di sicurezza economica a tutti i cittadini senza creare i due “mostri” che saranno creati dal Reddito di cittadinanza in forma giallo-verde.

Il primo mostro possiamo chiamarlo “burocrate della povertà” ed è rappresentato da tutti quegli impiegati, funzionari e dirigenti pubblici che si dovranno occupare delle richieste di Reddito di cittadinanza. Dovranno redigere circolari e procedure, dovranno preparare i modelli, dovranno fornire chiarimenti, dovranno effettuare i controlli a campione perché nessuno potrà stare sul divano. Dovranno prevedere le sanzioni e dovranno farle pagare. Dovranno trovare le offerte di lavoro per il povero disoccupato e dovranno formarlo nel frattempo. Un mostro tremendo, che si autoalimenta e che una volta creato sarà difficile da sconfiggere.

Il secondo mostro possiamo chiamarlo “girone dei sussidiati” ed è rappresentato da tutti coloro che inizieranno il percorso per ottenere il Reddito di cittadinanza. A loro sarà richiesto di lavorare gratuitamente, ma non in nero altrimenti perderanno il sussidio. A loro saranno prescritti comportamenti che non sono obbligati a nessun altro lavoratore. A loro saranno imposti dei controlli che non sono imposti a nessun altro gruppo sociale. A loro sarà richiesto di imparare a richiedere il sussidio, passando tra moduli, uffici e meccanismi infernali dove basta compiere un passo falso per tornare ad essere un povero disoccupato. Un esercito di persone e famiglie che dovranno seguire quello che lo Stato paternalistico ha previsto per loro.

Non sarebbe, invece, stato meglio dare un reddito minimo a tutti, senza distinzioni alcuna tra ricchi e poveri, tra disoccupati e lavoratori, tra lavoratori dipendenti e professionisti. Un reddito che avrebbe riconosciuto ad ogni cittadino sotto la soglia di povertà la possibilità di uscirne senza essere stigmatizzato come povero. Un reddito che avrebbe garantito ad ogni cittadino una sicurezza sociale mitigando il rischio della trappola del precariato (trovare un nuovo lavoro stabile “costa troppo” e si rimane nella precarietà). Un reddito che avrebbe garantito contemporaneamente minori costrizioni e maggiori prospettive, ma senza il “paternalismo statale” che indica ciò che è giusto e ciò che non lo è.

Un reddito che riconosca ad ogni cittadino la partecipazione benessere economico presente, determinato anche dalle generazioni passate. Un reddito che possa diventare strumento per calmierare i problemi demografici, ecologici, religiosi e di cittadinanza.

Questo mi sarei aspettato dal governo del cambiamento.

Si poteva parlarne, discuterne, limitandone magari l’introduzione a taluni target (es. solo ai genitori con figli per contrastare la povertà infantile) ma si è preferito seguire la strada già tracciata, che gli altri stati europei stanno proprio cominciando a pensare di abbandonare.

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