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Scritto da nel Numero 104 - 1 Novembre 2013, Viaggi | 0 commenti

Gitarella a Longiano

Gitarella a Longiano

Se andando da Cesena a Rimini volete fare una piccola deviazione per respirare a pieni polmoni e godere di un vista fantastica, deviate verso il borgo di Longiano e andate fino al Castello. Già dalla piazza davanti all’entrata la vista spazia su tutta la pianura fino al mare e non preoccupatevi per il ragazzino seduto sul muretto a strapiombo sull’abisso…è una simpatica statua molto verosimile.

Il castello diLongiano sorge su un poggio a 179 m sul livello del mare, nato come roccaforte militare  contro le incursioni longobarde, dotata di una doppia cinta muraria, cambiò più volte uso e destinazione, trasformandosi prima in residenza nobiliare, poi in sede amministrativa comunale ed infine nell’attuale museo d’arte moderna e contemporanea.

Ma se entrate e vi arrampicate per le scale a chiocciola raggiungerete una terrazza mozzafiato! E nelle diverse sale potrete trovare la collezione costituita da Tito Balestra, poeta amante dell’arte, orgoglio del paese, nel quale nacque nel 1923 e morì nel 1976, la più consistente di tutta la regione nel settore dell’arte contemporanea ove si possono trovare tracce dei più grandi artisti del ‘900 italiano (da Mafai a Rosai, da De Pisis a Sironi, passando per Guttuso, Morandi, Vespignani, Zancanaro) e del panorama internazionale (Chagall, Goya, Kokoschka, Matisse, Twombly fra gli altri). Particolarmente ingente è il numero di opere di Mino Maccari, intimo amico del poeta (ne fu il testimone di nozze) e importante figura della pittura italiana del secondo Novecento. I 1903 pezzi, fra olii e grafica, testimoniano l’attività dell’artista toscano dal 1920 al 1976, costituendone quasi un museo autonomo.

La nascita della raccolta si deve principalmente agli intensi rapporti di scambio e di amicizia intercorsi fra Tito e l’universo artistico-culturale del secondo Dopoguerra. Collezionista del tutto particolare, guidato da una passione e una sensibilità uniche, Un vero amatore in grado di raccogliere intorno a sé quelle testimonianze dell’arte spesso destinate a dissolversi poco dopo essere nate: molti sono infatti gli schizzi, i ripensamenti, gli scarti di una produzione d’artista che Balestra recuperava e custodiva gelosamente, riconoscendo in essi quel valore aggiunto che lo stesso autore negava loro. Altre opere sono entrate a far parte della raccolta attraverso regali, baratti e scambi, meno frequentemente acquisti veri e propri, segnale questo di come la collezione si alimentasse ad ogni incontro, e rappresenti ora come allora, un percorso di vita, costellato di amicizie e passioni. Spettatore certo, ma anche protagonista di una grande stagione, quella romana che copre gli anni dal 1946 al 1976, corpus principale della collezione, alla quale si aggiungono  preziose opere di autori stranieri.

Come al solito chiudo la mia recensione con il sito dove può essere approfondito l’argomento: http://www.fondazionetitobalestra.org/

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