Pages Menu
RssFacebook
Categories Menu

Scritto da nel Internazionale, Numero 130 - 1 Giugno 2016 | 0 commenti

L’indifferenza per la tragedia dei migranti

L’indifferenza per la tragedia dei migranti

E’ tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale, i quali non sono riconosciuti come rifugiati nelle convenzioni internazionali e portano il peso della propria vita abbandonata senza alcuna tutela normativa. Purtroppo c’è una generale indifferenza di fronte a queste tragedie, che accadono tuttora in diverse parti del mondo. La mancanza di reazioni di fronte a questi drammi dei nostri fratelli e sorelle è un segno della perdita di quel senso di responsabilità per i nostri simili su cui si fonda ogni società civile.

Chissà per quanto tempo ancora rimarrà tremendamente attuale questo passaggio dell’enciclica di papa Francesco “Laudato Si’”. Fin quando la politica dell’accoglienza rappresenterà un peso per stati, nazioni e popoli, l’umanità proseguirà rapidamente il suo viaggio dentro l’epoca oscura che si sta vivendo.

I governi dei Paesi ricchi non prendono in considerazione neppure uno straccio di alternativa per risolvere quello che comunemente viene definito, con spregio, il “problema migranti”. I vari “aiutiamoli a casa loro” sono solo slogan che servono a giustificare razzismo ed egoismo di chi li urla, alla ricerca del consenso di una cittadinanza, quella europea o americana, già turbata da una crisi economica e sociale che, nei suoi alti e bassi, appare sempre più come sistemica e non episodica.

Invece, sarebbe possibile “aiutarli a casa loro”. Sono sufficienti due criteri nelle politiche di cooperazione internazionale che sono a portata di mano: rispetto e competenza. Sostenere i popoli più sfortunati nel ritrovare armonia nel proprio territorio. Promuovere attivamente la pace, smetterla di fare affare coi corrotti e di avvelenare le loro terre, risucchiando con avidità risorse sfruttando peraltro la manodopera locale da schiavitù. Ci sono soldi e cervelli e cuori in grado di farlo.

Nulla. Si pensa a come stabilizzare la Libia in modo tale da supportare forze militari che impediscano ai migranti di percorrere l’ultimo tratto (alla maniera di Gheddafi), pericoloso quanto i precedenti, del loro viaggio della speranza. Per lo stesso motivo ma non solo per questo, si concede all’Egitto la possibilità di raggiungere livelli di efferatezza nella dittatura simili a quelli, pazzeschi e tollerati, dell’Argentina di Videla.

L’Italia può ancora dare un esempio di civiltà al mondo. Elaborando scientificamente dispositivi d’accoglienza in modo tale da far diventare i migranti una risorsa, come potenzialmente sono. Inserendoli in meccanismi lavorativi per rimettere a nuovo il nostro disastrato territorio, ad esempio. Oppure dividendoli nei centinaia di comuni spopolati, pochi per volta, come insegna il caso Riace. Semplice da scrivere, è vero, molto più difficile da realizzare, in un Paese che sconta una grossissima difficoltà nell’applicazione della legge. Presupposto necessario per neutralizzare la “paura” degli italiani.

Ciò che ha indotto chi scrive ad esprimere questi sparuti pensieri sull’argomento, però, è qualcosa che fa veramente paura: l’abitudine alle tragedie nei nostri mari. Qualche giorno addietro, la notizia dell’ennesimo barcone naufragato nel Mediterraneo, con decine di morti e chissà quanti dispersi, era in terzo piano sui siti della maggior parte dei siti internet delle testate giornalistiche più lette. Prima c’erano la finale di Champions League e il trionfo di Nibali al Giro. Non si vuole fare del facile moralismo qui, come sembrerebbe. Comprendo la politica delle testate online. Ciò che mi fa rabbrividire è che la notizia da me subito cliccata, non è stata quella relativa ai migranti, neppure aperta. In quel momento, mi ha procurato più emozione e curiosità l’articolo sul ciclismo.

Scrivi un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>