Pages Menu
RssFacebook
Categories Menu

Scritto da nel Numero 120 - 1 Giugno 2015, Scienza | 0 commenti

Incubo di una notte di inizio estate

Incubo di una notte di inizio estate

Alberto era disoccupato dall’estate del ritorno in serie A dell’amato Hellas Verona. Non che non avesse già in passato vissuto giornate di vuoto produttivo in quanto a trentasei anni non aveva mai conosciuto la dipendenza. Non quella dal lavoro che anzi era sempre stato il suo dogma, croce e delizia fra un weekend di sballo e l’altro. Non quella dalla polverina bianca che anzi aveva sempre scandito la sua ansiogena ricerca di perenne energia psicofisica. Ma quella da padrone sì, mai conosciuta. E dunque fra una attività aperta ed una chiusa, un fido bancario e un adempimento burocratico, gli era capitato di avere qualche settimana “morta”.

Già da adolescente si vantava che non avrebbe mai lavorato da dipendente, che il futuro gli avrebbe riservato roboanti cavalcate imprenditoriali, perché lui aveva le idee, il pragmatismo e la tenacia di un mulo. Questo andava dicendo una ventina di anni prima per i bar di San Bonifacio. Al mattino l’istituto tecnico, a pomeriggio l’officina dello zio, la sera gli spritz e il volontariato per un Veneto libero, nella sezione della Liga, dove i grandi dibattevano delle strategie future, dopo la messe di voti alle elezioni politiche del ‘96, e dell’amore-odio verso la Lega di Bossi.

Ora in un già rovente pomeriggio padano, all’indomani delle elezioni regionali che hanno riconsegnato la regione nelle mani del governatore Zaia a dispetto delle scissioni dolorose con il sindaco del capoluogo di provincia, vicende che ad Alberto facevano grosso modo l’effetto dei cubetti di ghiaccio in fondo ai calici dove tracannava dosi massicce di Aperol e vino bianco, il nostro prototipo di una generazione fallita cozzava, con la sua ormai frusta Smart contro il furgoncino di una impresa edile rumena che aveva negli ultimi mesi monopolizzato i lavori di piccolo cabotaggio nella provincia orientale veronese.

Si era messo a letto la sera con la convinzione che il suo disagio da nullafacente gli stava facendo venir meno la lucidità alla guida. Quei fottuti muratori extracomunitari, perché tanto per lui lo erano comunque anche gli sloveni, forse persino i friulani, in effetti si erano fermati al rosso di uno dei rari semafori che bivaccano negli incroci delle spente, anonime, strade paesane. Era lui che con la testa viaggiava e non aveva azionato in tempo i freni. Poco da eccepire: constatazione, comunque non amichevole, compilata e via al bar dei cinesi a spendere quei pochi euro con cui si confrontava da un paio d’anni. Che lui mica godeva della cassa integrazione come quei parassiti frequentatori di bar, licenziati dalla fabbrica di imballaggi l’anno passato. Anch’egli frequentava  i bar e le sale gioco ma da fiero ex lavoratore autonomo, senza aiutini statali.

Gli spritz e i cicchetti hanno velocizzato quella notte la caduta nella sfera dell’onirico, si ignora, come sempre perché manca la comprova, se abbiano anche alimentato l’incubo.

Alberto corre indefesso su e giù per il borgo, incontra i nonni morti che cantano in dialetto, la madre, nella realtà inchiodata al letto di una casa di misericordia, che prepara e frigge quantità industriali di “rufioi”, tenendo in grembo la bottiglia di rum che serve per inzuppare la farcitura ma non disdegnandone frequenti sorsi, scorge anche di lontano la “putea” con cui si era sposato nel 2006, divorziandone prima che eventualmente sgravidasse. Il rancore che può covare un superuomo ridotto a cane bastonato, anche nei sogni, si riversa sempre sulle figure femminili e dunque il passaggio di Vanessa da “putea” a “puta”, nella mente malata di Alberto, è sempre pronto a riaffiorare.

Ma soprattutto guardandosi intorno vede entrare nella cittadella fortificata, eretta sul territorio comunale di San Bonifacio, centinaia di camion pieni di masserizie e beni di lusso ed auto sciccose da cui scendono simulacri di una ricchezza sfacciata, in stile Billionaire anni ’90. Qual è il suo ruolo nell’incubo che l’ha assalito fra sudori e brividi? Da pezzente nell’animo quale egli è sempre stato, da inutile portaborracce di chi da sempre vive di privilegi, coloro i quali ha cercato di emulare per tutto il corso della sua disperata vita. Consegnandogli una buffa divisa un fantomatico Comitato Provinciale l’aveva incaricato ufficialmente nei giorni precedenti di sorvegliare gli ingressi in città. Questo per non fargli pesare lo status di disoccupato che ricopriva anche nel sogno.

