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Scritto da nel Numero 88 - 1 Aprile 2012, Tempo e spazio liberi | 0 commenti

La mia Russia

Il paese che per i lettori dell'Arengo è uno dei tanti da studiare sui libri, per me rappresenta un quarto del mio sangue. Mia nonna materna era infatti nata in Ucraina e vissuta a San Pietroburgo e mia mamma passò con lei colà i primi diciotto anni della sua vita.
Quando ormai molto anziana voleva venire a morire in Italia (dove si trovavano i tre figli e l'ex marito) il regime staliniano le negava il passaporto. Io non capivo come mai (qualcuno mi disse motivi di sicurezza). Quando Stalin morì, il nuovo governo nel 1954 le rilasciò immediatamente il documento, ora se è vero che 35 anni dopo l'Urss crollò, sono convinto che questo fatto non sia assolutamente legato a quell'uscita! Così mia nonna venne a morire in Italia, restando in contatto con la sua terra per via epistolare, come faceva mia madre con le sue amiche, una delle quali aveva sposato il futuro premio Nobel Piotr Kapitza.
Eravamo quindi sempre aggiornati sulle condizioni di vita in quel paese, sull'arretratezza della sua economia (che mio padre spiegava: senza lo stimolo del profitto nessuno lavora bene, purtroppo non visse fino a vedere concretizzate le sue profezie) e sulle condizioni di libertà (mia madre che aveva vissuto i due regimi faticava a trovare differenze fra quello fascista e quello comunista). Io imparai un po' di russo (poco purtroppo perché non incentivato) e cercavo di leggere le riviste sovietiche alle quali eravamo abbonati che dipingevano il paese come il paradiso dei lavoratori.
Nel 1965 accompagnai mia madre che per la prima volta rientrava nel paese della sua giovinezza. I giudizi sull'Urss erano nettamente divisi: il paradiso dei lavoratori per i comunisti, un orrendo stato di polizia per gli altri nel quale ogni turista era seguito dagli agenti del KGB. Il paradiso non c'era, lo sapevo già, ma tutto sommato noi (mia madre in particolare) andammo dove volevamo senza che nessuno ci dicesse nulla, evidentemente Putin era distratto. Mia madre poi tornò per festeggiare gli anniversari della sua maturità e mai ebbe noie di alcun genere. Io tornai nel 1981 con mia moglie, le condizioni miglioravano (aumentato il numero di auto, ma vecchi modelli) certo rimasi esterefatto che le condizioni delle lavoratrici madri fossero peggiori di quelle italiane.
Dal punto di vista tecnologico mi impressionò l'abisso fra l'astronave sovietica e quella americana custodite nel museo dei viaggi spaziali!
In quella occasione mi trovai a spiegare, esclusivamente in russo, la storia della vita di mia nonna alla nuora di Kapitza (a suo tempo l'aveva aiutata per avere il passaporto) che non spiccicava una sola parola di inglese, davanti agli occhi allibiti di Ivana che mai avrebbe sospettato questa mia conoscenza della lingua.
Quando in porto a Savona arrivava un mercantile russo mia madre si recava per fare da interprete e praticare la sua lingua, a volte la accompagnavo e partecipavo a cene molto piacevoli per lei, non altrettanto per me per il cibo: brodaglie orrende… E alcuni ufficiali vennero anche a casa nostra e io mi affezionai a uno di loro che venne più di un volta. Se un russo veniva ricoverato in ospedale immediatamente veniva convocata mia mamma per cercare di aiutare i poveri medici…
Certo mangiando nei giorni scorsi una scatola di autentico caviale (non quell'insapore succedaneo delle uova di lompo che si usa in Italia) mi sono ritornati in mente quei sapori forti!
Quando venne al potere Gorbaciov io tifai con forza perché l'Urss si trasformasse in un immenso paese socialdemocratico, ma purtroppo fu preferito Eltsin e prese la strada del capitalismo selvaggio! Ora non seguo più le vicende, ma mi ha colpito che i miei figli abbiano sentito il richiamo degli avi ed entrambi si siano recati in quel paese (Tobia addirittura nel paese natale della bisnonna) e abbiano imparato un po' di russo: evidentemente la genetica influenza la nostra vita!

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