Gli Usa tornano in Iraq? Salvate il soldato Obama
Barack Obama va in guerra. Il presidente del Premio Nobel per la Pace è pronto ad intraprendere una nuova guerra in Iraq, appare lontano il febbraio del 2009 quando da un Base americana della Carolina del Nord annunciava la fine del conflitto.
“L’Isis va distrutto ma questa non è una guerra contro l’Islam”. Parole dure quelle usate dal presidente degli Stati Uniti davanti l’assemblea generale dell’Onu lo scorso 24 settembre “Dobbiamo respingere il cancro dell’estremismo e lo faremo senza inviare truppe che occupano terre straniere”.
La strategia di Obama è quella di intervenire senza truppe sul campo, bombardamenti ad oltranza, tattica su cui si sarebbe sollevato più di qualche dubbio. Il presidente Usa soprannominato dai falchi della destra il “guerriero riluttante” è accusato di non avere una strategia.
Un anno fa stava per bombardare la Siria e nei fatti stava facendo un favore a quelli che adesso, invece, sta bombardando davvero con l’aiuto di Danimarca, Francia e l’Iran pronto a fare la sua parte mentre la Gran Bretagna sta armando i curdi.
Tuttavia Obama è forse il solo tra i leader mondiali ad aver avuto il coraggio di impostare un qualche tipo di reazione di fronte alla creazione di un mattatoio a cielo aperto tra l’Iraq e la Siria da parte dell’Isis.
La comunità internazionale torna a fare i conti con gli errori derivati da valutazioni strategiche fallimentari che hanno contribuito a rendere quest’area del globo terrestre un continuo terreno di conflitti.
Il nemico che Obama dovrà combattere non è composto da beduini armati di kalashnikov ma di circa trentamila guerriglieri attrezzati con armi moderne e sofisticate che usano con grande preparazione.
Secondo alcuni analisti la proxy war, la guerra per procura combattuta in Siria tra sunniti e sciiti, ma anche all’interno delle due stesse grandi anime dell’islam, è sfuggita di mano a qualcuno. In che senso?Chi ha finanziato fino a ieri i vari gruppi contrapposti sul terreno di battaglia?
Il nuovo conflitto ormai alle porte arriva dall’ultima guerra siriana, appena un anno fa, dove l’opposizione laica ad Assad è scomparsa ad appannaggio di Al Nusra cioè l’emanazione di Al Qaida in questa regione, a seguire i tagliagole dell’Isis hanno preso il sopravvento e non meno importante, Usa ed Europa hanno cominciato a guardare Assad con occhi differenti, non più come il pericolo tiranno del Medioriente.
In quell’occasione Obama decise di non intervenire, ora invece sarà sufficiente l’intervento aereo?
Nel caso in cui il conflitto degenerasse gli strateghi americani ipotizzano l’impiego di 50mila soldati che potrebbero non bastare considerato che i mujaheddin sarebbero molti di più.
Gli Usa oltre a combattere la guerra contro l’Isis dovrà avere a che fare con l’atteggiamento distaccato e lontano di Usa e Europa, fino a poche settimane fa ancora poco convinte nella loro azione e non completamente consapevoli del pericolo reale e concreto del consolidamento del califfato.
Al di là di alcune decisioni generose di alcuni Paesi europei manca una politica comune dell’Europa e un coordinamento con gli Usa e i Paesi arabi moderati e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, una grave crisi in cui non ci sono exit strategy indolori che l’Occidente stesso potrebbe pagare in termini di gravi perdite umane per i prossimi anni a venire.
Avete ragione, la situazione è complessa, lo era già 10/12 anni fa, causa prima di questa tragedia. è incomprensibile la mancanza di riconoscemento di decenni di errori e l’impegno della ricerca di una terza via. Obama dovrebbe restituire il premio per la pace, visto che in realtà la guerra si è diffusa, arginata contro iran, siria, pachistan dai gravi eccidi isis che ci hanno dato un brusco risveglio. chi perchè li ha armati? a cosa è sevita la presenza post bellica in iraq a ricostruire che? se le popolazioni non sono in grado nè di difemdersi, nè di ricostruire alcunchè.dov’è finitop il concetto di autodeterminazione dei popoli?
possiamo ripetere altri errori e ampliarli. L’Europa ha bisogno di riflettere per diventare Europa di popoli in grado di audoterminarsi? a mio avviso lo deve fare per diventare un unico stato, con un’unica strategia economica e internazionale.
perchè non lo ha ancora fatto? perchè la crisi economica, derivata dalla crisi finanziaria usa, l’ha messa a KO. però esiste sempre una terza via, originale e creativa: bisogna cercarla tutti uniti senza scaricare su nemici tutte le responsabilità delle nostre debolezze.
by mt