Il sistema politico in cerca dell’uscita dalla crisi
“Negli ultimi anni, a esigenze fondate e domande pressanti di riforma delle istituzioni e di rinnovamento della politica e dei partiti – che si sono intrecciate con un’acuta crisi finanziaria, con una pesante recessione, con un crescente malessere sociale – non si sono date soluzioni soddisfacenti: hanno finito per prevalere contrapposizioni, lentezze, esitazioni circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalismi. Ecco che cosa ha condotto alla sterilità o ad esiti minimalistici i confronti tra le forze politiche e i dibattiti in Parlamento.” In questa frase troviamo la lucida e definitiva analisi di Giorgio Napolitano rispetto alla situazione politica manifestatasi in tutta la sua drammaticità nel corso dell’elezione a Camere riunite del Presidente della Repubblica.
La crisi politica è arrivata a una condizione ormai evidenti a tutti. Come qualcuno ha già avuto modo di dire l’esito della sesta votazione è stata la soluzione migliore nel momento peggio. Il problema oggi è raccogliere i cocci di un sistema politico che ha visto nell’esito delle ultime elezioni l’esempio a dimostrazione di vent’anni di conflittualità sterile e sorda a qualsiasi richiesta di cambiamento venisse dai cittadini.
La condizione attuale che vede il Parlamento – senza una maggioranza chiara in entrambe le Camere – frammentato su posizioni difficilmente conciliabili è il prodotto di quella conflittualità che storicamente ha portato le forze di sinistra e di destra a chiudersi all’interno delle rispettive aree di influenza ingessando le riforme che da vent’anni promettono senza riuscire a portarle a termine. Questo stallo ha fatto nascere negli anni un diffuso malessere che alle ultime elezioni si è tradotto in un ampio consenso per il Movimento cinque stelle. Il movimento di Beppe Grillo, incentrando la sua proposta politica su un conflitto senza quartiere con le altre forze politiche presenti in Parlamento, ha definitivamente ingessato l’attività delle Camere, fino al rischio estremo dello stallo per l’elezione del nuovo Capo dello Stato. La difficile situazione creatasi è stata superata grazie al sacrificio del Presidente uscente ad accettare, in virtù di un ampio consenso, di prorogare la sua permanenza al Colle per un altro mandato.
La rielezione del presidente Napolitano potrebbe consentire alle forze politiche la possibilità, spostando l’assunzione di responsabilità sull’inquilino del Quirinale, di trovare una soluzione di intesa senza doverla giustificare al proprio elettorato. Infatti, poiché la proposta politica negli ultimi anni si è sempre incentrata sulla esasperazione degli animi creando una eccessiva conflittualità, sarebbe difficile oggi giustificare ai rispettive elettorati l’esigenza di un governo di larghe intese capace in breve tempo di dare una guida solida perlomeno per un tempo ragionevole a consentire le riforme economiche ed istituzionale necessarie a far ripartire questo Paese.
Oltre alla critica Napolitano, nel suo discorso di giuramento davanti alle Camere riunite, mette in evidenza anche la soluzione per portare l’Italia fuori dall’immobilismo: “Non si può più, in nessun campo, sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per sopravvivere e progredire la democrazia e la società italiana.”
L’aspetto più drammatico della situazione creatasi nel corso dell’elezione del Presidente della Repubblica è stato l’evidenza della incomunicabilità fra tre soggetti politici che rispondono unicamente alle istanze più radicali dei rispettivi elettorati senza tenere per nulla in conto le esigenze e le aspettative del Paese. La dimensione e la complessità della crisi che ormai da cinque anni tiene questo paese in scacco è sotto gli occhi di tutti, ed è inqualificabile una situazione che si protrae ormai da 60 giorni dopo le consultazioni elettorali e che vede l’incapacità delle forze politiche di arrivare a sintesi nella formazione di un Governo che, tenendo conto del risultato elettorale, sappia far convergere le diverse istanze in un programma di intesa sul quale dar vita ad un esecutivo nella pienezza dei suoi poteri.
In questo scenario l’assunzione di responsabilità da parte del presidente Giorgio Napolitano era tutt’altro che scontata. In questo Paese, nel qual l’8 settembre di settant’anni fa le massime cariche dello Stato lasciarono il popolo allo sbando a seguito dell’armistizio, senza tenere conto delle reazioni degli ex alleati e lasciando la popolazione in balia degli eventi, un’azione come quella di Napolitano, volta a garantire agli occhi delle istituzioni straniere, del mondo intero e del popolo italiano la continuità della massima carica dello Stato e la serietà di questo Paese è un evento di straordinaria importanza. Il tema della contrapposizione fra un servitore dello Stato, come l’attuale Presidente della Repubblica, e una serie di capipopolo, che vivono di consenso spicciolo e non onorano l’importante ruolo istituzionale che rappresentano, è il vero tema da affrontare nei prossimi mesi.
Ora viene la parte più difficile, il Governo Letta dovrà svolgere il suo incarico pieno con una personalità capace di portare a sintesi gli interessi e gli egoismi di fazioni politiche incapaci di comunicare tra loro. Sulla base di questo, bisognerà lavorare per dare vita ad un governo politico forte, in grado di mettere in campo quelle riforme di cui il paese ha sempre più bisogno, riforme ormai non più rinviabile. In parallelo a questa parte fondamentale, che rappresenta il funzionamento delle istituzioni, i Partiti tutti dovranno modificare il loro modo di agire, dovranno uscire dal sistema di eccessiva conflittualità per aprirsi all’elettorato, tutto senza nessun timore, e sulla base di questo dar vita a un percorso di formazione di una classe dirigente nuova, capace di interpretare le esigenze, le aspettative e i bisogni veri della popolazione, capace di costruire su ciò quella proposta politica che porti l’Italia a tornare ad avere un ruolo di primo piano sul palcoscenico dei Paesi che contano. Bisogna riporta l’Italia a ricoprire un ruolo importante nello scenario internazionale, riformando gli aspetti che non funzionano, valorizzando le eccellenze di cui è ricca, spingendo verso un sistema di rete fondamentale per unire questo Paese troppo diviso in campanili e ragioni contrapposte. Oltre a ciò, sarà fondamentale dare gli strumenti opportuni alle nuove generazioni, affinché possano affermare l’interesse loro e della società, impegnandosi a progredire verso una popolazione consapevole in grado di essere da stimolo per una classe dirigente ora troppo stanca e affaticata, non più in grado di interpretare l’interesse generale.
Nel ringraziare nuovamente la persona Giorgio Napolitano, che da sessant’anni, “pietra su pietra”, contribuisce quotidianamente ad alimentare la democrazia in questo Paese e al rafforzamento della stessa, è importante ricordare che, come disse Calamandrei nel discorso agli studenti dell’Università di Firenze nel 1955, ognuno di noi ha l’obbligo quotidianamente, secondo le sue possibilità, di fare politica e con essa di contribuire alla formazione di gruppi dirigenti adeguati alle aspettative dell’Italia.