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Scritto da nel Arte e Spettacolo, Numero 151 - 1 Maggio 2018 | 0 commenti

L’Oro di Arcore o Loro di Roma?

L’Oro di Arcore o Loro di Roma?

 

Sorrentino non è artista cinematografico da vie di mezzo. Non dispongo del budget necessario per commissionare a un istituto di ricerca un sondaggio ad hoc circa il gradimento dei suoi film ma a spanne direi che o si odia o si ama. Anzi no, meno pomposamente, piace o non piace; a chi scrive piace ma è un dettaglio trascurabile. La sua ultima opera che presumibilmente è un’incompiuta, o almeno dà netta la sensazione di avere in canna una seconda narrazione, vede il solito magistrale Toni Servillo vestire i panni del Cavaliere nel periodo conclusivo del quinquennio di governo 2001-2006. E’ il Berlusconi settantenne che sta perdendo definitivamente la stima e l’amore della seconda moglie Veronica Lario e che sta per essere messo alla berlina non per tutto ciò di cui, quantomeno dal 1994, si sapeva e si diceva di lui come imprenditore politico e dunque del conflitto di interesse, delle corruttele e di tutto quanto è arrivato anche a sentenza, bensì per la parte più ludica e godereccia del personaggio. Nei media stanno per esplodere il bunga bunga, le olgettine, le pseudo nipoti e i letti di capi di Stato vari. Insomma tutto ciò che nell’immaginario del popolino si sospetta comunque essere proprio di chi coniuga potere e ricchezze. Chi non ritiene che nella Roma imperiale o nelle corti medievali o nei totalitarismi moderni non si praticassero, fra le alte sfere, attività non propriamente in linea con la retorica del buon costume? Forse in contesti cosiddetti democratici si presume però una condotta più sobria da parte dei dominus, specie quando rivestono ruoli pubblici, e quindi gli scandali dei festini a base di sostanze varie e di sesso e la pratica ricattatoria fra favori erotici e carriera, oppure soldi o fama, pur essendo il segreto di Pulcinella, fanno sempre un po’ sensazione, in particolare quando risultano, come nel caso in questione, un sistema istituzionalizzato e non un accidente occasionale, come ad esempio il sexygate imbastito sulle labbra della Levinsky. Che poi la sostanza sta probabilmente tutta in quanto diviene di dominio pubblico e quanto resta nell’ombra e nei sussurri dei bene informati.

Il film di Sorrentino ci ricorda che in quell’occasione venne quasi tutto a galla e ciononostante, seppur fra lo scalpore diffuso, la vicenda non scalfì il potere del blocco di centrodestra che pure era incarnato dalla figura del Cavaliere. Proprio in un’epoca di forti personalismi, quindi con una potenziale stretta connessione fra leadership e sistema, la censura circa le doti morali del capo non ha invece creato i presupposti per la caduta del sistema stesso, il che non può che confermarci che gli ultimi venticinque anni di storia politica italiana non sono stati attraversati e appestati da Berlusconi ma dal berlusconismo. Questo neologismo va inquadrato in un’ottica che va oltre il significato iniziale del self made man e della gestione manageriale del potere pubblico. Si tratta di una visione che racchiude invece la spettacolarizzazione della politica e l’influenza delle televisioni, l’uso di slogan, semplici, da bar, e le strategie di vendita di un prodotto, l’apparente decisionismo e il lavorio occulto per convincere i peones della politica a salire sul carro del vincitore, il blandire avversari e alleati e la ferocia nell’isolare i traditori, solo però quelli inutili in prospettiva futura. Insomma tutto il modello creato da Berlusconi alla fine altro non è che l’anticamera dell’antipolitica attuale. I partiti vincenti di oggi che in realtà quasi non sono dei partiti, così come non lo è mai stato Forza Italia, ossia Lega e Movimento 5 Stelle, sono figli di quanto seminato dal berlusconismo. L’astensionismo crescente degli elettori, la liquefazione delle fratture destra-sinistra, l’apatia generale circa la possibilità di rifondare una società e uno Stato equilibrati e funzionanti, sono parimenti il frutto di un pensiero che nemmeno il suo artefice, nonostante la presunzione e l’egocentrismo innati, riteneva riuscire ad andare così oltre la sua mente.

In realtà gli italiani, alla fine del secolo scorso, orfani da un lato della mamma democristiana e cattolica e delusi dallo zio comunista, non potevano che gettarsi nelle braccia di un papà capace di promettere tutto e il contrario di tutto ma sopra a tutto il riscatto sociale, un papà capace di far sognare una riproduzione in piccolo dello stile vincente proposto, dal soldo al sesso facili. Anche se non lo si ama un genitore così, lo si ammira e si spera che lasci una corposa eredità. E fra le tante malefatte che possa aver commesso, certo non sarà qualche scopatina qua e là a non essere perdonata, specie quando giustamente si pensa non essere l’unico potente ad averle praticate, aldilà dei propri meriti. Che poi si trattasse di un soggetto in età avanzata, che un tempo avremmo visto vestire bene i panni dello spingi-carrozzine al parco ma che nella esplosione del mito della giovinezza eterna è considerato quasi in diritto di avere carni fresche con cui trastullarsi, aldilà degli ausili farmacologici e della considerazione dell’universo femminile, è stato non motivo di ridicolo ma una attenuante generica. Come a dire…. se non ora quando, dopo il trapasso?