Erano anni che si allestivano in tutto il Veneto cittadelle fortificate per difendersi dalle presunte invasioni di poveracci e di stranieri. In queste andavano a convergere e ad abitare i ceti ricchi, quel 3-4% della popolazione veneta che disponeva di quasi l’intera capacità patrimoniale della regione. Non esisteva più nulla: né nazione, né regione, né partiti, né leghe cui aggrapparsi. C’erano solo barbarie ed anarchia, quanto meno nelle folli menti di chi era terrorizzato di non poter continuare a godersi il frutto della prepotenza, del malaffare, delle distorsioni economico-finanziarie con cui era diventato potente, danaroso e riverito, dagli anni del boom del modello del Nord-est, tutto fabbrichette e Suv, viaggi in Svizzera e investimenti in Serbia, coca e devastazione culturale.

E dunque chi poteva permetterselo si arroccava come nel Medioevo in una sorta di feudo militarizzato, con la differenza rispetto ai millenni andati che fuori non c’era alcuna coorte nemica, né manipolo di briganti, né armate visigote ma solo la lenta regressione di una civiltà, quella italiana ed europea, in preda alla incapacità di fare i conti col futuro e di rimodellarlo in chiave virtuosa.   

Ecco allora che nell’incubo Alberto, nella sua mediocrità e disperazione, non faceva altro che correre da un portone all’altro per controllare che nella pattuglia di riccastri non si infiltrasse un travet qualsiasi, o peggio un appestato della plebe moderna, o una merdaccia di nero o di Slamigo, come appellava tutti gli stranieri, di qualsiasi nazionalità fossero.

Egli era un servo dei servi che credeva ciecamente nel progetto delle isole felici, di pura razza veneta e di conti correnti gonfi, così come nella realtà credeva alle parole d’ordine razziste e populiste di chi voleva blindare San Bonifacio, il Veneto, l’Italia, di chi sobillava classi sociali in decomposizione a ricacciare i potenziali concorrenti di Caritas in mare ed oltreconfine. Ancora non sapeva che la guerra fra poveri è l’arma di sempre di chi comanda e che l’alleanza su base etnica fra diversi ceti e censi è pura finzione.

Non lo saprà sin tanto che, finiti i preparativi e organizzata la cittadella il Comitato non lo richiama, insieme agli altri servi che frequentava, sia prima quando si permetteva la vita del finto ricco sia dopo quando era un emarginato tra emarginati, e non gli comunica che la sua parte nella recita era esaurita e che poteva accomodarsi fuori dalle mura. Non lo saprà sin tanto che, accecato dall’ira e dalla delusione, non salirà sul tetto di un torrione buttandosi a capofitto in terra extracomunitaria. Per sua fortuna l’impatto avverrà su un cuscino che nel frattempo era scivolato dal letto e decreterà la fine dell’incubo notturno ma anche la ripresa del suo personale calvario diurno di uomo fallito e gretto.

A rischio incubo mattutino è incappato anche chi avesse visto la corsa del modello meteorologico americano di stamane che improvvisamente, spiazzando tutti, non confermava più la stabilizzazione anticiclonica su tutta l’Europa meridionale che dovrebbe accompagnare l’incipit di giugno. Per farvi capire quanto la prognosi sia sempre un poco riservato sino alle 48-72 ore precedenti il presente immaginato, basti appunto tale esempio. Secondo le mappe delle 6 di stamani la situazione barica poteva precipitare dal 3-4 giugno in una fase più perturbata con fresco e temporali in agguato. Fortunatamente la successiva corsa di mezzogiorno ha ribaltato di nuovo le cose ridandoci di slancio l’agognato anticiclone, di matrice peraltro africana e dunque portatore di caldo nemmeno troppo umido. Le previsioni si fanno sulla base di tali corse modellistiche e quindi immaginiamo che molti previsori stamattina non sapessero che pesci pigliare. Io tirerei ad invitare tutti gli appassionati del genere a non preoccuparsi e ad andare a pigliare i pesci a mare, in quanto secondo me la struttura anticiclonica sarà anche abbastanza potente e strutturata, come nella prima metà del mese di maggio. E dunque potrà regalarci un abbrivio estivo di quelli da rigenerazione interiore…mezze maniche, sandali, sport all’aria aperta, e gite al mare ma anche in montagna, specie quella appenninica. Le zone alpine e prealpine sono sempre maggiormente soggette in estate alle infiltrazioni fresche da nord e già in questo ponte festivo assaggeranno una o due bordate di temporali sparsi. Qualcuno di essi potrà spingersi sino alle pianure del basso Veneto o dell’Emilia nordoccidentale. Mentre il resto delle regioni italiane partirà da subito col sole e con un progressivo rialzo delle temperature. Dal 5 in poi il caldo potrebbe anche farsi notevole. Sempre che abbia puntato sulle “corse” vincenti.

Scrivi un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>