A questa riflessione scaturita dalla visione del film circa la scarsa rilevanza delle orge romane, brianzole o smeraldine, nel declino di Berlusconi, il cui partito ha comunque a tutt’oggi il peso dei socialisti nei tempi d’oro craxiani, e al netto della sopravvivenza del berlusconismo da cui non ho idea di quando se ne uscirà ma non credo a breve, se ne aggiunge una seconda che investe la, personalmente trita e ritrita, scarsa memoria della gente comune. Io stesso ho dovuto fare uno sforzo mnemonico notevole per rimettere in fila gli eventi del periodo descritto e delle vicende che lo hanno caratterizzato. Non so se dipenda dal personale dato anagrafico ma continuo a vedere una cesura nella capacità di ricordare dalla caduta del Muro e dalla fine della cosiddetta prima Repubblica in poi. Mi pare che io, e l’intera nazione con me, fossero in grado un tempo di mettere in fila quanto accadeva a livello sociale e politico di anno in anno, mentre dagli anni novanta in poi, con il proliferare della comunicazione, tutto diventa più fatuo; come una trasformazione allo stato gassoso degli eventi che li porta di conseguenza a essere inafferrabili, non più catturabili dalla mente. Del resto oggi è tutto codificato artificialmente tramite i pc, i palmari e gli smartphone, la realtà è imprigionata sistematicamente in video e foto e probabilmente tutto ciò ci ha trasmutato in menti molli che tendono a sostituire velocemente pensiero a pensiero e ricordo a ricordo.

Le due riflessioni insieme non possono che accrescere il senso di disagio che si prova nell’osservare la condizione della società italiana di inizio secolo. Aver assimilato il berlusconismo come stile di vita ma più che altro di pensiero e avere così scarsa padronanza del vissuto sociale trascorso sono due discreti macigni da portare sulle spalle e dunque il mio consiglio per chi ancora non fosse schierato fra i pro e i contro Sorrentino è quello di non mirare al tessuto narrativo o documentaristico dell’opera quanto di badare alla forza espressiva di una stagione storica che trasuda dalla pellicola e dalla interpretazione dei suoi validi attori, oltre che alla poetica visionaria tipica della cinematografia del regista.

Non so se esista un berlusconismo meteorologico. Forse può ricordarcelo la protervia di qualche anticiclone subsahariano che negli ultimi anni tende a installarsi per mesi sul Mediterraneo non permettendo alcuna instabilità atmosferica. Così fosse, in realtà per quest’anno tale scenario di potere manca almeno da inizio gennaio e difatti anche questo mese primaverile trascorso si è rivelato un’altalena di emozioni climatiche. Promette così anche maggio che si aprirà con una profonda ferita barica nel cuore dell’Italia, la quale porterà tanta pioggia e un netto abbassamento delle temperature. Questa depressione andrà a colmarsi non prima della fine della settimana ma almeno sino a metà mese non si vede un rialzo pressorio deciso e, seppure non con incursioni fredde, quindi con temperature nella media, permarrà una certa instabilità foriera di altre piogge e temporali. Insomma se fine aprile specie al Sud e sulle adriatiche ha dato la possibilità per le prime puntate al mare, il mese che si apre per un po’ imporrà la custodia nei cassetti di costumi e sandali. Sulle zone alpine anzi occorrerà rispolverare piumini e scarpe da neve e specie nei versanti tirrenici ci sarà da soffrire per le precipitazioni. Dopo la prima settimana dicevamo del miglioramento e del ritorno del sole, specie ancora una volta in pianura padana ma nelle regioni appenniniche continueranno incessanti i temporali sparsi pomeridiani e le frescure serali tenderanno a prevalere sulle prime impennate di caldo diurno. Ciò perché pare che la linea degli anticicloni stia troppo alta in Europa anche dopo l’affondo ciclonico dei primi giorni. Prima si posizioneranno sulla Scandinavia e l’Europa centrale e poi al largo delle coste francesi e in entrambi i casi alimenteranno la lacuna barica mediterranea e balcanica. Solo appunto a metà mese potrebbe affacciarsi da sud una linea di alte pressioni che dovrebbero fare riesplodere il principio di estate già sperimentato a cavallo dei ponti passati, quelle ormai ultime date dell’anno in cui la memoria collettiva riesce a ricordarsi di una guerra e della Resistenza all’invasore straniero, quello vero e non quello inventato dalle destre di inizio secolo, e, dopo qualche giorno, a rimembrare il valore di un lavoro dignitoso e sicuro e si spera in prospettiva meno invadente della sfera personale, alla faccia del mito del lavoro propugnato dal Cavaliere.

 

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